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Rimini, CL in vetrina: un’esibizione di decadenza morale

È infine calato il sipario sulla trentatreesima edizione del Meeting per l’Amicizia fra i Popoli, che ha avuto come tema La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito. I titoli incomprensibili della kermesse di Comunione e liberazione (quello del 2013 sarà Emergenza uomo: un involontario riferimento a Formigoni?) sono il lascito più evidente della involuta prosa del fondatore don Giussani, definita «uno dei rebus irrisolti del ventesimo secolo» da parte di Michele Serra. È invece l’eredità degli scandali lombardi a gettare pesanti ombre sul futuro del movimento.

Un budget di spesa di 8,4 milioni di euro per un festival religioso può apparire irresponsabile, ma sono affari di chi li spende. Ciò che è risultato ancora una volta deprimente è constatare quanto di quel budget sia sostenuto da contributi pubblici, e quanto i politici (sovente gli stessi che finanziano il Meeting) amino fare la parte del testimonial. Quest’anno sono stati presenti diversi ministri del governo Bagnasco, a cominciare dal premier Mario Monti, che ha inaugurato la manifestazione. Lo scorso anno il compito fu svolto dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano.

Una sfilata di potenti in visita «per rendere omaggio al popolo di Comunione e liberazione» e per prendersi consensi scontati, come ha scritto Famiglia Cristiana? In parte sì, in parte no: perché non è affatto vero quanto replicato da Formigoni, secondo il quale «al meeting applaudiamo tutti perché siamo educati». Come non ricordare l’aggressione a suon di fischi all’allora ministro della sanità Umberto Veronesi, “reo” di pensarla diversamente dalla platea fondamentalista in materia di embrioni e ricerca sulle staminali? A Rimini si applaudono i potenti che rendono omaggio non solo a Cl, ma anche alle idee di Cl.

Il problema non è tanto che le idee di Cl siano considerate assai arretrate anche all’interno del variegato mondo cattolico. Il problema è che la quasi totalità dell’intera classe dirigente mostra di farle proprie: Pier Luigi Bersani, a Rimini, arrivò addirittura a sostenere che la vera sinistra nasce «dalle cooperative bianche dell’Ottocento», quando persino sui libri di scuola si legge che il volontariato cattolico nacque in risposta al crescente consenso che socialisti e anarchici raccoglievano, anche attraverso il loro volontariato laico, tra le classi più umili.

Vien da pensare che l’acritica subordinazione mostrata da tanti politici italiani sia soltanto velleità di riconoscimento, una sorta di surrogato della sacra unzione che papi e vescovi ammannivano secoli fa al regnante di turno in cerca di sostegno. Perché questo è il punto: soltanto politici deboli hanno bisogno di ricorrere all’investitura ecclesiastica, e soltanto politici debolissimi possono pensare di rivolgersi a un movimento in crisi come Comunione e liberazione.

La decadenza degli allievi di don Giussani va infatti di pari passo con quella dei portaborse dei grandi papaveri della Prima Repubblica, inopinatamente assurti ai vertici della Seconda. E Formigoni, che incarna entrambi i ruoli, ne è stato il più “fedele” testimonial: nel cammino verso l’ennesimo meeting ha rinnegato amici, negato l’evidenza, scaricato responsabilità, conservato e accumulato privilegi. Continuando a usare la religione per proteggersi e arrivando ad annunciare urbi et orbi che il papa prega ogni giorno per lui. Come se Ratzinger, ben più furbo di Monti, non avesse declinato l’invito a recarsi in visita a Rimini.

Perché i frutti del modello ciellino erano ormai già venuti ormai a galla da tempo, e solo chi è compromesso con esso poteva non vederli: corruzione, disuguaglianza, alti costi pubblici, integralismo, totalitarismo. Una vera e propria decadenza morale ostentatamente esibita davanti a un gregge di pecore peraltro mannare (si vedano le affermazioni contro le unioni gay), del resto pronte a tutto per difendere un sistema che sinora ha sempre garantito loro insperate prospettive occupazionali in un periodo di gravissima crisi economica. La base e i dirigenti non hanno nemmeno voluto prendere adeguatamente le distanze da Formigoni, i cui disinvolti metodi di governo non possono proprio essere minimizzati al livello di «errori di un singolo». Perché le inchieste che lo coinvolgono hanno portato alla luce un sistema di governo che coinvolgeva sia esponenti del movimento ecclesiale, sia del suo braccio economico, la Compagnia delle Opere.

Il problema, tuttavia, non è tanto far cadere Formigoni. È invece far capire che è il modello sussidiarista del clericalismo assistito che genera frutti marci, a prescindere da leader o testimonial. L’Italia farebbe bene ad abbandonarlo subito. Il fatto che il meeting abbia finito per offrire un significativo ritratto di quanto profondo sia il declino italiano non significa necessariamente che sia irreversibile. La società italiana dispone ancora di energie per invertire la rotta. Ma, benché sponsorizzato anche dall’Enel, al festival di Rimini non si sono proprio notate.

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