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Referendum 17 aprile: votiamo sulle concessioni non sulle trivelle

Il 17 aprile si avvicina e noi ci stiamo precipitando a raccogliere informazioni su temi semisconosciuti, come in un grande ripasso pre esame in cui cediamo volentieri alle consuete semplificazioni pro e contro: voteremo per il Referendum sulle trivelle, che ci porrà solo il seguente quesito (se ne legge in giro un altro semplificato, ma inesistente sulla scheda):
 
«Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita’ 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?»
 
Il percorso che ha portato a questo Referendum è stato ben sintetizzato da Valigia Blu qui e ha un inizio, il Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 cioè il Codice dell’ambiente, e una fine, la Legge 28 dicembre 2015 cioè l’ultima Legge di stabilità, che ha introdotto appunto le parole che il Referendum propone di abrogare. I quesiti referendari originariamente (ottobre 2015) erano sei, ma la Cassazione ha ritenuto che cinque fossero superati dalle modifiche apportate proprio dalla Legge di stabilità 2016 con l’emendamento 16.293 che, approvato il 21 dicembre 2015, ha accolto le richieste contenute in quei cinque quesiti.
 
Perciò non voteremo sull’abolizione delle trivelle e nemmeno sulla possibilità di concedere nuove trivellazioni entro le 12 miglia marittime - argomento risolto dalla Legge di stabilità. E non voteremo sul dibattito tra bufale pro o contro le estrazioni né su chi ha la trivella più lunga, ma solo sulle concessioni esistenti poste entro 12 miglia dalla costa e sulla cancellazione della possibilità che queste vengano prorogate, come scritto nella Legge di stabilità, «per la durata di vita utile del giacimento».
 
Il nocciolo del Referendum sono proprio le proroghe. La Legge di Stabilità (comma 240) infatti ha cancellato le vecchie regole sulla vigenza delle concessioni, stabilendo che esse non possano essere prorogate oltre i normali 30 anni. Al contempo però ha introdotto la novità che il titolo valga fino a esaurimento del giacimento (comma 239), creando di fatto un contrasto che il Referendum si propone di sciogliere.
 
Con una vittoria del "Sì", perciò, le compagnie petrolifere non potranno più prorogare le concessioni esistenti, a meno che non ne abbiano fatto richiesta prima del dicembre 2015, il che significa anche l’abbandono di evenutali ampliamenti di pozzi esistenti.
 
In caso di vittoria del "NO", invece, la situazione oscillerebbe sul contrasto normativo di cui sopra: le compagnie petrolifere potrebbero richiedere il rinnovo della concessione finché il giacimento è vivo (comma 239), ma gli enti locali potrebbero far ricorso in base alle nuove regole sulla vigenza (comma 240), continuando la “tradizionale conflittualità” finora concessa dall’art. 117 del Titolo V della Costituzione e dalle materie cosiddette “concorrenti” tra Stato e Regioni.
 
Premesso che ogni concessione può comprendere più strutture (pozzi, piattaforme ecc...: sono 92 offshore) e prendendo a riferimento solo quelle effettivamente produttive, quali sono le concessioni coinvolte? Sono 22 e le loro strutture sono elencate sotto il nome di “piattaforme di produzione eroganti” sul sito dell’Ufficio nazionale minerario del Mise.
 
 
Come si vede, le piattaforme che ci interessano (Agostino, Amelia, Anemone ecc...) sono legate dallo stesso nome e dal bollino verde e quelle che fanno parte della stessa concessione hanno ovviamente lo stesso codice. Le 22 concessioni sono: A.C 3.AS - A.C 2.AS - A.C 8.ME - A.C 27.EA - A.C 30.EA - A.C 5.AV - A.C 4.AS - A.C 29.EA - CERVIA MARE - A.C 1.AG - A.C 21.AG - A.C 26.EA - A.C 17.AG (Emilia Romagna), B.C 3.AS - B.C 5.AS (Marche), D.C 1.AG (Calabria), C.C 1.AG - C.C 3.AG - C.C 6.EO (Sicilia), B.C 8.LF - B.C 1.LF - B.C 7.LF (Abruzzo). Tra queste solamente 5 prevedono anche l’estrazione di olio greggio (di cui solo una se ne occupa esclusivamente), mentre tutte le altre estraggono gas naturale o gasolina. I titolari sono in gran parte Eni (12) ed Edison (4), che in alcuni casi sono co-titolari (4), della controllata Eni Ionica Gas (1) e Adriatica Idrocarburi (1).
 
Quando scadono? Molte di queste concessioni risalgono agli anni Settanta e stanno esaurendo la loro terza proroga. Altre invece, più “giovani”, sono alla seconda, altre ancora alla prima, il che rende frastagliato il fronte delle scadenze. Se vincesse il "Sì", potrebbero essere prorogate solo quelle per cui si è già fatta istanza di proroga (sono in tutto sei), mentre le altre cesserebbero le loro attività al termine dell’attuale validità del titolo; in 13 chiuderebbero nel lustro compreso tra il 2020 e il 2025, in 6 prima del 2020 e in 4 dopo il 2025.
 
Quanto producono? Prendendo in esame la più consistente di gas naturale, secondo i dati riportati dal Ministero dello sviluppo economico nel 2015 la produzione di queste 22 (in realtà 21 perché Rospo Mare in Abruzzo estrae solo olio greggio) è stata di 1.552.526.104 metri cubi e rappresenta il 22, 5% di tutta la produzione nazionale (6.877.023.798 metri cubi) nonché il 34% del totale di 4.525.837.702 metri cubi estratti in mare; ha rappresentato invece il 2,3% del gas consumato dagli italiani nel 2015 (quasi 67 miliardi di metri cubi). Per quanto riguarda invece il petrolio le cinque concessioni interessate da questo Referendum hanno prodotto lo scorso anno 542.880.883 kg di olio, rappresentando il 9% della produzione nazionale e il 72% di quella offshore.
 
Non c’è un modo certo per sapere quanto i giacimenti possano ancora produrre. Ma possiamo verificare l’andamento della produzione di ogni singolo pozzo e di ogni singola concessione. La più produttiva è Hera Lacinia, in scadenza a luglio 2018, a largo delle coste crotonesi: nel 2015 ha prodotto 557 milioni di metri cubi (cioè l’8% della produzione nazionale) dimezzando le estrazioni dal 2004 a oggi, ma mantenendole in calo stabile negli ultimi 5 anni. Se si sceglie di scendere nei dettagli, e si prende in esame caso per caso, ci s’imbatte ovviamente nei temi che sono stati - e che saranno - alla base dei ricorsi degli enti locali contro lo Stato: a meno di non girare l’Italia di qui fino al 17 aprile, l’impatto ambientale di una struttura è verificabile solo dalle persone che ci vivono di fronte.
 
Ed esistono i problemi legati ai costi, alla subsidenza, ai rischi, al turismo o ancora alla politica e ai naturali interessi delle lobby; ma questi temi possono solo essere argomentazioni nel dibattito sul referendum, sicuramente non possono essere il centro del dibattito, sicuramente non sono l’oggetto del referendum.
 
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