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Regno Unito: le incognite dopo le Europee

di Gianmarco Carnevale

L’esito delle elezioni europee del 25 maggio sorprende poco chi ha familiarità con la politica britannica. Si sono infatti recati alle urne soltanto una minoranza degli aventi diritto (34,17%), in linea con le precedenti tornate, e vi è stato un cattivo risultato dei partiti di governo. Si è avuta inoltre una forte affermazione (superiore al 50% dell’elettorato votante) delle forze alternative a Conservatori e Laburisti, una tendenza consolidatasi negli ultimi 15 anni.

Come di consueto, quindi, le elezioni europee delineano dei trend, ma non aiutano a capire del tutto lo stato della politica britannica. Il maggiore appuntamento elettorale in vista nel Regno Unito (escludendo il cruciale referendum sull’indipendenza della Scozia) sono le elezioni generali della Camera dei Comuni previste per il mese di maggio 2015. Nonostante i sondaggi indichino un consolidato vantaggio del Labour sin dalla fine del 2010, la partita è tutt’altro che scontata. Il gruppo dirigente laburista uscito vincitore dal congresso del 2010 ha infatti progressivamente abbracciato l’impostazione ideologica del Blue Labour del Prof. Maurice Glasman e plasmato una nuova piattaforma programmatica enfatizzando temi di tendenza populista, ma decisamente poco popolari presso l’opinione pubblica britannica, specie quella di area progressista o “liberal”, come il costo della vita, il maggiore ruolo pubblico nei servizi e la critica al presunto eccesso di “internazionalismo”. Queste le “key issues” della campagna secondo una recente rilevazione Ipsos Mori:

Sarà la credibilità presso l’opinione pubblica nell’affrontare questi temi il fattore determinante nella scelta degli elettori e attualmente i Conservatori sono ritenuti più “affidabili” dal 35% dell’elettorato, rispetto al 31% che ritiene più affidabile il Labour; e questo avviene nonostante le difficoltà scontate da chiunque sia al governo in una congiuntura complessa come l’attuale. Se infatti i livelli di insoddisfazione verso le policies del governo e di incertezza per il futuro sono molto alti, è altrettanto vero che, specie nel sud, più di un elettore su due non vede nel Labour una valida alternativa di governo nella gestione dei problemi di più diretta prossimità. In altri termini, più di un elettore su due ha la percezione che il Labour “non parli la propria lingua”. Collegata a questo tema è la questione della leadership che presenta, nel rapporto con partito e opinione pubblica, situazioni opposte nei due “major parties”:

Se infatti l’immagine fresca, moderna e moderata di David Cameron è un asset per i Conservatori, lo stesso non si può dire di Ed Miliband per il Labour. Miliband, definito “wired” da autorevoli esponenti del suo stesso partito, è il leader politico britannico che ha il tasso di gradimento più basso fra i suoi stessi elettori (49%). Divenuto leader grazie al forte sostegno dei sindacati, Miliband ha fallito in questi anni a ricucire il rapporto con il suo elettorato e a proporre alla famosa “Middle-England” un’alternativa credibile all’agenda dei Conservatori. Ha difficoltà a “sfondare al centro”, e a conquistare quell’elettorato moderato che per definizione “tends to the incumbent”, ossia è più propenso a premiare il governo uscente. In questo quadro si inserisce ovviamente la ricaduta dell’esito del referendum sull’indipendenza della Scozia, previsto per settembre 2014. Sebbene attualmente si registri un ampio e consolidato vantaggio del “no”, con un margine sempre superiore di 15 punti percentuali sul “si”, la possibilità di un esito diverso darebbe luogo a effetti non trascurabili sul quadro politico. Questo prima di tutto perché cambierebbe la composizione della Camera dei Comuni, che perderebbe la rappresentanza dei collegi scozzesi (59), tradizionalmente in maggioranza rappresentati dal Labour, e oggi così suddivisi:

Inoltre la vittoria del “si” al referendum potrebbe avere l’effetto di rafforzare le altre forze autonomiste e indipendentiste, prima di tutto in Galles (con il partito Plaid Cymru). In ogni caso le variabili da qui ai prossimi 10 mesi sono innumerevoli e imprevedibili, ma a determinare il successo elettorale saranno il livello di inclusione sociale nella consolidata ripresa economica degli ultimi anni e la capacità di offrire un’immagine del futuro come opportunità ad un paese spaventato dalla prospettiva del declino.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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