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Report: integratori, l’antimafia di facciata e la conservazione dei dati

Tre gli argomenti della puntata di questa sera di Report: l'abuso di integratori, la storia del presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante e nell'anteprima, il problema della conservazione dei dati.

L'abuso di integratori
Ricorriamo all'uso di un integratore al minimo problema: stanchezza, insonnia, caduta dei capelli. O come aiuto per l'allenamento fisico, per rallentare l'invecchiamento, per la prevenzione delle malattie o per sentirsi più in forma.
Un italiano su 3 ne fa uso e il loro mercato vale 3 miliardi.
Ma funzionano veramente o è solo una impressione? Per vendere un integratore non servono studi scientifici (non sono farmaci), mancano controlli e i pericoli sono dietro l'angolo.
 
Il nutrizionista Michele Sculati racconta di gente che arriva da lui chiedendo qualcosa per sentirsi meno stanco dopo una giornata in cui si è saltata la colazione, si è mangiato di corsa, si è andato a dormire tardi dopo aver controllato i messaggi sullo smartphone.
La pillolina non fa miracoli.
Inoltre, lo spiega Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, i principi contenuti negli integratori sono assunti meglio se arrivano dal cibo e un eccesso di un nutriente (le vitamine, le proteine), possono portare anche ad un danno.
Il dottor Sculati parla di curva ad U, non a caso: gli integratori non sono un sostituto di un'alimentazione corretta, c'è scritto anche sulle loro confezioni.
Una dieta varia non ha bisogno di una somministrazione di altri prodotti”, è quello che ci dice il professor Mario Negri.
 
La scheda del servizio: SE LA PILLOLA VA GIÙ di Francesca Ronchin e Carla Rumor in collaborazione di Greta Orsi (qui su Raiplay)
Promettono di combattere fatica, stanchezza e stress, di favorire il sonno e compensare la carenza di vitamine nel corpo, di dimagrire, depurare, fortificare il sistema immunitario: sono gli integratori e ne fa uso un italiano su tre.Il mercato di pillole e bibitoni cresce ogni anno e solo in Italia vale tre miliardi di euro; con oltre 212 milioni di confezioni vendute, senza considerare le vendite on line, siamo il paese in Europa che ne consuma di più, ma dietro alla promessa di effetti miracolosi quali controlli ci sono? Per venderli non servono studi scientifici e i pericoli sono dietro l'angolo. L’Associazione dei farmacisti mette in guardia: “Serve una legislazione più stringente, che impedisca possibili abusi a danno del paziente”. E il ministero della Salute e gli organi di vigilanza come sorvegliano queste nuove categorie di prodotti?
 
L'antimafia di facciata
 
Era stato Sciascia a scrivere, in un suo articolo pubblicato sul corriere, dei professionisti dell'Antimafia: puntava il dito contro la persona sbagliata, in una analisi che però aveva delle ragioni.
Se l'antimafia diventa ragione di prestigio, che porta a delle promozioni, dobbiamo stare attenti che non sia antimafia di facciata, cioè solo una parvenza di lotta al pizzo, alla corruzione, agli appalti agli amici.
La storia di Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, è emblematica in tal senso: per anni è stato considerato un eroe nella lotta alle cosche, il riscatto degli imprenditori siciliani (e dello Stato) contro la mafia, finché l'inchiesta della procura di Caltanissetta non ha mostrato la verità.
Montante aveva costruito una rete di informatori (e spie) per spiare magistrati,politici regionali e giornalisti, di aver pagato mazzette e ricattato persone, nascondendosi dietro la bandiera dell'antimafia.
Nella sua casa a Serradifalco è stato ritrovato un archivio pieno di dossier sui suoi nemici: nella sua rete figurano i vertici dei servizi civili, esponenti delle forze dell'ordine, il senatore Schifani e l'ex governatore Crocetta. Ma anche un boss mafioso, Vincenzo Arnone, oggi agli arresti domiciliari.
 
