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Quello che non ho - il monologo sul lavoro

Il nome del programma è cambiato, ma il format e i conduttori sono gli stessi: quelli che hanno portato al successo della trasmissione l'anno scorso e di cui la Rai ha deciso di fare a meno (in favore di qualche fiction nazionalpopolare, di qualche pacco e paccottiglia).

Dagli elenchi di parole, alle parole scelte per indicare il presente, quello che c'è e che non vorremmo vedere più e quello che non vediamo più e vorremmo avere ancora.

Favino, che a breve diventerà padre e che augura alla figlia un mondo fatto di strade, case, nuvole, prosciutto... E Fazio che invece si augura che nel mondo in cui crescerà non si trovino più"Burlesque, faccendiere, escort, spread, briffare, esclusivo, tele-voto, tempistica, padania, movida".

Ma la puntata inizia con Saviano che si toglie un sassolino dalla scarpa: con la parola interloquire. La 'ndrangheta che al nord interloquisce con tutte le forze politiche, lega compresa. Lo dice l'inchiesta che ha coinvolto l'ex tesoriere Belsito, che si era rivolto ai broker del clan De Stefano per investire i soldi.
Forse la Lega, anziché chiedere la puntata ripatoria come fece Maroni, quello che oggi intende vestire i panni del moralizzatore.

Nel suo monologo, Saviano ha parlato delle persone che in questi mesi si tolgono la vita per lavoro: "Lavoro è vita e senza quello esiste solo paura e insicurezza" diceva John Lennon.

Alcune statistiche dicono che non è vero che sono aumentati i suicidi, per lavoro, però è vero che molti di questi casi sono legati alla crisi economica, e sono morti che riguardano tutti. Dal pensionato all'immigrato, ai coniugi che hanno perso il lavoro al portinaio di Napoli. Fino agli imprenditori che si uccidono proprio nella loro azienda, il luogo della loro vita.

Ad essere esposte alla crisi sono aziende che spesso si sono comportate bene: imprese che semplicemente fanno fatica ad essere pagate dallo Stato (che paga a 6 mesi) e da altri privati. E con le banche che chiudono i rubinetti del credito, si trovano in difficoltà.

Saviano ieri sera ha citato uno di questo: Roberto Schiavon, di Padova, che prima di morire ha scritto "non ce la faccio più". Laura Tamiozzo, figlia di un altro imprenditore che non ha resistito alla crisi (per il terrore di non poter pagare lo stipendio ai dipendenti) ha scritto alla figlia di Schiavon per farle coraggio.

"Mi fa rabbia guardare la televisione, ora non si parla che della nave che è affondata, pare non ci siano altri argomenti; sembra che al Governo vivano su un altro pianeta, la Manovra Monti non sarà di certo quella che solleva il paese, la gente è già affossata, aumentano le tasse e per le imprese non c'è alcun aiuto concreto. I consumi sono fermi perché la gente non ha più soldi, le aziende saltano in continuazione, le persone sono senza lavoro, gli stipendi non bastano per arrivare a fine mese. Le banche non prestano più soldi alle aziende, sembrano quasi che il loro scopo sia quello di farti chiudere i battenti. Chissà perché (...).


Ho letto un articolo, una tua intervista, in cui dichiari che avete scritto una lettera a Monti ma non avete avuto alcun riscontro. Che male che fa sentire questo! Purtroppo mi viene da dire: «siamo soli». Stiamo lottando contro i mulini a vento, nessuno ci da retta, a nessuno interessa di noi. Ma noi Flavia ci dobbiamo fare forza, dobbiamo lottare per questo.

Forza Flavia. Un forte abbraccio a te e a tutta la tua famiglia. Con affetto".

Saviano ha poi raccontate delle finanziarie che oggi proprio con la crisi fanno affari, concedendo prestiti che poi nascondono dei casi di usura. Come la Aspide SRL, sempre nel padovano, che aveva come capo un certo signor Crisci, 'o dottore. Usura mascherata, riconducibile a famiglie del clan dei casalesi.

Usura e 'ndrangheta, anche al nord: oggi la ndrangheta può usare la sua liquidità per rilevare le aziende in difficoltà, che stanno fallendo. Come le "Acciaierie del sud", comprata ad una asta fallimentare dalla famiglia Ragosta, o come la Lazzaroni, quella dei biscotti.

