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Ramadan al tempo del distanziamento sociale: intervista a Eugenio Mastrovito (Moschea di Battipaglia)

La scorsa settimana è cominciato il Ramadan. Il mese del digiuno interessa circa un milione e mezzo di fedeli in Italia, circa il 28 per cento della popolazione migrante più una minoranza (si parla di un numero tra i 50 e gli 80 mila) di italiani convertiti. In Campania i fedeli musulmani sono circa 55.000.

Nonostante il numero importante, i fedeli islamici in Italia hanno a disposizione solo 10 moschee “ufficiali”, ovvero edifici di culto costruiti appositamente per esercitare il diritto costituzionale a professare la propria fede. La prima moschea è stata inaugurata a Catania nel 1980, l’ultima nel 2017 a Forlì.

Il Ramadan, è uno dei cinque pilastri dell’Islam, insieme alla professione di fede (shahāda), alla preghiera (salāt), alla elemosina (zakāt) e al pellegrinaggio alla Mecca (ḥajj): si tratta del periodo in cui al profeta Mohamed è stato rivelato il testo sacro per la prima volta. Durante questo mese i fedeli devono digiunare e astenersi dal bere dall’alba al tramonto. È previsto prima dell’alba un pasto chiamato suḥūr, e dopo il tramonto, un secondo pasto chiamato Ifṭār dopo il quale si procede alla lettura del Corano e alle preghiere.

Quello di quest’anno sarà senz’altro un Ramadan diverso dal solito. Forse per la prima volta nella storia, i tradizionali momenti conviviali che chiudono i digiuni quotidiani non potranno tenersi a causa delle restrizioni imposte dalle misure governative per il contenimento della pandemia da Covid-19. Restrizioni che interessano tutti i momenti di preghiera comunitaria.

Con l’avvio della “fase 2”, non è ancora previsto un ritorno alla possibilità di celebrare funzioni religiose (sebbene vi sia stata una apertura sui funerali, cui sarà possibile assistere per un massimo di quindici persone), come già durante tutta la prima fase del lockdown nazionale. La Moschea di Battipaglia aveva deciso per la chiusura già il 6 marzo scorso. Ne avevamo parlato all’epoca con Eugenio Mastrovito, portavoce della Moschea, che abbiamo ricontattato per farci raccontare come la comunità sta vivendo questo Ramadan in tempi di “distanziamento sociale”.

Bentrovato Eugenio, può raccontarci come si sta vivendo la fede in questo periodo di lockdown?

Per molti, la maggior parte di cittadini extracomunitari o comunque non italiani, la Moschea oltre a essere il luogo di fede è un luogo di socializzazione e aggregazione importante. Un posto dove incontrare gli amici, parlare la propria lingua, tessere quelle relazioni che per un cittadino straniero che magari vive lontano dalla propria famiglia sono molto importanti. Con la chiusura, questo non è più possibile ed è una novità certamente pesante da “elaborare”.

Di decreto in decreto, si è giunti al Ramadan. Come si vive l’impossibilità di riunirsi alla fine del digiuno quotidiano? 

Con l’inizio del mese santo di Ramadan è cominciato un momento eccezionale per tutti i fedeli. Oltre l’importanza della Fede, del luogo di culto, del pregare in comunità, nel mese di Ramadan il comunitarismo spirituale è ancora più accentuato: prima con la chiusura del digiuno, l’Ifṭār, e poi con la preghiera congregazionale di Tarāwīḥ che è vissuta durante tutti i giorni del mese. Ci sono poi i pasti organizzati anche per i meno abbienti, a prescindere dalla loro religione. La tradizione del “dono” è sempre valida per l’Islam ma soprattutto in questo periodo è ancora più viva. Ecco quest’anno la dimensione “sociale”, questi momenti, mancheranno ed è sicuramente una novità importante per qualcuno difficile da gestire. Al digiuno spirituale e digiuno fisico si aggiunge anche un “digiuno sociale”, se così si può dire. 

Molte confessioni religiose in Italia si sono organizzate per la celebrazione online di alcune funzioni religiose. La sua Moschea o la comunità islamica ha fatto altrettanto?

La Comunità islamica italiana, nelle sue varie ramificazioni, organizza quotidianamente momenti di incontro sui social. Nello specifico a Battipaglia, come in altre realtà più piccole, ci appoggiamo a canali più importanti che riproducono quotidianamente incontri per parlare della lettura del Corano e di temi sociali. L’unica cosa che non può essere replicata è la preghiera, che è comunitaria, si fa insieme uno accanto all’altro. Le nuove tecnologie però aiutano molto ad accorciare quelle distanze, ovviamente la relazione umana è insostituibile però aiutano.

Cosa pensa delle richieste, giunte da più comunità, di ricominciare a celebrare funzioni?

Credo che certe direttive debba darle lo Stato. Ovviamente rispetto tutte le sensibilità, però credo che certe spinte siano fuori luogo in questo momento. Soprattutto quando si chiede a tutti di sacrificare le proprie libertà, le abitudini, il lavoro, credo sia fondamentale seguire le indicazioni. In più, dal punto di vista di una piccola comunità come la nostra – piccoli locali, dove abbiamo difficoltà a pagare gli affitti e le spese – queste fughe in avanti rischiano di obbligarci a dotarci di dispositivi che non possiamo permetterci. Ma chi può sostenere questi costi? La maggior parte delle comunità islamiche è nelle stesse condizioni e anche i dirigenti nazionali delle nostre organizzazioni dovrebbero saperlo. 

Mi sembrerebbe quasi più una questione politica che di fede. 

Che tira in ballo la libertà religiosa…

La libertà di religione è una cosa seria. Chiediamolo a chi è perseguitato in paesi che la negano. In questo caso non è negata nessuna libertà religiosa. Da cittadino italiano mi sembra assurdo che per qualche settimana di limitazioni si parli di attacco alla libertà religiosa. 

Soprattutto se si considera che in Italia ci sono comunità cui mancano luoghi di culto veri e proprio.

Certo, noi spesso non abbiamo neanche aree cimiteriali. In questi mesi sono morti tantissimi cittadini musulmani, soprattutto nel nord Italia. I comuni hanno acconsentito alle richieste delle associazioni e dei famigliari e hanno organizzato degli spazi cimiteriali ad hoc. Fino ad oggi non era possibile perché era un terreno di scontro politico, così come costruire una nuova Moschea.

Può aggiornarci sulle iniziative di solidarietà legate all’emergenza Covid-19?

Abbiamo aderito inizialmente alla campagna nazionale dell’UCOII, Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia, per la raccolta fondi per la Protezione Civile nazionale. Dopodiché la comunità di Battipaglia, Bellizzi e Eboli si è impegnata prima nell’appoggiare la campagna dell’Avis sulle donazioni di sangue, che in una prima fase dell’emergenza scarseggiavano, poi per una raccolta fondi per la Protezione Civile e l’Ospedale di Battipaglia. Stiamo raccogliendo le offerte con dei salvadanai posti in varie macellerie della zona che poi consegneremo a fine Ramadan. Un gesto importante da parte di una comunità composta spesso da lavoratori non specializzati e in notevoli difficoltà economiche ma che mantengono vivo un sentimento di solidarietà che non deve mai mancare. 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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