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Rapporto Migrantes: i decreti sicurezza demoliscono il sistema di accoglienza

Per il terzo anno consecutivo la Fondazione Migrantes presenta un rapporto sul mondo dei richiedenti asilo e dei rifugiati con l’obiettivo di promuovere e mantenere alta l’attenzione sul diritto alla protezione internazionale.

 Il “Rapporto 2019. Il diritto d’asilo. Non si tratta solo di migranti. L’Italia che resiste, l’Italia che accoglie” è articolato in tre macrosezioni:

  • la prima riguarda il ruolo dell’Europa ricostruendo il quadro delle guerre, delle situazioni di tensione, degli attentati terroristici e di violazione dei diritti umani, insieme alla ricostruzione delle rotte principali percorse da chi cerca di entrare e chiedere asilo nell’UE
  • la seconda approfondisce il rapporto tra Italia ed Europa analizzando i rapporti internazionali in particolare con la Libia e il Niger
  • la terza parte riguarda le conseguenze dei Decreti Sicurezza nel nostro Paese

In relazione a questa terza parte sono tante le criticità evidenziate dal Rapporto e dovute all’introduzione dei due Decreti sicurezza, si parla di “vera e propria demolizione del sistema nazionale di accoglienza”. In particolare, la trasformazione degli Sprar in Siproimi viene definita “Truffa delle Etichette” a causa “dell’eliminazione del sistema di accoglienza ordinario a favore di un sistema di accoglienza di natura esclusivamente straordinaria la cui gestione è affidata in via esclusiva allo Stato attraverso i CAS”.

Per capirne di più Stranieriincampania ha incontrato la curatrice del Rapporto 2019 Chiara Marchetti, docente dell’Università degli Studi di Milano e operatrice Ciak Onlus, durante la presentazione avvenuta presso la sede dell’Università degli Studi di Napoli L’Orientale.

Benvenuta su Stranieriincampania, cosa ci dice di nuovo il Rapporto rispetto agli anni precedenti?

Il Rapporto 2019 mette in evidenza le ricadute relative all’introduzione della Legge 132, il Decreto Immigrazione e Sicurezza, e quindi fotografa quali sono le principale conseguenze. In sintesi potremmo dire che da un lato ci sono meno arrivi, e questo ha a che fare non solo con le modifiche normative ma anche con un più complesso sistema di esclusione, di impossibilità di arrivare in Italia e in Europa, per la famosa politica dei porti chiusi che ha portato al dato più basso in assoluto degli ultimi dieci anni e cioè meno di 10mila persone migranti che riescono ad arrivare via mare nel 2019. A questo si collega uno smantellamento del sistema di accoglienza, nel 2019 si configura un sistema in cui i richiedenti asilo perdono gran parte dei loro diritti perché il sistema di accoglienza a loro dedicato è considerato straordinario nonostante sia diventato ormai ordinario. Hanno servizi minimi e una forma di accoglienza che, sintetizzando, potremmo dire che crea un parcheggio, cioè dove non possono fare niente, restano chiusi in grandi centri e questo crea conseguenze negative. Il terzo aspetto da sottolineare è che, con l’abrogazione della protezione umanitaria, anche la possibilità dei richiedenti asilo di ottenere una qualche forma di protezione si è ridotta al minimo. Siamo arrivati ad un tasso di dinieghi superiori all’80%, mentre negli anni precedenti eravamo ad un massimo del 40%. Questo non fa che creare situazioni molto gravi per i richiedenti asilo ma anche per i territori, perché questo vuol dire un numero di persone che poi restano concretamente sugli stessi territori in condizioni di irregolarità e di assenza di diritti, quindi più soggette all’esclusione, alla ricattabilità e allo sfruttamento da parte della criminalità organizzata.

Quali sono le conseguenze della trasformazione degli Sprar in Siproimi?

Nel Rapporto si parla proprio di truffa delle etichette, perché sembra che sia solo una trasformazione terminologica mentre il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati non è assolutamente paragonabile a quello degli attuali Siproimi. Il sistema precedente degli Sprar era, innanzitutto, un sistema unico e questo vuol dire che i richiedenti asilo e rifugiati potevano percorrere all’interno dello stesso progetto tutte le fasi del percorso di integrazione, ottenendo un maggiore radicamento, una incrementalità dei loro percorsi e, soprattutto, un inserimento nell’accoglienza integrata e diffusa a contatto con il territorio sin dalle prime fasi di arrivo in Italia. Nei Siproimi non è più così, possono arrivare solo persone che hanno già ottenuto la protezione internazionale, oltre naturalmente a minori. E l’altra particolarità è che, avendo separato questi due sistemi, nei Cas, cioè i Centri di accoglienza straordinaria, si perde la componente di radicamento del welfare territoriale nel sistema pubblico perché si conferma come un rapporto bilaterale tra la prefettura e gli enti privati. Questo comporta una riduzione delle risorse e dei servizi all’interno del sistema di welfare pubblico. 

Tutto questo che conseguenze sta avendo sulle persone?

Sin da subito ha comportato delle conseguenze molto gravi, sia perché nella riforma complessiva non sono più solo i richiedenti asilo a poter entrare nello Sprar, ma anche le altre forme di protezione, diciamo così, aggiuntive che sono state inventate con i decreti sicurezza. Vuol dire che c’è un numero più elevato di persone che non accede a nessuna forma di accoglienza, come gli umanitari, e di persone che accedono a forme di accoglienza ridotte. Quindi c’è un peggioramento delle condizione per i migranti e per i rifugiati, anche perché i tipi di servizi sono molto più sviliti. Così anche per il più “fortunato” che entra nel sistema di accoglienza Siproimi, il fatto di aver attraversato un periodo molto lungo in assenza di servizi e di diritti rende quasi ridicolo il periodo di sei mesi che dovrebbe trascorrere all’interno del Siproimi e che dovrebbe completare, da zero a cento, il suo percorso di integrazione. Tutto questo ha riflessi negativi anche nella società perché aumenta la marginalità sociale delle persone che o non entrano o restano con pochi servizi.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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