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Riforma fiscale: a rischio la sanità per gli animali

I medici dei migliori amici dell’uomo criticano l’abolizione delle detrazioni per le spese veterinarie.

Si fa un gran parlare di riforma fiscale, ma pochi si addentrano nei meandri della discussione: tanto più che, a livello ministeriale, sono state istituite ben quattro commissioni per l’istruttoria tecnica, incaricate dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti, probabilmente per creare più confusione tra noi comuni mortali.

Certamente esiste l’esigenza attuale di far fronte alle difficoltà economiche in cui versa il Paese al fine di sostenere il reddito, anche mediante ulteriori detrazioni fiscali con l’aumento di un punto percentuale delle aliquote Iva (dal 10 all’11 per cento e dal 20 al 21 per cento), con una conseguente "riduzione dello sterminato numero di regimi di favore fiscale, di erosione dell’imponibile, attualmente in essere".

Dall’Irpef, infatti, si detraggono le spese più disparate, che vanno dalle spese sanitarie in genere, a quelle effettuate per mandare i figli in palestra e alle spese veterinarie. Per far fronte, in parte, al colabrodo del fisco, Tremonti ha pensato bene di togliere queste ultime detrazioni dall’Irpef che, in origine, erano state introdotte anche per cercare di diminuire l’evasione fiscale. A conferma di ciò, nel Piano nazionale di riforma è scritto che "la fiscalità generale deve finanziare l’assistenza sociale, non sostituirla".

"Sarebbe un duro colpo – insorge con forza Carlo Scotti, presidente senior dell’Associazione nazionale medici veterinari italiani – per la sanità veterinaria del nostro Paese. Le conseguenze economiche sul bilancio familiare si tradurrebbero presto in una contrazione della prevenzione veterinaria, proprio mentre in Italia è più alta l’esigenza di combattere le malattie trasmissibili come la leishmaniosi e zoonosi mortali come la rabbia. Il semplice gesto della prevenzione – garanzia di sicurezza sanitaria per cani, gatti e persone – verrebbe ulteriormente scoraggiato da un fisco che si dimostra pericolosamente vessatorio nel considerare una prestazione sanitaria alla stregua dei consumi". E Scotti conclude, con grande amarezza: "Quando l’abbiamo spiegato al ministro Tremonti, abbiamo ottenuto una risposta decisamente antieuropea: il gettito nazionale prima di tutto. Oggi ascoltare Bruxelles fa comodo, tassare con un alibi europeo fa dimenticare che per questo governo le tasse erano il nemico pubblico numero uno".

Forse al Ministro sfugge che la presenza degli animali domestici ha anche un valore educativo, di compagnia e di affezione e che, nel 2003, il Ministero della Salute ha inteso avviare accordi con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di "tutela del benessere degli animali", istituendo anche il Centro di referenza nazionale per il benessere animale presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna. Ci si è forse dimenticati della pet therapy, la terapia assistita dagli animali, riconosciuta come "cura ufficiale" dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 febbraio 2003, che ha introdotto e valorizzato, nel nostro Paese, il ruolo che un animale può avere nella vita affettiva di una persona? Quali saranno le ricadute sull’importante e fondamentale ruolo dei cani per disabili e sulle tecniche della pet therapy, che hanno rafforzato nell’opinione pubblica una maggiore consapevolezza del ruolo che l’animale domestico può rivestire all’interno del nucleo familiare?

O vogliamo creare un ulteriore alibi per l’abbandono, specie in estate, e il maltrattamento degli animali, che provoca pericoli procurando incidenti stradali ed obbligando le strutture sanitarie veterinarie pubbliche a intervenire, con un aggravio di costi per la comunità? Forse serve sottolineare, tra l’altro, che non è assolutamente sufficiente diffondere campagne in difesa degli animali domestici, se poi non vengono dati strumenti idonei come un più favorevole regime fiscale per le spese sostenute per la cura e il mantenimento di animali, legalmente detenuti a scopo di compagnia.Da ultimo, c’è la Dichiarazione universale dei diritti dell’animale, proclamata il 15 ottobre 1978 nella sede dell’Unesco a Parigi, la quale, pur non avendo efficacia sul piano giuridico-legislativo, assume un’importanza fondamentale per aver espresso l’esigenza di confrontarsi su questo argomento, rappresentando, per ogni persona e Paese, un ulteriore passo avanti verso la civiltà.

(Lucidamente, anno VI, n. 67, luglio 2011)

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