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Riletture d’agosto: l’eterno ritorno degli alchimisti

Grazie ad un Accadde ieri ad orologeria, possiamo ammirare la linea di perfetta continuità che esiste in queste stagioni italiane di declino. Nell’autunno 2011 il mercato del lavoro italiano stava già deteriorandosi in modo evidente, eppure il governo in carica all’epoca (quello di Berlusconi) proseguiva ad esibirsi in splendide scalate sui vetri ad ogni dato Istat “anomalo”, cioè positivo. Persino l’ornitologia dell’epoca era identica a quella odierna, pensate.

Si era, all’epoca, nel mondo della derivata seconda, del dato negativo che diventa un po’ meno negativo, delle luci in fondo al tunnel, della “ripartenza”. Non era ancora giunta l’era “golpista” che portò a violare la “sovranità popolare”, fermando la corsa dell’uomo che da un ventennio era sempre sul ciglio del risanamento del paese, e lasciatelo lavorare.

Poi vennero gli spasmi, accompagnati da nuovi riti magici e da leve con cui sollevare il mondo. Come la cancellazione dell’Imu prima casa, destinata ad un filotto soprannaturale in cui, tolti 225 euro di Imu media a famiglia, il mercato immobiliare sarebbe rimbalzato, le banche sarebbero tornate a concedere prestiti, persino la natalità avrebbe ripreso vigore. E quando le cose andavano male era colpa degli hedge fund, alcuni dei quali avevano nottetempo comprato delle agenzie di rating, prima del bicchiere della staffa.

Ma i complotti si moltiplicano: oggi sono i “comunistoidi” dell’Istat a fare uscire un dato di Pil taroccato al ribasso, per colpire il premier Renzi alleato di Silvio. E comunque il Pil lievemente negativo non è rilevante perché negli ultimi anni non siamo mai usciti dalla recessione (Renzi dixit). Ma di quando in quando, per ricostituzione di scorte o problemi di destagionalizzazione, abbiamo una ripresa vibrante della produzione industriale, come diceva all’epoca Sacconi, dandone merito ai sondini. Basta proiettare nel tempo un singolo dato, e la felicità arriva. Perché noi non prendiamo ordini dall’Europa, semmai diamo consigli a Bruxelles su come uscire dalla crisi (Renzi dixit). Un paese che da secoli gode di robusta fama di empirismo, che ha nel proprio Pantheon il Conte di Cagliostro, e che è sempre alla ricerca di nuovi nemici, interni ed esterni.

A proposito: giovedì uscirà il dato di Pil tedesco del secondo trimestre. Secondo alcuni analisti, potrebbe essere negativo, fors’anche più di quello italiano dello stesso periodo. Sarà, in quel caso, un’eccellente opportunità per dare fiato a tutte le nostre brillanti teorie e trovare conferma alle nostre tesi: “Siamo tornati la locomotiva d’Europa, sono i tedeschi che ci frenano; ora Bruxelles, Berlino e Francoforte ascoltino la nostra ricetta per tornare a crescere”. Bisogna ammetterlo: se non ci fossimo noi italiani, la vita in Europa sarebbe davvero terribilmente monotona.

P.S. Il parlamento è in ferie per tre settimane. Giusto così, pensiamo. E poi non bisogna fare della demagogia. In fondo, siamo in attesa che venga approvato il ddl delega di riforma del mercato del lavoro (qui: leggere, salvare, in caso stampare e consultare periodicamente), per capire se e come il nostro paese potrà recuperare competitività. E forse non servirà neppure quella. Fondamentale era invece chiudere la prima lettura della riforma del Senato prima di chiudere il trolley. Altre letture seguiranno, molti mesi passeranno. E’ auspicabile che il mondo si fermi un attimo, mentre noi facciamo le riforme. Ma siamo fiduciosi, perché in giro c’è “un’enorme voglia di Italia”, ci dicono.

 

Foto: Palazzo Chigi/Flickr

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