Racconti dal terremoto: 3 storie di dottori-clown

Tre dottori-clown (tra tanti) sono partiti per l’Abruzzo dal 20 al 25 Aprile e hanno lavorato nei campi di Palombaia di Sassa e di Pianola. Queste riportate sono le impressioni e le emozioni che il Dottor Nuvola,
Un abbraccio fortissimo e grazie del vostro appoggio
Non so spiegare ma è come se tutto questo fosse un grande enorme regalo e guardo i muri di casa mia e piango, vorrei quasi non averli, so che è ridicolo e stupido ma mi sento profondamente terremotato nell’anima e non riesco a pensare che se mi manca qualcosa io posso andare a comprarla in un negozio, vi giuro che è una sensazione mai provata, abbiamo dormito per terra tutta la settimana, noi non avevamo le brande e io avevo un sacco a pelo leggero, ho dormito con quattro coperte di lana sopra, il pigiama, la tuta, il collo alto di lana, i calzini di lana e il cappello, poi dopo tre giorni ho trovato un piccolo materasso da palestra e un cuscino, un grande regalo vi giuro che avere queste due cose era importante davvero, mai avevo dato così importanza a cose del genere.
E davanti scorrono le immagini di Antonella e Gianfranco coi loro figli che sistemano gli aiuti umanitari e hanno ancora la forza di ridere e sperare, loro che dormono davanti alla loro casa crollata e inagibile, ce l’hanno sempre davanti agli occhi, ogni mattina, ogni sera, tutti i pomeriggi e vanno avanti, gli occhi di Palmina che dentro la tenda segue le cure segnate da noi clown ossia svegliarsi e dare 10 bacetti alle nipoti, fare due sorrisi e poi prendersi tutti per mano e urlare sette volte al giorno “Chissenefrega” e loro che lo fanno ridendo, l’umanità di Fiorella, maestra senza scuola con tutta la famiglia viva ma messa malissimo che prova a riprendere le sue lezioni nonostante tutto, il grazie di una che neanche so come si chiama che mi ringrazia per un gesto da poco come regalargli le mie ciabatte da doccia per suo marito, gli occhi e la flemma di Sergio col suo cane Ciro di 14 anni che stanno nella scuola e stanno sempre insieme, appena Sergio si allontana un minuto Ciro piange finché non lo rivede e io che lo accarezzo ma serve a poco, lui continua a piangere, Sergio che fa il caffè in continuazione per tutti e sogna un termos per mantenerlo caldo e noi che ci mettiamo tre giorni per trovarlo e a casa ne ho tre che non uso, fa il caffè a qualsiasi ora per sollevare gli animi, lui che non ha più niente e fa il caffè, fa il caffè, anche alle tre di notte fa il caffè perché per le continue scosse non riesce a dormire, Sergio che viveva solo con il cane e non l’ha voluto lasciare un minuto; un altro signore accanto a lui col suo cane Moschino, un piccolo barboncino, che tiene sempre in collo, una signora che impazzisce di dolore perché il suo gatto non lo cura nessuno e lui ha la diarrea e noi clown che cerchiamo di trovargli un veterinario, e alla fine lo troviamo, tanti anziani e non che parlano con noi, ci accolgono nelle loro tende, ci salutano, si scusano che non hanno niente da offrirci, e in contrapposizione i politici che fanno campagna elettorale su queste persone, fa venire mal di stomaco vedere queste cose, persone fiere soprattutto che per fargli dire cosa gli serve dobbiamo fare scenette clown sennò non chiedono nulla, persone che si rubano le tende della protezione civile perché si vogliono montare un campo vicino a casa e riescono a vincere loro e si fanno il campo dove gli pare, resistendo, combattendo, gente che neanche vi immaginate la bellezza che hanno, a me ha stupito moltissimo, stamani vorrei tornare là, qua mi sento a disagio, so che così non è ma la pancia prende il sopravvento sul cervello e piango perché sto qua e non là con loro.
