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 Home page > Attualità > Politica > Colpire l’informazione libera ai tempi di Re Silvio I

Colpire l’informazione libera ai tempi di Re Silvio I

Non passa giorno che non si vedano, da parte del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, nuovi attacchi alle libertà dei cittadini. Ora sotto tiro è rimasto quel minimo di possibilità di informarsi da fonti diverse dei suoi servili e scondizolanti cagnolini. E così: inserimento di Giovanni Minoli (una persona di sua fiducia) al TG3; sostituire con un suo uomo il direttore di SIPRA, la concessionaria pubblicitaria della RAI, in modo da poter dosare i budget di ogni singola rete RAI; Tarek Ben Ammar, socio storico di Berlusconi, che sta avanzando offerte di acquisto per La7 (con la legge Gasparri sono caduti i limiti che imponevano la legge Mammì di tre reti, che già la Corte Costituzionale aveva detto essere troppe); altri suoi prestanome stanno tentando di comprare il quotidiano spagnolo “El Pais“.

Poi negli ultimi giorni quelle che sono state chiamate le “querele” contro l’Unità e Repubblica. Il termina “querela” è sbagliato in questo caso (anche io l’ho usato impropriamente, e sapevo che era un uso improprio, ma non c’era modo di dare la spiegazione tecnica). Infatti si tratta di atti di citazione per danni in sede civile, e non di querele per diffamazione. Tra i due tipi di atti c’è una differenza fondamentale. Se io presento querela per diffamazione, c’è un processo penale, durante il quale il giudice deve accertare innanzitutto che l’imputato abbia detto qualcosa di falso; poi che ci fosse l’intento diffamatorio. Ma se il giornalista dimostra che il fatto oggetto della querela è vero, viene assolto e il processo è chiuso. Invece nell’atto di citazione per danni, DIRE IL VERO NON E’ UNA ESIMENTE. A prima vista può essere assurdo, ma è così. Il Giudice civile deve solo valutare se, il fatto che i giornalisti abbiano scritto una certa cosa, abbia creato o no danni al denunciante. Per cui io posso scrivere che Totò Riina è mafioso; se lui mi denuncia e il giudice riconosce che il danno c’è stato, io devo risarcirlo.

Per questo, l’atto di citazione per danni è da sempre il mezzo che usano i politici e i grossi imprenditori, per colpire i giornali che raccontano fatti sgraditi, ma veri. Ma mai nessuno ha chiesto cifre così esorbitanti: un milione di euro per Repubblica, 2 per l’Unità (tra l’altro in difficoltà economiche, quindi questa causa potrebbe darle il colpo di grazia); 200 mila euro a testa le 5 giornaliste che se ne sono occupate. E anche questo è una cosa da considerare, perchè questi atti di citazione contengono una serie di avvertimenti che non esito a definire “di stampo mafioso”. Vediamo attentamente i 3 casi.

La Repubblica è stata denunciata per le 10 domande fatte a Berlusconi e a cui Berlusconi non ha mai risposto. Ma come si fa a reputare diffamatoria una domanda? Può esserlo una domanda retorica, perchè prevede già una risposta; possono esserlo certe domande lunghissime, con numerose premesse, magari false o truccate; ma non è questo il caso. Chi le ha lette sul sito de “La Repubblica” (e se non l’avete fatto, vi invito ad andarci), si può rendere conto che sono domande fastidiose, ma aperte. Per esempio: “Sua moglie dice che lei è malato. Quali sono le sue condizioni di salute?”. Quale diffamazione c’è in questa domanda? Nella lettera di Veronica Lario, scritta subito dopo l’inizio del Noemi-gate, c’è scritto che secondo la signora il marito è malato e va con le minorenni. Visto che è stato verificato che andava con Noemi Letizia e con la sua amica Roberta quando entrambe erano minorenni, cosa c’è di diffamatorio nel chiedere una conferma? Non si sa. Ma intanto si stabilisce un principio, l’avvertimento mafioso di cui sopra: “Non fate domande sgradite, altrimenti vengo a chiedervi cifre esorbitanti”.

