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Renzi da Giletti. Siamo siamo al voto di scambio?

Credo che non ci siano parole per definire e commentare quello che ha fatto il Presidente del Consiglio andando da Gilletti ad annunciare un “bonus” di 500 euro per i pensionati che hanno subito trattenute illegittime. O meglio, una parola c’è: voto di scambio. Probabilmente eccessiva da un punto di vista strettamente giuridico, ma politicamente è perfetto, anzi pecca per difetto.

Ragioniamoci su: tre anni fa una legge, che non stiamo qui a commentare, decise un taglio sulle pensioni superiori ad una certa somma e su quella base il governo emanò un decreto attuativo. Uno degli interessati ricorse per via giurisdizionale, sollevando eccezione di costituzionalità. La Corte Costituzionale, relatrice Silvana Sciarra (che mi vanto di aver sostenuto a novembre, permettetemi di rivendicarlo) ha deciso che il ricorrente ha ragione ed ha fatto decadere il decreto commesso alla legge.

In presenza di una declaratoria di incostituzionalità, la norma decade, tam quam non esset e cessa di dispiegare ogni effetto, dunque, per i più elementari principi costituzionali, ora il governo è tenuto a restituire per intero la trattenuta illecitamente operata e ci sarebbe da discutere sugli interessi maturati.

Il governo, però, sostiene di non dover restituire gli arretrati ai pensionati e si appella alla sentenza n10 dell’11 febbraio 2015 sulla cd “Robin tax” dichiarata illegittima ma solo dal giorno dopo la sentenza e non per il pregresso, quindi senza dar luogo a restituzione. Dunque, trattandosi di una tassa illecitamente percepita gli effetti cessano, ma non per il passato e, argomenta il governo, è lo stesso caso di oggi.

E invece no: nel caso della Robin Tax i danneggiati furono gli automobilisti che si trovarono a pagare quella tassa sul pieno di benzina, ma ora sarebbe impossibile rintracciare quegli automobilisti per indennizzare il danno e la restituzione andrebbe solo a beneficio dei petrolieri che incasserebbero la restituzione mettendosela in tasca, senza girarla ai veri danneggiati. Dunque, la Corte ha ritenuto che l’Erario sarebbe stato depauperato non per indennizzare i danneggiati, ma a vantaggio di terzi che non hanno titolo per riscuotere quel denaro. Qui, invece abbiamo individuato bene i diretti interessati: i pensionati che hanno subito l’ingiusta decurtazione, quindi il caso è diverso.

In secondo luogo, il governo fa riferimento al vincolo di bilancio inserito in Costituzione tre anni fa (art. 81), che motiverebbe la ragione del taglio (la Corte ha ritenuto fra l’altro che la misura non fosse adeguatamente motivata), solo che l’avvocato dello Stato che ha difeso il governo, non ha minimamente sollevato il problema dell’art 81 e non è possibile farlo ora a posteriori.

Comunque, se ci saranno dubbi, spetterà ai tribunali della Repubblica stabilire nel merito la questione ed, eventualmente investirne nuovamente la Corte Costituzionale.

Il Governo può decidere di resistere ed affrontare eventuali ricorsi o liquidare gli arretrati e basta. Ma se resiste, l’eventuale sentenza potrebbe addossare al governo le spese processuali ed anche gli interessi, moltiplicando il salasso. Io pagherei e subito.

Invece, il Presidente del Consiglio che fa? Dà per scontato di avere ragione (e quando mai….!?) e che per gli arretrati non sia dovuto a dar nulla, poi va in televisione nella trasmissione più seguita da pensionati e casalinghe, nell’ora di massimo ascolto, e fa un discorso che possiamo riassumere così: “Io non vi dovrei niente, ma siccome siete voi (e siccome fra due settimane si vota), facciamo così: vi do un bonus di 500 euro pro bono pacis, e chiudiamola qui (però ricordatevi di votare per me)”.

Ora: se la somma degli arretrati è dovuta, in toto o parzialmente, lui deve corrisponderla nella misura derivante dalle decisioni dell’Autorità giudiziaria e non sulla base di una sua decisione arbitraria; ma se non è dovuta, non può usare il denaro pubblico per una distribuzione selettiva di risorse e come “buono elettorale”. Da un punto di vista politico questo si chiama “voto di scambio”, fatto usando denaro dello Stato.

Lascio ai penalisti stabilire se ci siano gli estremi di reato, anche solo come ipotesi, probabilmente no, ma, sul piano politico, sapete dirmi che differenza c’è fra Matteo Renzi ed Achille Lauro? O meglio, una differenza c’è: Lauro le scarpe ed i pacchi di pasta che distribuiva, li pagava di tasca sua. E Renzi è peggio di Lauro.

Un anno fa, Renzi fece la stessa cosa con la largizione di 80 euro, presentata come sostegno alla domanda interna ed ai ceti deboli e gli andò bene. Ma, la cosa venne decisa un paio di mesi prima delle elezioni, la somma era contenuta e la motivazione ufficiale più plausibile. Qui siamo proprio alla proposta corruttiva appena velata.

Questo piccolo episodio ci insegna diverse cose. Prima di tutto che tipo di avvocato è Renzi (voi vi fareste difendere da uno così?)

Poi quanto sia pericolosa la sua concezione della democrazia, in tutto berlusconiana, per la quale l’investitura elettorale è l’autorizzazione ad agire senza limiti normativi o contrappesi istituzionali (ricordate l’ “Unto del Signore”?). La sua concezione è quella del governo di uomini e non del governo di leggi, cioè quanto di più estraneo allo spirito dello Stato di Diritto.

E ci fa capire anche quanto sia pericolosa la sua riforma istituzionale: pensate solo a come sarebbero eletti i giudici costituzionali: 630 deputati+100 senatori, fa 730 voti, per cui, essendo necessario il 60%, per eleggere un giudice costituzionale ci vorrebbero 438 voti. Per la legge elettorale dell’Italicum, il vincitore delle elezioni (ed è chiaro che Renzi pensa a sé stesso) avrebbe già 354 voti alla Camera, per cui gliene mancherebbero 84 che potrebbe rastrellare fra voti propri al Senato ed un eventuale alleato. Diciamo che, per effetto del doppio filtro maggioritario, al Senato il vincitore potrebbe avere fra 60 e 65 seggi, a quel punto gli basterebbe un alleato con una venina di voti per dividersi i giudici costituzionali 4 al partito di maggioranza ed 1 al suo occasionale alleato.

Ma con 354 voti alla Camera, gli basterebbe avere 12 voti al Senato per eleggere il Capo dello Stato e, attraverso questo, prendersi i 5 giudici costituzionali di nomina presidenziale, per cui arriverebbe ad averne 9 su 15. Dopo di che, possiamo anche sciogliere la Corte Costituzionale come ente inutile.

Ridatemi la Monarchia Costituzionale, almeno lì il re non lo mette sul trono Renzi! Mi sentirei più garantito così.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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