Il lavoro è più facile di quello che immaginate, tutti amano i clown che vanno a trovarli, che girano tra le tende, un vecchietto in carrozzina si fa portare a giro da me per il campo suonando il mio pollo di gomma e urlando ’permesso’ e ride per le bolle di sapone che un bambino fa davanti a noi via via che passiamo, a uno scout chiedo se ha un rosario per una signora che ha perso il suo e lui le regala il SUO rosario, che era un regalo da Assisi, e la signora mi chiede di metterlo alla catenina al collo insieme alla fede di suo marito e se lo bacia e lo fa vedere a tutti, e ci ringrazia, io regalo allora allo scout un colino da tè a molla per ringraziarlo del gesto meraviglioso, glielo appunto al fazzoletto e lui va a giro col colino da tè come se fosse una reliquia, piccoli gesti che fanno tanto davvero, vi giuro.
Sono tornato senza pigiama, senza tuta e senza ciabatte e vi giuro che mai ho regalato cose del genere sentendo una gioia incredibile solo per il fatto che qualcuno le ha volute accettare, facciamo i clown tutto il giorno, scarichiamo camion di aiuti nelle pause, ma noi avevamo anche un cesso vero ed eravamo privilegiati su settemila sfollati insieme a pochi altri terremotati che ne usufruivano insieme a noi, un bagno, un bidet là adesso è un lusso, vi assicuro che è strano proprio. Con Antonella ci siamo trovati a razzolare negli scatoloni di aiuti e a urlare: "e vai ho trovato una tuta, e vai ho trovato un cappello”, poi ci guardiamo e ridiamo per quanto è assurdo tutto questo, mai nella nostra vita pensavamo di trovarci così, Sergio che aveva preparato le cartoline per la Pasqua per la chiesa con la fotografia dall’archivio storico dell’Aquila dove si vedono delle persone sui ciuchi che fanno l’elemosina a una povera donna tutta vestita di stracci e la frase scritta sotto dice: "Caritàcontadina” e lui la attacca in bacheca e dice: "adesso l’elemosina la fanno a noi, mettiamola qua per ricordarselo sempre”. Non so cosa altro scrivere e non so se si capisce tutto, non riesco a usare la punteggiatura giusta, butto tutto giù di getto, così come capita, così come viene, ho regalato parte del mio bagaglio clown e in cambio ho preso dei pezzi di macerie, resteranno con me per sempre o li regalerò a qualcuno raccontando questa storia, ancora non lo so ma so solo che appena mi riprendo dovrò tornare in Abruzzo, riabbracciare quelle persone e sentirmi di nuovo terremotato, ho la necessità di sentirmi terremotato, non potete capire quanto male fa vedere dei muri interi, senza crepe, avere comodità, spero solo di riabituarmi presto, per adesso piango e basta, non so fare altro, ciao a tutti.
3. Carissimiamiciclauni, dopo aver letto le parole di Nuvola non ho molto da aggiungere. Il senso di vuoto, di disorientamento e anche di colpa che mi hanno colto tornando a casa sono incomprensibili."Sei di sera, partiamo dall’Aquila, raggiungiamo Roma. Facciamo il cambio auto e partiamo per Firenze. Mi addormento e mi sveglio all’autogrill: scelgo e compro un panino. SCELGO E COMPRO UN PANINO. Disorientamento."
"Una di notte, arrivo a casa, mi preparo per dormire. Vado in bagno, mi lavo la faccia, infilo il pigiama, entro nel letto, appoggio gli occhiali sul comodino. VADO IN BAGNO, MI LAVO LA FACCIA, INFILO IL PIGIAMA, ENTRO NEL LETTO, APPOGGIO GLI OCCHIALI SUL COMODINO. Colpa."
In questo momento non so che cosa ci faccio qui, non vorrei essere qui, non vorrei avere davanti un computer e addosso un paio di jeans. Vorrei solo un camice colorato, un naso rosso e delle tende blu.
E’ calzante ciò che ha scritto Nuvola, abbiamo bisogno di sentirci terremotati.
Non so se son riuscita bene a rendere l’idea e so di esser stata come sempre retorica e pedante; non riesco ancora a riordinare le idee, a dare un filo logico alle sensazioni. Racconto mal volentieri la mia esperienza perché esprimerla a parole mi sembra inutile. Chi mi chiede di parlarne assiste ad un’esondazione di parole sconnesse, aneddoti, impressioni, tecnicismi frammentari... macerie d’anima.
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