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Report: Generazione a perdere

Un paese di vecchi, governato da vecchi per gli interessi dei vecchi: una sintesi brutale dell'inchiesta di report condotta da Michele Buono e Piero Riccardipotrebbe fermarsi qui.

In Italia oggi una generazione sta perdendo il proprio turno per entrare nel sistema, erodendo il capitale dei propri genitori e mettendo così freno allo sviluppo e al futuro del paese.

Il meccanismo per cui ad una generazione ne subentra un'altra, a prenderne il posto, in Italia si è inceppato: cosa penseranno oggi gli ex giovani che nel 68 chiedevano la luna?

L'inchiesta è partita parlando del precariato diffuso, non solo tra i giovani, dentro la scuola, l'università e la pubblica amministrazione. E della disoccupazione giovanile, la più alta in Europa (solo un ragazzo su 4, tra i 16-24 anni ha un lavoro, in Europa la proporzione è 1 su 2).

Cosa comporta tutto ciò? Dover rimanere in famiglia fino a tardi impedendo la recisione del cordone ombelicale che lega i figli ai genitori, la fuga dei cervelli dall'Italia, l'impossibilità da parte di questa generazione sfortunata di potersi pianificare un futuro.
Un lavoro stabile, una casa, una famiglia dei figli.
"Un paese che non cresce, implode" ha spiegato il professor Rosina. E dove le giovani generazioni sono costrette a sentirsi più figli che cittadini, con diritti e tutele da parte dello stato.
Nel paese dove la classe politica si dice cattolica per la famiglia, dove si discute di fine vita, si condannano gay e copie di fatto, si fanno meno figli che nel resto dell'Europa. 

Questo è il paese del signor Di Fazio, fa il giornalista precario per 300-400 euro al mese. Cosa succede nel resto dell'Europa? Quali sono le politiche messe in atto (da una classe dirgente forse meno cattolica sulla carta, ma più responsabile e previdente)?

In Germania per uscire di casa e studiare all'università un ragazzo percepisce un assegno di studio di 500-600 euro. Gli affitti delle case, non in nero, sono sotto i 300 euro. Soldi che poi verranno resituiti allo stato, al primo stipendio, senza interessi. E' lo stato che investe nel futuro (sono 2 miliardi di euro), per avere dei lavoratori qualificati, dei ragazzi motivati nel costruirsi un domani senza dipendere da altri che non le proprie capacità.

Mentre in Italia, parliamo di affitti in nero, di lavoretti in nero per mantenersi agli studi e di case (vuote) occupate, una ragazza a Parigi raccontava della sua esperienza: 1300 euro di stipendio, per un lavoro regolare, con cui pagarsi l'appartamento e gli studi.

Se non hai soldi, vai davanti ad uno sportello e chiedi un prestito allo stato. In base all'appartamento e alla tua situazione. E questo vale anche per gli studenti stranieri, considerati una ricchezza per la Francia.

Aiuto agli studenti, congedi parentali, asili comunali (con prezzi calmierati), sostegno alle famiglie. Tutto questo viene fatto in Francia e in Germania.
E in Italia? Abbiamo classe politica di nominati, con un'età media alta, che si preoccupa del suo eletorato base, ovvero delle persone della fascia di età medio alta, di pensionati. Non investirà mai in politiche verso i giovani, per cui non avrebbero un ritorno immediato elettorale. Come l'eliminazione del precariato, una politica per case a prezzi accessibili, sgravare le tasse per le aziende che assumono a tempo indeterminato.

Come propongono ogni anno un gruppo di economisti, che compilano un'altra finanziaria. Cooperative di giovani, incentivi alle assunzioni, software open source, togliere soldi alle scuole private per impiegarli in borse di studio.

La fuga dei cervelli.
Un altro aspetto che dovrebbe far riflettere chi ha ancora a cuore il futuro del paese è quello relativo alla figa dei cervelli. Fuga dalle baronie feudali delle nostre università, alle nomine partitiche nelle Asl e negli ospedali.
All'estero ci stanno ringraziando per tutti i talenti che le nostre università sfornano e che poi vanno a creare sviluppo in Inghilterra, Francia, Stati Uniti...
Alla dottoressa Polidori, le è stato detto prima del concorso di non farlo bene, il posto spettava ad un altro candidato. Oggi è docente di biochimica dell’invecchiamento all’università di Düsseldorf. In Germania i professori si congratularono con lei per l’esame di docenza.

