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Rileggere (e comprendere) Manzoni e la sua attualità

Avendo, per obbligo professionale, letto molte volte ed insegnato per molti anni l’opera manzoniana, il Manzoni è uno degli autori che meglio conosco ed amo. E considero I promessi sposi uno dei capolavori della letteratura di tutti i tempi.

L’obbligo di leggere e studiare il romanzo manzoniano, nelle classi del biennio della scuola secondaria superiore, ha contribuito a non farlo amare, a renderlo impopolare.

In verità sul Manzoni i giudizi non sono mai stati semplici e concordi.

Francesco De Sanctis, idealista e risorgimentale, lo capì e lo amò assai più che non la cauta e diffidente “Civiltà cattolica”, rivista dei Gesuiti.

Lo stesso Benedetto Croce fraintese all’inizio l’ispirazione manzoniana, considerando il romanzo come poema di una morale religiosa. In tempi più recenti le incomprensioni e i fraintendimenti si sono ripetuti. Per cui un semiologo come Umberto Eco affermava che I promessi sposi "oltre che un romanzo è una chiave per capire l’ideologia italiana", da parte cattolica il ridimensionamento di uno scrittore come don Lisander non dispiaceva soprattutto ai più conservatori.

La mia opinione è che nella scuola il romanzo manzoniano si legge con indifferenza, distacco, fastidio, cioè male. E che, per avvicinare il Manzoni ai lettori di oggi, bisognerebbe provare a rileggerlo come un autore contemporaneo.

Il lettore comune che, come persona, ha in sé vivo il sentimento della poesia, vuole capire ciò che da un testo gli arriva e lo coinvolge nelle mente e nell’animo. Leggere è un atto di conoscenza, anzi un cercare se stessi, un riconoscersi nel racconto che ci sta davanti.

Da questo punto di vista I promessi sposi è inesauribile. Vi si alternano e vi trovano armonia linguaggi diversi: il comico, il cronistico, il lirico, lo storico, il solenne, l’ironico, l’affettuoso, il drammatico, il religioso, il morale.

Il Manzoni è narratore modernamente visivo, precursore, per certi aspetti, del cinema e della televisione.

Provate ad immaginare da quanti punti di osservazione è ripresa la scena della famosa "notte degli imbrogli" (tentativo di matrimonio a sorpresa nella canonica di don Abbondio e tentativo di rapire Lucia nella casetta ai margini del paese), notte piena di coincidenze, di equivoci comico-drammatici. O la descrizione del cancelliere Ferrer che attraversa in carrozza la folla inferocita contro il vicario di provvisione, una ripresa "in diretta" dei comportamenti della massa.

Ogni episodio del romanzo gode di uno scenario ampio ed autonomo ed ha un’ispirazione etico-politica universale, che ci aiuta a giudicare il mondo di oggi: le collusioni tra magistratura e politica (Azzecca-garbugli caccia via il povero Renzo appena sente il nome di don Rodrigo), i processi truccati; l’ingenuità appassionata dei contestatori di piazza in buona fede; l’insensatezza della politica economica assistenzialistica (il far credere che c’era chi faceva incetta di farina e che il pane si potesse vendere a buon mercato); la catena mafiosa della violenza che si avvale della manovalanza spesso ricattata (il Griso "impegnandosi ad ogni delitto che gli venisse comandato si era assicurata l’impunità del primo"); la viltà del servilismo (Azzecca-garbugli) e del qualunquismo (don Abbondio); l’arroganza del potere (don Rodrigo, assumendo al suo servizio abili malfattori , dimostrava che "aveva potuto attentar felicemente contro le leggi"); i pericoli e gli errori causati dalle decisioni prese per l’intimidazione delle moltitudini in piazza (Renzo arrivato a Milano si convince che "per mandare ad effetto una cosa bastasse farla entrare in grazia a quelli che giravano per le strade").

Ma ciò che è più stupefacente è la dimostrazione di come il Manzoni avesse già la percezione della logica dei sistemi totalitari, insita nella mentalità del potente di turno o, in assoluto, in certi atteggiamenti dell’animo umano.

Sentite cosa dice Padre Cristoforo a Renzo, quando gli riferisce dell’esito del colloquio con don Rodrigo: "Le parole dell’iniquo che è forte penetrano e sfuggono…; può insultare e chiamarsi offeso, schernire e chieder ragione, atterrire e lagnarsi, essere sfacciato e irreprensibile".

L’universo dittatorial-totalitario è rappresentato in tutta la sua perfidia: repressione, iniquità, menzogna del potere, onnipotenza della propaganda, fanatismo e demagogia delle masse affascinate ed illuse.

Il "notaio criminale" che fa passare e divulga le ingenue bravate verbali di Renzo come sobillazione, eversione, complotto, è nel suo piccolo un precursore di certi agenti disinformatori della odierna propaganda al servizio del potere. Per cui il Manzoni sottolinea il valore di libertà della religione come supremo e fedele vincolo con la verità.

E mi piace chiudere queste brevi considerazioni con quel che una volta disse del romanzo manzoniano Ennio Flaiano: "Ma ci rendiamo conto che “I promessi sposi” sono la storia italiana fissata per sempre, la sua tipologia eterna, una specie di calendario perpetuo, lo zodiaco con i suoi segni inevitabili? Ci saranno sempre da noi due che non possono sposarsi o restare amici perché ci si mette di mezzo l’apparato pubblico italiano con i suoi burocrati, le sue squadracce, la miseria, la peste, la guerra, l’ipocrisia, la paura, il disordine. Manzoni ci abbraccia tutti, i suoi detrattori compresi, e ci spiega a noi stessi".

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