Passiamo all’Unità. Qui sono state presentate due diverse denunce, per due numeri diversi del giornale, considerati diffamatori e chiedendo per ciascuno un milione di euro. Ora, nessun quotidiano è monotematico. Comunque si parla di argomenti diversi: politica, cronaca, esteri, economia, magari sport. Come può essere denunciato un intero numero? Semplice, perchè anche qua c’è la minaccia: “Non date fastidio, altrimenti vi presento una richiesta di risarcimento da un milione di euro al giorno”. Ed è chiaro che sarebbe un ritmo che nessuno potrebbe sostenere. Men che meno un giornale che non ha un grande bacino di utenza e quindi, economicamente, ha una posizione un po’ traballante.

Punto 3, la richiesta di risarcimento alle 5 giornaliste dell’Unità: 200 mila euro alla direttrice Concita De Gregorio e 200 mila a testa alle altre. Si tratta di cifre enormi, anche per una giornalista comunque di qualità e di fama come la De Gregorio. Ed anche qui c’è il messaggio: “Non mettetemi i bastoni tra le ruote, altrimenti vi mando sotto i ponti”. Nel frattempo, affida ai mezzi di informazione in suo possesso o su cui ha pieno controllo l’incarico di aggredire chi non può essere colpito così. Una simile richiesta contro l’Avvenire sarebbe problematica, e quindi contro di lui si è scatenato Feltri, con dei pezzi dove mischia verità (il decreto penale contro il direttore Boffo) con bugie (i rapporti omosessuali dello stesso Boffo) per cercare di screditare il giornale e quindi i pezzi di critica all’operato al governo Berlusconi pubblicati dal quotidiano della Santa Sede.

Ora, un attacco così ad ampio raggio all’informazione, comprensivo di minacce implicite ai giornalisti e meno implicite agli editori e ai direttori dei giornali; a poche settimane dalla definitiva approvazione della legge sulle intercettazioni che proibirà ai giornalisti di occuparsi di cronaca giudiziaria, pena multe stratosferiche; mentre si stanno discutendo in Parlamento numerosi provvedimenti che, con la scusa di proteggere la privacy o di ridurre la pedopornografia via web, promettono censure e limitazione alla navigazione via Internet, denotano un vero e proprio piano, ben preciso, per impedire che la gente sappia cosa succede. Ed è quello che succede laddove ci sono i dittatori. Succede in Cina, in Myanmar, in Russia; in Italia succedeva durante il fascismo. E fa paura pensare che sta accadendo anche oggi.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.179) 5 settembre 2009 19:25

    Dopo i successi estivi dei "Disinformati" arriva in autunno dalla VSXO (vale solo per oggi) il nuovo reality "La PENN-isola degli ottimisti". Hanno partecipato alle selezioni gli imprenditori svenati, gli opinionisti smascherati, i disoccupati in itinere ed i precari immolati che davano ancora segnali di ottimismo cronico. Vivranno nella "area 20%" di capanne ampliate dagli aborigeni. Cacceranno i "tremonti bonds" mimetizzati tra i caveaux ed i "tickets badanti" spintaneamente rilasciati da anziani del villaggio. Il vincitore della prova settimanale avrà lo "scudo fiscale" per passare 24 ore in un club paradisiaco (Capitalist). Chi verrà nominato "imputato" potrà tentare il ripescaggio finale aspettando sulla "pala-cella" (3x2) abitata da 5 coatti. E’ d’obbligo soffrire per divertire (gli altri). Non è consentito il ritiro o la fuga, neppure per "crisi" globale. Premio finale: 12 schedine (preconfezionate) da giocare al Superenalotto. ... altre indiscrezioni disinformate => http://forum.wineuropa,it

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