Stiamo perdendo il fior fiore di questo paese. Paese che è destinato, alla lunga, a pagare a caro prezzo questa non politica. Perdiamo di competitività rispetto ai nostri concorrenti, e non (solo) per colpa dei sindacati, di chi non vuole lavorare.

Sono stimati in 45000 i laureati che vanno all'estero: quanto ci costa?

Michele Buono - fuori campo: 45000 persone sono una città delle dimensioni – per esempio – di Biella. L’Istituto per la competitività ha calcolato solo
sugli scienziati fuori Italia quanto perde il nostro paese.

Stefano da Empoli - Presidente istituto per la competitività: Il valore medio di un brevetto sono 3 milioni di euro. Supponiamo che ciascuno faccia un solo brevetto i calcoli sono presto fatti sono 180 miliardi di euro. Il paese, come dire, non è misurabile solo in questi termini economici c’è anche qualcosa di più. Il dinamismo mancato ad esempio che questi giovani vanno a dare ad altri sistemi e non vanno a dare all’Italia.

MB: E non è solo una storia di università e ricerca. I laureati italiani in genere, hanno problemi di lavoro e quando c’è, di salario.

Andrea Cammelli - direttore consorzio interuniversitario Almalaurea: Nel 2007 il tasso di disoccupazione riguardava 11,3 laureati su 100 è cresciuto di 5 punti percentuali oggi ha riguardato il 16% dei laureati. Andiamo a guardare che cosa succede ai medesimi laureati che sono andati all’estero dico a lavorare.

MB: Quanto guadagnano gli occupati d’Italia?

AC: Guadagnano 1054 e gli occupati all’estero 1568 quasi un terzo in più sostanzialmente di quanto non guadagnino gli italiani. Il differenziale è anche in termini di occupazione cioè c’è un lavoro stabile per il 48% degli italiani occupati all’estero quindi 14 punti percentuali in più di quanto non avvenga per i loro compagni che si sono fermati a lavorare in Italia.

Come si è arrivati a questo.
Siamo un fenomeno, ha spiegato Riccardi, in Inghilterra cu studiano per capire come non bisogna fare le cose.
Il normale avvicendamento tra le generazioni da noi è considerato un problema.
L'inchiesta è andata indietro nel tempo: all'Italia che negli anni 50-60 ha scelto politicamente, la strada di non investire in ricerca, in sviluppo. Per non metterci in concorrenza con gli Stati Uniti e l'IBM, per esempio.
Era stata l'Olivetti di Ivrea, ad esempio, ad inventare il primo pc a fine anni '60.
Colpa della guerra fredda, degli accordi di Yalta, per cui in Italia la Democrazia Cristiana era l'unico partito che poteva stare al governo, senza un ricambio, senza alternative.
E la scelta politica, da parte della classe dirigente (che comprendeva anche la Fiat, Mediobanca, ...) è stata quella di puntare sull'assistenzialismo, su prodotti e lavori di bassa fascia, puntare sulla svalutazione della lira per vendere all'estero.
Tutte cose che con l'Euro non abbiamo potuto più fare.
In questi anni, dal 1998 al 2007, i salari sono cresciuti del 0.1%. I profitti delle imprese sono cresciuti tra il 9 e il 10 % l’anno. E solo lo 0,5% di queste imprese ha investito in innovazione, ricerca, sviluppo.

E sono stati reinvestiti in finanza e in operazioni di speculazione come quella edilizia. Che ha portato alla fame delle case in Italia e allo scempio ambientale.
Che Italia avremmo avuto, se anzichè avere avuto quel patto scellerato tra politica ed imprenditoria, si fosse puntato ad esempio sul piano case proposto da Fiorentino Sullo e subito sconfessato dal suo partito?
Se la fiat avesse investito sull'ABS.

