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Renzi e l’attimo fuggente

Bel discorso quello di Renzi alla direzione nazionale del suo partito. Secco e senza tanta retorica. Anzi, un discorso a braccio sbrigativo e deciso. Papale papale. Letta se ne deve andare. Non sappiamo dove pensa di mandarlo il sindaco di Firenze, ma non può continuare come se il suo governo dovesse gestire l’ordinaria amministrazione. No. Ed è meglio che lo faccia in silenzio, subito e senza tanti clamori, perché il Paese, che si scrive sempre con lettera maiuscola quando si tratta dell’Italia, ha bisogno di un nuovo tipo di proposta, capace di consentire la gestione della fase due dell’emergenza. E questo deve accadere senza bisogno che si debba fare i “retroscenisti”, cioè quelli che si mettono lì a perdere tempo su ciò che è accaduto prima, ad analizzare ciò che è andato bene e ciò che è andato male del governo che abbiamo e che non va bene a nessuno. La direzione del Pd, con Renzi segretario, è perciò interessata a fare presto, e tranne qualche voce dissonante, tutti, da Renzi a Cuperlo, sembrano d’accordo a spingere in questa direzione. Non una parola sulla crisi profonda che travaglia gli italiani, non un cenno sulla natura del capitalismo che abbiamo, o sulle ragioni che darebbero per certo come migliore un governo Renzi rispetto a quello ormai dichiarato defunto di Letta. Il programma, come sempre verrà dopo. E sarà, come sempre, senza calendario e senza certezze matematiche. L’importante è mandare segnali. Anche di fumo, come gli indiani nei loro accampamenti.

La parola d’ordine di Renzi di fronte al suo popolo straordinariamente unito e concorde è: ricaricare le batterie, fare un rifornimento totale di carburante e partire a gonfie vele, con la benedizione di Napolitano, che a quanto pare ormai fa il notaio del Pd. Solo che in questo momento non c’è proprio vento e quello che sentiamo non è per niente, come dice Renzi che ama la poesia, “il suono di un vento sottile”. Siamo in pieno “caos calmo”, dentro una cappa che ci avvolge tutti e non pare che nessuno zefiro stia aleggiandoci attorno per spingerci, anche se lentamente, verso nuovi approdi. Ecco, dunque, il discorso di Renzi tanto atteso. Pochi minuti di vuoto formalismo, senza sugo né prospettiva. Debole per una serie di motivi. Ne elenco solo alcuni: 

1) Non si può chiedere la testa di una persona, né tanto più di un capo di governo, senza esplicitare alla pubblica opinione per quale motivo debba avvenire la decapitazione. Non credo che la lentezza di Letta, se questa è la sua colpa, sia dipesa dalla sua volontà di procedere con i piedi di piombo. Il direttore d’orchestra dirige l’orchestra che ha e non è facile che se la inventi su due piedi.

2) Personalmente non nutro nessuna simpatia per Letta, ma penso che nella situazione in cui siamo egli si sia caricato di compiti molto gravosi per lui e per tutto il suo governo che ho trovato come Pangloss di Voltaire, ma rovesciato, nel peggiore dei mondi possibili, stante la posizione distruttiva del M5S, l’incresciosa posizione di Forza Italia con il suo pluricondannato leader, le danze del mai morto Casini, e quelle forse più coerenti di Angelino Alfano.

3) Renzi non ha indicato come egli possa pensare di essere sicuro di proporre un patto di legislatura con forze che non conosce e che non possono garantire di giungere al 2018 con risultati migliori di quelli che si possono realizzare con un governo di continuità. 

Nelle condizioni in cui siamo, la discontinuità non può essere dettata dalle scelte politiche ma dalla natura e dall’andamento della crisi globale che stiamo attraversando.