 
Storia che oggi, con l'articolo di Salvo Palazzolo su Repubblica, si arricchisce di altri particolari: nella rete di Montante erano presenti anche degli 007 che spiavano l'inchiesta dei magistrati:
CALTANISSETTA. Un nuovo misterioso personaggio irrompe nell’inchiesta su Antonello Montante. "Diceva di essere un agente segreto e di chiamarsi Eugenio — ha dichiaratoDiego Di Simone ai pm di Caltanissetta — era lui a cercarmi e a offrire notizie sulla vostra inchiesta". Una rivelazione a sorpresa, arrivata durante l’interrogatorio che era stato sollecitato dal braccio destro del leader di Confindustria, ai domiciliari da maggio ..
 
La scheda del servizio: L’APOSTOLO DELL’ANTIMAFIA di Paolo Mondani in collaborazione di Norma Ferrara (qui su Raiplay)
 
Per dieci anni è stato a capo degli industriali siciliani che hanno detto “no” al pizzo ma dal maggio scorso è in carcere con l’accusa di associazione a delinquere per corruzione e per aver creato una rete che spiava politici, giornalisti e magistrati. È Antonio Calogero Montante, detto Antonello, imprenditore siciliano costruttore di biciclette nato a Serradifalco, un paesino in provincia di Caltanissetta. Nella sua casa è stato trovato un archivio pieno di fascicoli sui suoi nemici e nella sua rete di informatori figurano i vertici dei servizi segreti civili, esponenti delle forze dell’ordine, il senatore Renato Schifani e l’ex governatore della Sicilia Rosario Crocetta. Per anni Confindustria ha deciso la strategia dello Stato sull’Antimafia ed è stato Antonello Montante ad anticipare la linea che oggi vuole svuotare la normativa sui certificati antimafia per le aziende e consegnare ai privati la gestione dei beni confiscati alla criminalità.
L’inchiesta di Paolo Mondani è andata in cerca di risposte: chi ha creato questo falso eroe e perché? A cosa serviva la rete di spionaggio gestita da Montante? Cosa avevano in comune importanti magistrati antimafia, uomini delle istituzioni, del mondo politico e della società civile con questo finto paladino della legalità? Quali accordi sono stati siglati "in nome dell'Antimafia" fra pezzi di Stato e pezzi di Confindustria? Chi ha pianificato la falsa “rivoluzione” degli industriali siciliani? Un testimone racconterà la genesi di una storia che parte dalla Sicilia per arrivare nella Capitale.
 
 
Come conservare i nostri dati informatici
 
Ogni giorno produciamo terabyte di dati, la nostra memoria, ma stiamo correndo il rischio di ritrovarci un domani senza più niente, in un nuovo “medioevo”. Perché potremmo arrivare ad una situazione dove non c'è più modo e spazio per archiviare niente.
L'inchiesta di Cecilia Bacci ci darà qualche consiglio su come conservare i dati informatici.
 
Oggi i nostri dati sono salvati nei data center come quello di Aruba, sulla riva del fiume Brembo: è come una piccola città, il suo impatto ambientale quando sarà a pieno regime sarà pari a quello di una città da mezzo milione di abitanti.
Serve energia per alimentare le macchine e per raffreddarle, con l'acqua del fiume.
O con l'acqua del mare, come ha deciso di fare Microsoft.
 
La scheda del servizio: MEMORIA A BREVE TERMINE di Cecilia Andrea Bacci
Produciamo dati a una velocità così elevata da poterli quantificare addirittura in zettabyte: vale a dire, milioni di miliardi di gigabyte. La nostra fame di byte cresce così tanto da renderci ciechi di fronte all'evidenza: potremmo alzarci, nel 2100, e non essere più capaci di leggere quella sequenza di 0 e 1 che avevamo diligentemente salvato in un hard disk venti anni prima. Potremmo addirittura ritrovarci a guardare al ventunesimo secolo come un nuovo Medioevo: un’epoca in cui si è prodotto troppo per poi non riuscire a conservare niente. Ma dove vengono salvati i nostri dati, a quale costo? E soprattutto, c’è spazio sufficiente per tutti e per tutto?
Questo articolo è stato pubblicato qui

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