Michele Buono: L’Abs che pensò l’ingegner Palazzetti all’origine si chiamava antiskead e la Fiat fu la prima industria a sperimentare questo sistema.
Mario Palazzetti, ingegnere: La Fiat era la prima industria a porsi il problema, alla fine degli anni Sessanta eravamo ancora la sola ditta attrezzata a provare questi sistemi e a sapere anche come si debbano provare. Non solo il prototipo funzionava, ma di prototipi ne abbiamo fatto una certa quantità, sia di veicoli industriali, sia di vetture.
MB: La Fiat però lo sviluppo industriale dell’antiskead non lo fece. Si chiama Abs oggi, ed è un prodotto della tedesca Bosch.
MB: Se Fiat avesse fatto sviluppo industriale dell’antiskead che oggi si chiama Abs? Provi a immaginarsi il mondo italiano cosa sarebbe stato se fosse avvenuto.
MP: È ovvio che un’azienda che riesce a valorizzare la propria innovazione è un’azienda che può dare molti posti di lavoro di qualità e quindi può dare uno sviluppo importante anche al mondo della ricerca e dietro deve esserci poi il sistema industriale che abbia bisogno di queste intelligenze perché se non c’è questo tipo di equilibrio si finisce di fare quello che stiamo facendo noi, insomma. È un paese un pochettino fuori rotta, mettiamolo così.
MB: Il patto politica industria permetteva di non fare ricerca e innovazione. Ci pensava la leva monetaria: una svalutazione e i nostri prodotti di colpo costavano di meno sui mercati stranieri. Questa era la competizione.

E la politica cosa ha fatto in questi anni? Bloccato il ricambio, la politica in Italia si è trasformata in un macchina per costruire poltroni e privilegi per pochi:

MB: Nella più antica università di Oxford, la Christ Church, c’è un’attenzione costante alla storia e alla politica italiana. Professore, quali sono le conseguenze, allora, di un blocco di potere?
David Hine - Dip. Politiche e relazioni int. Christ Church Univ Oxford: Deleterie e disgraziate, perché chi governa si sente – comunque vadano le cose – tranquillo e soddisfatto. La mancanza di alternative impedisce di creare uno spazio nella vita politica, neutrale e indipendente, che è quello dello Stato, al posto delle correnti dei partiti. È fondamentale per una democrazia avere questa separazione. Più tempo un partito o un blocco stanno al potere, e più invade e colonizza lo Stato. E questa è una cosa negativa.
MB: E le decisioni politiche magari finisce che si prendano al di fuori delle istituzioni? 
DH: Direi proprio di sì.
Milena Gabanelli in studio: Ed è così che abbiamo accumulato enormi privilegi per pochi. In tutti i paesi democratici, i governi passano e lo stato rimane, che cosa che rimane: proprio “il senso dello stato”, che si crea in quello spazio neutro, che non appartiene ai partiti, ma si esprime attraverso quelle regole generali nelle quali tutti si identificano e danno vita alla comunità, e la comunità poi a sua volta mette in moto il ricambio. Dove non c’è la comunità lo spazio viene occupato da classi politiche eterne, da lobby, da gruppi dove ognuno fa passare per interesse pubblico il proprio… alle spalle e sulle spalle delle giovani generazioni. E allora da dove si ricomincia?
Dalle cose normali, come amministrare avendo come obiettivo l’interesse dei cittadini, o da quelle aziende che, invece, di portare i profitti al caldo li reinvestono in ricerca e sviluppo, contando sui giovani collaboratori e non solo a chiacchiere. La cosa paradossale è che questi comuni e queste aziende che non fanno nulla di straordinario, ma solo quello per cui esistono, ci sono, ma sono così pochi che ci troviamo a parlarne come se fossero sovversivi.

Esiste un Italia diversa, che funziona, in cui a persone giovani, magari alla prima esperienza viene concesso di mettere a frutto le proprie competenze. Nel comune di Capannori a Lucca.
Nel gruppo Loccioni, tecnologie per misure e controllo qualità per l’industria, ad Ancona. Non c'è bisogno di una rivoluzione violenta per cambiare le cose: se lo si vuole, si possono cambiare dalla vita quotidiana.