Come si può arrestare e individuare il capitale mafioso?
E come può il cittadino, di rivescio, avere fiducia in questo stato che arriva con le cartelle esattoriali?

Saviano ha usato le parole di Calamandrei, al processo in difesa di Danilo Dolci (che trovate qui). Dolci era stato arrestato il 2 febbraio 1956 per aver promosso e capeggiato, insieme con alcuni suoi compagni, una manifestazione di protesta contro le autorità che non avevano provveduto a dar lavoro ai disoccupati della zona: la manifestazione era consistita nell’indurre un certo numero di questi disoccupati a iniziare lavori di sterramento e di assestamento in una vecchia strada comunale abbandonata, detta "trazzera vecchia", nei pressi di Trappeto (provincia di Palermo), allo scopo di dimostrare che non mancavano né la volontà di lavorare né opere socialmente utili da intraprendere in beneficio della comunità. I principali capi di accusa riguardavano la violazione degli articoli 341 (oltraggio a pubblico ufficiale), 415 (istigazione a disobbedire alle leggi), 633 (invasione di terreni) del Codice penale.
Signori Giudici, che cosa vuol dire libertà, che cosa vuol dire democrazia? Vuol dire prima di tutto fiducia del popolo nelle sue leggi: che il popolo senta le leggi dello Stato come le sue leggi, come scaturite dalla sua coscienza, non come imposte dall'alto. Affinché la legalità discenda dai codici nel costume, bisogna che le leggi vengano dal di dentro non dal di fuori: le leggi che il popolo rispetta, perché esso stesso le ha volute così.

Ricordate le parole immortali di Socrate nel carcere di Atene? Parla delle leggi come di persone vive, come di persone di conoscenza. "le nostre leggi, sono le nostre leggi che parlano". Perché le leggi della città possano parlare alle nostre coscienze, bisogna che siano come quelle di Socrate, le " nostre " leggi.
Nelle più perfette democrazie europee, in Inghilterra, in Svizzera, in Scandinavia, il popolo rispetta le leggi perché ne è partecipe e fiero; ogni cittadino le osserva perché sa che tutti le osservano: non c'è una doppia interpretazione della legge, una per i ricchi e una per i poveri!
Ma questa è, appunto, la maledizione secolare che grava sull'Italia: il popolo non ha fiducia nelle leggi perché non è convinto che queste siano le sue leggi. Ha sempre sentito lo Stato con un nemico. Lo Stato rappresenta agli occhi della povera gente la dominazione. Può cambiare il signore che domina, ma la signoria resta: dello straniero, della nobiltà, dei grandi capitalisti, della burocrazia. Finora lo Stato non è mai apparso alla povera gente come lo Stato del popolo.
 
Altro intervento da ricordare, quello di Travaglio su politica e antipolitica:
“Chiamare i caduti sul lavoro ‘morti bianche’ per far sembrare meno morti i morti e meno assassini gli assassini. Dire che è sempre colpa dei governi precedenti, delle due torri, della crisi mondiale, dello tsunami, delle toghe rosse, dell'euro, della Merkel, di Adamo ed Eva. Annunciare le grandi riforme e non farne mai una neanche piccola. Promettere tagli alla casta e poi non farli, però Giuliano Amato ci sta lavorando. Travestire dei banchieri da tecnici e nominarli ministri. Fare un governo di soli tecnici e poi difendere i partiti dall'antipolitica. Far pagare la crisi a pensionati e lavoratori perché banchieri, miliardari ed evasori corrono più veloci e non si fanno prendere. Dire “ce lo chiede l'Europa”, ma se poi l'Europa ci chiede la legge anticorruzione, allora l'Europa si faccia i cazzi suoi. Stare seduti su una montagna di soldi pubblici, deputati, senatori, sindaci, presidenti di regioni e province, assessori, consiglieri, portaborse, consulenti, banche, enti, aziende, autoblu, aerei blu, elicotteri blu, authority, tv, giornali, chiudere porte e finestre del castello, e poi strillare: “Oddio, un Grillo, prendete-lo!”. 
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