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Questo stato in cui nonostante Ilva, intercettazioni e scandali la politica non ha mai colpe

In questo stato succede che un'azienda inquini per anni il suo territorio, causando decine di morti, ma nonostante lo sappiano tutti, va avanti lo stesso. Finché non è la magistratura (non la politica, non l'impresa, non Confindustria) a mettere i sigilli, prendendosi così responsabilità non sue, sul danno sociale per i posti di lavoro chiusi.

In questo stato succede che l'inchiesta sulla trattativa, la successiva richiesta di rinvio a giudizio di un pezzo dello stato susciti quasi irritazione. Non indignazione. Come irritazione suscitata dalle richieste di chiarimento tra alcune telefonate tra un indagato e il consigliere del presidente.

Lo scandalo è la richiesta di chiarimento tra le telefonate, non le telefonate. Eversore è chi chiede conto al potere politico, non chi nelle istituzioni ha trattenuto (secondo l'accusa dei pm) rapporti con la mafia.

In questo stato succede che suscitino scandalo le parole di un magistrato che condanna i "sepolcri imbiancati", gli uomini dello stato collusi con la mafia. Questo magistrato è incompatibile, per questo stato, non la trattativa o la mafia.


 

 

Succede in questo stato che una morte del consigliere politico del Quirinale, che pure è un vento comunque tragico, venga strumentalizzata per ribattere a chi si è permesso di criticare.

Succede in questo stato che la politica non riesce mai ad assumersi le sue responsabilità, per i propri errori, per le proprie incapacità. Non solo per le promesse non mantenute: dalla legge elettorale, ai tagli ai costi della politica.

Succede in questo stato che nessuno si dimette, come succede all'estero: "Sono innocente e mi dimetto per dimostrarlo". No, in questo stato, al limite, si lascia la tessera di partito, ma non il posto. Ma non era noioso avere il posto fisso?

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