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Religione cattolica a scuola: non avvalersi di un insegnamento che lede il principio di laicità

Oggi 22 gennaio si aprono le iscrizioni per gli alunni che iniziano un nuovo percorso scolastico: tempo di scelte dunque e tempo anche di decidere se frequentare o meno l’ora di religione cattolica.

«Quello di domani è un momento molto atteso — ha commentato ieri il segretario dell’Uaar, Raffaele Carcano — al punto che il presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Angelo Bagnasco già un paio di settimane fa, nel messaggio diffuso in occasione della Giornata di sensibilizzazione alla scelta dell’ora di religione nelle scuole, ha sottolineato che l’ora di religione a scuola “non è catechismo” che “si fa in parrocchia”, ma “cultura”, raccomandando quindi “ai giovani di non lasciarsi guidare da pregiudizi che circolano, e di non perdere un’opportunità formativa importante come persone e cittadini”. Per noi dell’Uaar naturalmente è vero il contrario: la migliore scelta educativa per i bambini è quella di non avvalersi dell’Irc per non sottoporli a un insegnamento per legge “impartito in conformità della dottrina della Chiesa” da insegnanti per giunta scelti (e licenziati!) a insindacabile giudizio dei vescovo».

Chissà se l’invito del card. Bagnasco riuscirà a frenare il calo che di anno in anno affligge il numero degli avvalentisi, registrato anche nel 2014-2015. Secondo i dati diffusi da Tuttoscuola.com, nel 2013-14, le opzioni per l’Irc erano state maggiori in termini assoluti e percentuali: gli avvalentesi erano stati pari all’88,2%, cioè uno 0,3 punti in percentuale in più rispetto all’87,9% registrato nel 2014-2015, per un calo di circa 22mila alunni.

«C’è da considerare poi — ha proseguito Carcano — che il calo potrebbe essere ancora più significativo se il Ministero garantisse in tutte le scuole lo svolgimento di attività alternative! E invece come sappiamo non è così, nonostante la legge lo preveda espressamente qualora gli studenti e le famiglie ne facciano richiesta».

Insomma, ancora una volta l’Uaar ribadisce che la miglior scelta è quella di non avvalersi, anche come forma di protesta verso un insegnamento che grava sulle casse dello Stato, che però non ha facoltà di scegliere gli insegnanti, e lede il principio di laicità delle istituzioni.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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