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Referendum: facciamo due conti. SI e No su quanti voti possono contare?

I sondaggi si susseguono chi dando un margine di sei punti a favore del No, chi di otto al Si. Comunque, una partita senza distacchi abissali con un vincitore al 52-54%. 
Lasciamo da parte se questo possa essere un risultato in grado di legittimare una Costituzione e veniamo a fare due conti. E’ probabile che al referendum andranno a votare più italiani di quanti ne vadano alle elezioni politiche. Si ipotizza il 70%, ma partiamo da quei 32.803.000 che votarono nel 2013, la cui maggioranza (non facendo conto di bianche e nulle) sarebbe 16.402.00 circa. E teniamo questo come valore di partenza.

Anche se sappiamo che poi ci sono stati elettori morti e nuovi elettori, partiti estinti, partiti nuovi, scissioni, ricomposizioni, flussi in uscita ed in entrata per ogni partito. Per ora, partiamo da questo dato e facciamo conti molto approssimativi (dato che quel che conta è la linea di tendenza) come se gli elettori votassero seguendo fedelmente le indicazioni dei rispettivi partiti. Sulla carta abbiamo questa suddivisione teorica di partenza:

Si (Pd, Scelta civica, Udc, Svp, Centro Democratico, Fli Radicali,Magdi Allam) 11.470.000 voti circa

No (M5s, Fi, Lega, Fdi, Sel, Rivoluzione Civile e liste minori di estrema sinistra e di estrema destra) 20.777.000 voti circa

Poi ci sono circa 556.000 voti andati a partiti non più esistenti o di cui si ignora l’indicazione di voto.

Messa così, pur dividendo a metà quel mezzo milione di non identificabili il Si non dovrebbe andare oltre il 36%.

Ma il dato può essere sgrezzato tenendo conto della diversa “tenuta” dei diversi elettorati. Ad esempio:
–  il vecchio Pdl, tornato al nome di Forza Italia, ha subito tre scissioni non trascurabili (Alfano, Fitto e Verdini) e si è quasi dimezzato elettoralmente, mentre i partiti scissionisti ormai sono il nuovo centro che orbita intorno a Renzi
–  il M5s ha avuto forti oscillazioni elettorali in su ed in giù, ha espulso quasi un quarto dei suoi parlamentari
–  il Pd, che, in teoria dovrebbe essere il centro motore del Si, è attraversato da una forte crisi interna, con organizzazioni tradizionalmente fiancheggiatrici come Anpi e Cgil che si sono espresse per il No, con un leader storico come D’Alema che sta organizzando l’area del No nel Pd, con Bersani, Cuperlo e Speranza che, al solito, non sanno cosa fare, con renziani come Emiliano schierati per il no,
–  Sel pure ha subito una scissione verso il Pd ed ha nel suo interno un’anima inguaribilmente ammalata della “sindrome del cespuglio” che pencola verso il Si

Allora facciamo questa ipotesi: identifichiamo un’area di partiti “duri” i cui elettorali dovrebbero votare secondo le indicazioni all’85%:

Per il Si (Svp, Cd, Sc, Udc, Radicali minori) ipotizziamo che si dividano approssimativamente così
Si 2.400.000
No 404.000

Per il No (Lega, FdI e varie estrema destra, M5s, Riv civile e altre estrema sinistra)
Si 2,010.000
No 10.230.000

Più complicato è il computo dei “Molli”
Fi, a causa delle molte scissioni ecc la dividiamo esattamente a metà:


Si 3.666.000
No 3.666000

Il Pd cautelativamente lo consideriamo al 70% per il si ed al 30% per il no:
Si 6.050.000
No 2.600.000

–  Per Sel facciamo il ragionamento opposto: 70% per il No e 30% per il Si
Si 330.000
No 750.000

Gli “indefiniti li attribuiamo per il 70% al Si (sopratutto per la presenza dell’elettorato di Fid che è omogeneo all’area di centro filo renziano). Ed abbiamo
Si 370.000
No 180.000

Risultato:

Si 4.836.000 (45% circa)
No 17.830.000 (55% circa)

Che rappresenta un sensibile recupero del Si che però resterebbe sempre lontano dal traguardo.

Questa la base di partenza. Poi, però, occorre considerare due variabili: il ricambio elettorale fra nuovi elettori ed elettori cessati: circa 1.800.000 nuovi e poco meno di elettori defunti, dunque un ricambio di circa il 4%, ma occorre tener conto degli astenuti (ed è normale che i più anziani si astengano più della media), per cui dobbiamo considerare sull’attuale corpo elettorale votante un presumibile 2% in meno sui risultati delle politiche. E dato che è presumibile che gli elettori defunti si siano divisi più o meno nella stessa misura fra area del Si ed area del No, il dato non dovrebbe variare percentualmente. C’è però da tener presente cosa faranno i circa 2 milioni di giovani al primo voto. In primo luogo quanti andranno a votare effettivamente (e le nuove generazioni hanno una certa propensione ad astenersi) in secondo luogo come si divideranno. E questa è la prima area di incertezza su cui concentrarsi.

La seconda è quanto elettori che hanno votato nel 2013 si asterranno e quanti astenutio invece andranno a votare. Tradizionalmente la maggiore partecipazione, di solito premia l’area governativa e moderata, ma in questo caso le cose sono un po’ diverse. L’astenuto di disinteresse di solito non modifica il suo atteggiamento nei referendum ed è più facile che torni a votare per nuove elezioni politiche. Vice versa l’astenuto di protesta, quello che non vota perché “fanno tutti schifo”, se torna a votare di solito ha un atteggiamento antigovernativo, per cui, in questo caso, se dovesse esserci un aumento di voto rispetto alle politiche, questo non dovrebbe premiare tanto il Si quanto il No. In ogni caso, giovani ed astenuti sono il principale terreno di scontro.

La battaglia vede in lieve vantaggio il No che gioca in difesa, dovendo prima di tutto consolidare il suo elettorato, mentre il Si, che è sotto risultato di almeno 2 milioni di voti, deve andare all’attacco.

Il Si dovrà centrare la sua campagna sui temi dell’attivismo del governo, sul “conservatorismo” dei sostenitori del No e sulla riduzione del numero dei parlamentari.

Il No dovrà necessariamente puntare sull’opposizione al governo ed alle sue “Riforme” (job act, art. 18, buona scuola ecc) facendo leva su ogni argomento, compresa l’antipatia personale per Renzi.

Pertanto, le aree di faglia o di incertezza da vigilare sono queste: il Si ha la possibilità di sfondare sull’elettorato Fi giovando sui temi del presidenzialismo, della riduzione dei parlamentari ecc, mentre ha meno probabilità sull’elettorato 5 stelle giocando sull’effetto delusione per Roma e sul solito argomento della riduzione dei parlamentari.

Vice versa, il No può cercare di sfondare sull’elettorato Pd dissidente, mentre meno significative sono le prospettive di sfondamento sul centro.

Bene: è guerra e senza esclusione di colpi, ricordiamolo sempre.

Aldo Giannuli

Questo articolo è stato pubblicato qui

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