Ciò che si può e si deve fare è aprire una fase nuova che punti a una vera riforma elettorale, al titolo V della Costituzione e alla trasformazione del Senato. Ma anche qui, il segnale dell’accordo Renzi-Berlusconi sulla prima di queste tre questioni la dice lunga sulla bontà dell’operazione che si vuole realizzare, impedendo agli italiani, ancora una volta, di scegliersi i propri candidati sul territorio e non garantendo la rappresentanza, sia pure al di sopra di un tetto prevedibile, delle minoranze. Ecco perché il discorso di Renzi rischia di essere retorico, velleitario, ed equivoco. Altro che premessa di una legislatura costituente (di che cosa?) ma un derby strumentale che alla fine lascerà le cose come sono con l’aggravante che il cambio di guida possa apparire, come di fatto è, un’operazione fondata sullo svantaggio dei due concorrenti in competizione, di cui uno allegro e pimpante e l’altro in oggettiva difficoltà. Insomma, un gioco sleale in cui l’arbitro che all’inizio aveva fatto la sua scelta ora si trova anche lui preso in contropiede e nell’obbligo di scegliere obtorto collo. Cosa che dovrà fare al più presto Napolitano.

La tentazione di andare alla elezioni, dice Renzi, in queste condizioni è forte, esse esercitano un loro fascino. Ma – continua – non c’è la riforma elettorale ed è del tutto inutile parlarne. Il percorso non sarebbe immediato, e anche se esse hanno un “valore purificatore”, non risolvono i problemi sul tappeto. Non resta che la soluzione di tentare di salvare il salvabile ora, prima che sia troppo tardi. Questa, credo, sia la parte del discorso di Renzi che più interessa. È il suo riferimento all’audens, al politico che osa, al partito che in una situazione difficile intraprende un’iniziativa difficile, rischiosa, ma anche esaltante. Il coraggio del rischio. Mettersi in gioco adesso – dice – richiede più coraggio che starsene a gestire l’esistente, ed è per lui personalmente rischioso. E questo è vero. Ma è il rischio necessario che Renzi chiede al Pd, e la sua proposta alternativa a quella di Letta, che più modestamente puntava al traguardo del 2015, è un patto di legislatura che arrivi al 2018. L’unico modo per uscire dalla palude in cui si trova a stagnare la politica italiana.

Insomma, la richiesta di mandare a casa Letta da parte di Renzi è stata esplicita. Ed è probabile che oggi Letta vada a presentare le sue dimissioni al capo dello Stato che lo aveva designato. Staremo a vedere nei prossimi giorni cosa succederà e a cosa approderà questa seconda parte dell’emergenza che Renzi ha clamorosamente aperto. Ci sarà una reale discontinuità? Si avvieranno nuove condizioni e nuove prospettive per le imprese, i lavoratori, gli industriali, i disoccupati, i pensionati, il mondo della ricerca, l’ambiente devastato dalla follia della criminalità e dalla complicità dei pubblici poteri? Quali forze e quali partiti aderiranno al nuovo patto di legislatura? Ci saranno facce e competenze nuove? Quali compatibilità politiche saranno richieste per questo cambio di attenzioni? E infine, quanto ci costerà in ansia e nuove preoccupazioni questo audens che ci siamo trovati tra capo e collo oggi? Lo sapremo già dalle prime battute perché il buon giorno, come si dice, si vede dal mattino.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.63) 14 febbraio 2014 14:00

    Un discorso papale papale come quelli che faceva prima di essere eletto a segretario?


    Contenti voi!
  • Di (---.---.---.231) 14 febbraio 2014 17:40

    Avendo letto qualche tuo lavoro ti ho stimato e ti stimo come storico, ma come commentatore politico sei una terribile frana. Essendo ancora avvolto dai fumi dell’ideologia comunista ti riesce impossibile capire ciò che sta avvenendo e qual è la DRAMMATICA partita che sta giocando l’Italia.

    A proposito ti consiglio la lettura del saggio di storia politica di Massimo Salvadori, "Storia d’Italia dal 1861 al 2013". Te lo dico senza intenti offesivi e in amicizia, ti sarà utile per capire come per la prima volta nella storia d’Italia la sinistra non è arrivata in ritardo ad una "crisi di sistema", com’è invece accaduto nel 19/22, nel 45/48 e nel 92/94. Questo ovviamente sempre che la sinistra non si inventi qualcosa per scombinare tutto e riconsegnare il governo del Paese alla destra.

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