Quella manovra Salva Italia che annienta 80.000 precari
Abolizione dei privilegi delle cosiddette caste? No, una scure sui più deboli. L’hanno chiamata “Manovra Salva Italia”, ma di fatto decreterà la morte dei Giornalisti Pubblicisti.
Difficile comprendere il nesso tra il riordino delle disastrate casse dello Stato e la soppressione dell’Elenco Pubblicisti che scatterà il prossimo 13 agosto. Dal giorno successivo, blocco alle nuove iscrizioni e agonia per gli ottantamila che già ne fanno parte.
Nella maggioranza dei casi si tratta di precari sottopagati e sfruttati che avranno come unica possibilità di salvezza quella di poter sostenere l’esame di stato a Roma per transitare nell’elenco dei Giornalisti Professionisti.
Chi ce la farà?
Non i meritevoli, ma gli imparentati con un giornalista affermato, gli amici o galoppini di un influente politico. Per i figli di un Dio minore sarà la fine.
Come spiegato qui (Il Dis..Ordine dei Giornalisti), l’andazzo (che vede in primis l’Ordine dei Giornalisti come responsabile di una insostenibile complicità con gli interessi degli editori di destra e sinistra) è chiaro. Ecco un passo del citato nostro pezzo di alcuni mesi fa:
“Per certi elementi che utilizzano la tastiera del pc su commissione, per delegittimare avversari politici e non del capo, spargere pericolosi germi di odio etnico e religioso, deve scattare la punizione più severa. La misura è colma e tutti i limiti sono stati superati.
L’ordine dei giornalisti, carente nel prendere una posizione decisa che tuteli i precari dagli editori, dal proteggere gli iscritti più deboli non sta facendo una bella figura. Potrebbero testimoniare, in proposito, migliaia di professionisti o pubblicisti che lavorano come sguatteri o che hanno perso il lavoro sotto la più totale indifferenza.
Gli stessi operatori della categoria squattrinati che ricevono ogni anno decine di solleciti con “minaccia” di espulsione per non aver pagato la quota tesserino…”.
Poco importa all’Ordine se i Pubblicisti che materialmente scrivono le pagine dei quotidiani, tengono in piedi la baracca (radio, televisioni, testate telematiche) non operano con un regolare contratto di lavoro che ne riconosca la continuità e il lavoro sotto ordini e coordinamento (i requisiti essenziali per l’assunzione).
Meglio chiudere uno o entrambi gli occhi, intascare i cento euro annuali della tessera e dare carta bianca agli editori: licenza di sfruttare istituzionalizzata.
Figuriamoci se gli stessi editori assumeranno per diciotto mesi gli schiavi pubblicisti come praticanti per dar loro la possibilità di affrontare l’esame per diventare professionisti. Siam pazzi? Gli editori non pagheranno un centesimo perché lo stipendio di un praticante è troppo alto per chi è stato autorizzato a spremere, erogare compensi a riga o ad articolo.
E da agosto chi non sarà riuscito ad accaparrarsi il praticantato, sarà un giornalista abusivo. Poco confortante la nota diffusa dal presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino che, oltre a fare la cronistoria della legge, dichiara:
“Sia chiaro, non so come finirà. So che non accetterò la mortificazione di questa professione con la penalizzazione dei colleghi pubblicisti”.
Che sorte devono attendersi queste professionalità non valorizzate o agevolate da una spintarella? E i contributi da loro versati all’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (Inpgi)? Verranno confiscati per salvare l’Italia?
L’Italia ha bisogno di essere liberata dalle vere caste, dagli enti carrozzoni, dai burocrati inutili. L’Italia ha bisogno di essere liberata dalle menzogne e da chi ancora una volta colpisce gli sfruttati.
Non dai precari.
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