MG: Bene rivolta dunque, a pretendere quel contratto unico, che dia le garanzie minime per immaginarlo un futuro, e poi provvedimenti che mettano limiti di età a politici, burocrati, consigli di amministrazione. Organizzatevi, fate sentire il vostro peso ad una gerontocrazia che pensando solo a sé, crea una generazioni sfiduciata che non si impegna, non si riproduce né economicamente né demograficamente perché non vede per sé un futuro, creando un pericoloso circolo vizioso, come ha scritto Francesco Giavazzi e Alesina sul corriere di qualche settimana fa in un bellissimo editoriale. E poi non lavorando per anni non si accumulano contributi quindi non avrete la pensione, chi dovrebbe pensare a questo, ha altre preoccupazioni. Qualche mese fa alla camera c’è stata una votazione, passata sotto silenzio, sentiamola.

MG: La proposta di abolire 3000 euro di vitalizio dopo soli 5 anni è stata votata e il risultata è il seguente: hanno votato sì all’abolizione 22 parlamentari, hanno votato no 498. Ecco, questa è la distanza fra la politica e il Paese.

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.142) 23 maggio 2011 23:08

    E’ una buona descrizione della situazione, ma non tocca minimamente le cause.

    Sta di fatto che i "padroni del vapore" italiani sono da sempre piu’ rozzi, incolti e interessati soltanto ai loro privilegi, di quanto lo siano quelli degli altri paesi industriali, che pure non scherzano.

    Il risultato e’ che hanno preferito custodirsi le nicchie di miglior rendita e non hanno investito , neanche sul loro stesso futuro.

    Un esempio per tutti: l’erede della FIAT, Gianni Agnelli, non ha studiato ingegneria all’allora validissimo politecnico di Torino, ma ha studiato legge, e ha poi istituito un ufficio di affari legislativi della FIAT che ha seguito tutta l’attivita’ legislativa del parlamento italiano per piegarla, con la potenza della corruzione lobbistica, ai suoi interessi.

    Che gliene poteva fregare a lui dell’ABS e del common rail, che neanche capiva cosa erano, se cosi’ lucrava di piu’?

    E poi: se quei famosi "cervelli", che hanno studiato , che hanno delle idee loro, che hanno dei progetti, che non si sottomettono facilmente, tolgono il disturbo e se ne vanno all’estero, non e’ un bel vantaggio per questo regime che desidera avere soltanto sudditi?

    Geri Steve

  • Di pv21 (---.---.---.185) 29 maggio 2011 20:04

    Tagliando >

    Era il 1994 quando la Zanicchi suggeriva di “provare a far governare” l’imprenditore Berlusconi.
    Dopo 17 anni le
    centinaia di miliardi di debiti accumulati dai suoi governi fanno 1/3 dell’intero nostro Debito.
    Ora la Corte dei Conti avverte che dovremo ridurre il Debito di circa 46 miliardi l’anno, per 3 anni.
    Non solo.
    Nell’ultimo decennio, dice l’Istat, il ritmo di crescita della nostra economia è stato appena la metà della media europea.
    Nel 2010 il PIL è fermo al 94,7% di quello del 2007 (ante-crisi) che rivedremo solo dopo il 2014.
    La capacità di spesa delle famiglie si è ridotta di oltre 1300 euro e l’indebitamento medio supera i 20mila euro.
    Un quarto dei cittadini è a rischio povertà (esclusione) e l’80% dei pensionati (Inps) non arriva a 1000 euro al mese.
    Sono 5 milioni gli italiani senza una regolare occupazione e più di 2 milioni sono i giovani nullafacenti.
    Perfino gli imprenditori sentono il “bisogno” di sfilare in corteo.

    E l’imprenditore Berlusconi? Il suo reddito è quasi quadruplicato, passando dagli 8,6 milioni del 2000 ai 41 del 2010.
    A fine 2009 affermava che eravamo “usciti dalla crisi meglio degli altri”.
    Quella crisi che, ex-ripresa passata a “semi-crescita”, continua a gravare sul paese come Se fosse Stagnazione

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