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Relazione su legge 194, Laiga scrive al ministro Balduzzi

Il ministro della Salute, Renato Balduzzi, ha presentato la scorsa settimana i dati aggiornati sull’applicazione della normativa sull’interruzione della gravidanza. La relazione raccoglie i dati preliminari per il 2011 e quelli definitivi per il 2010, e confermano comunque la tendenza della legge 194 del 1978 a ridurre il numero di aborti.

Le Ivg sono diminuite del 5,6% rispetto al 2010 e del 53,3% rispetto all’anno di maggior incidenza, il 1982. Tra le donne italiane continua il calo, ma quelle straniere che ricorrono all’aborto sono ormai circa un terzo del totale. Rimane tuttavia altissima la percentuale di medici e anestesisti obiettori, che impedisce ormai in vaste zone del nostro paese la piena applicazione della legge. E che di fatto limita l’autodeterminazione delle donne, la possibilità di esercitare il proprio diritto a portare a termine o meno una gravidanza. Senza contare la posizione schiettamente no-choice di tante istituzioni, che ad esempio favoriscono l’influenza nei consultori pubblici delle associazioni che si autoproclamano “pro vita”. O che partecipano a mobilitazioni integraliste, come ha fatto a Roma il sindaco Gianni Alemanno con tanto di fascia tricolore.

A denunciare la situazione generale poche realtà, come la Laiga (Libera associazione ginecologi per l’applicazione della legge 194). L’associazione ha inviato al ministro una lettera, evidenziando come la recente relazione si differenzi dalle precedenti, “sganciandosi dal rigido tecnicismo della comunicazione e dell’interpretazione dei dati” per “fare un ragionamento più generale sugli obiettivi e le finalità della legge”.

Una relazione meno ‘tecnica’ dunque, sebbene il ministro sia esponente di un governo tecnico: ma forse giocano anche altri fattori. Non bisogna infatti dimenticare che Balduzzi è stato presidente del Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale, legato all’Azione Cattolica) e che l’esecutivo di Mario Monti ha una forte impronta cattolica. Un approccio che mette in evidenza anche Laiga, puntando il dito sui tentativi del ministro di curare una indimostrata fragilità femminile a suon di conforto psicologico/spirituale da parte di medici obiettori nei consultori.

L’associazione fa notare come anche l’introduzione della RU486 non abbia incrementato gli aborti, nonostante le difficoltà poste, i ritardi e l’allarmismo da parte dei no-choice, che ignorano gli studi a livello internazionale. Anzi, Laiga auspica che nella prospettiva della spending review si riducano i tempi di ricovero (al momento, tre giorni) passando al day hospital per le donne che ricorrono alla pillola abortiva. Proprio Avvenire, che prima soffiava sul fuoco e voleva impedirne la diffusione proprio dipingendo scenari spaventosi, ora parla di “boom fasullo” della RU486.

Non basta puntare a ridurre il numero degli aborti, come invita Balduzzi: “Chiediamo di allargare lo sguardo e di muoversi nella logica non della semplice prevenzione dell’aborto”, aggiunge la lettera, “ma in quella della prevenzione delle gravidanze indesiderate, promuovendo in primo luogo un più facile accesso alla contraccezione sicura”.

Vivissimo è il “problema dell’obiezione di coscienza, o, per meglio dire, dell’uso strumentale dell’obiezione di coscienza” in Italia. Dove, “caso unico” tra i paesi con una legge che consente l’aborto, “la percentuale di ginecologi obiettori è altissima, tanto da ostacolare in molti casi la possibilità per le donne di esercitare appieno un loro diritto”. Ma Laiga ritiene che la situazione reale sia “molto più grave” di quanto non emerga dalle statistiche ministeriali.

C’è ancora quindi moltissimo da fare per vedere davvero garantito per le donne il diritto di poter scegliere l’Ivg in Italia. Anche l’Uaar mette in evidenza questi problemi, sostenendo la campagna Il buon medico non obietta avviata dalla Consulta di Bioetica. Alla politica spetterebbe il compito di rimanere sul lato “tecnico”, senza sconfinare nella direzione etica per temi così spinosi, magari sulla base della morale propagandata dalla Chiesa cattolica. E di discutere preferibilmente con chi, come i medici di Laiga, è ogni giorno a contatto con le donne che scelgono l’interruzione di gravidanza.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.6) 19 ottobre 2012 12:17


    Ma siamo veramente una repubblica delle BANANE!
    Il medico o l’anestesista o l’infermiere o quello che vi pare, lavori in una struttura PUBBLICA? Prendi lo stipendio PUBBLICO, bene TI ADEGUI alla normativa nazionale in vigore.
    La tua coscienza non ti consente di porre in essere le attività relative all’aborto?? Hai 2 alternative: o vai oltre la tua coscienza oppure ti licenzi
    Non ti metti nella condizione di peggiorare la situazione già critica di tutte quelle donne che già sono in una non propriamente felice e di certo non sono loro a doversi fare carico dei TUOI problemi di coscienza (o peggio quelli che invece più spesso vanno verso tornaconti ECONOMICI... qui esercito l’obiezione di coscienza, ma se vieni ad abortire nella clinica a PAGAMENTO, allora posso farlo!)
    E men che meno IO come onesto cittadino che PAGA le tasse, sono disponibile a PAGARTI lo stipendio se TU non vuoi fare (in toto o in parte) il tuo LAVORO!

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