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 Home page > Attualità > Ambiente > Quel sindaco Pd contro le rinnovabili e l’importanza della partecipazione

Quel sindaco Pd contro le rinnovabili e l’importanza della partecipazione

La peggior parzialità è il non pronunciarsi.

La maggior ignoranza è il non fare.

La maggior menzogna è il non esporsi.

Charles Pèguy

L’estate scorsa un sindaco del Pd della Provincia di Livorno disse in seguito all’intervento del responsabile locale di Finmecanica: “Le posizioni mie e del comune che rappresento si allineano in pieno a quanto espresso dal mio collega e amico di Finmeccanica”. Il rappresentante della holding italiana aveva appena parlato di sviluppo e di energia sottolineando la necessità per il paese e il territorio di riavviare un percorso teso alla produzione di energia nucleare trattando le energie rinnovabili come tecnologie utopiche. Fra i temi condivisi dai due spiccava la posizione contraria alla produzione di energia eolica. “Mai nel mio comune finché io sarò sindaco” apostrofava l’amministratore. Quando la stampa locale evidenziò la sorprendente posizione pro nucleare del primo cittadino questi volle fare una smentita. Morale della favola: sembra che i politici possano dire tutto e il contrario di tutto.

La comunicazione può essere anche non verbale e usare codici linguistici non espressamente pronunciati. Si può dire di essere favorevoli a qualcosa anche non dicendolo chiaramente. La psicologia della comunicazione, la comunicazione politica e la scienza della comunicazione in generale offrono una vasta letteratura in merito. A mio modesto parere quando ci si rivolge ai cittadini la non chiarezza è una mancanza di rispetto verso i propri elettori il cui diritto di conoscere le posizioni dei rappresentanti politici dovrebbe essere rispettato, sempre. Tutto questo per dire che la modalità berlusconiana degli spot e delle smentite non appartiene ad una sola parte politica ma è trasversale, come lo è l’attenzione dei parlamentari verso il proprio interesse personale piuttosto che per il bene e l’interesse comune. Non a caso la legge sulla “pensione a vita”  per i parlamentari che hanno lavorato anche un solo giorno di legislatura è stata votata all’unanimità o quasi. Della serie, “c’è crisi, bisogna fare i tagli ma mica a noi stessi, noi abbiamo tanto faticato per arrivare fino qui e ci meritiamo come minimo una pensione a vita”. Privilegio che equivale a diverse migliaia di euro mensili, non certo a cinque o seicento euro come prendono gran parte dei beneficiari di pensioni sociali dopo una vita di lavoro. Se ci trovassimo di fronte a persone disposte a spendersi senza remore per il bene comune sarebbe già meno grave ma è ovvio che non è così neanche nei governi locali. Riappropriamoci della politica e del nostro futuro. Se non ora, dopo sarà troppo tardi. Il referendum è l’ultimo e unico strumento offerto ai cittadini per incidere nelle decisioni. Teniamolo presente e continuiamo ad usarlo, anche a costo di rinunciare ad una vacanza, è il nostro futuro ad essere in gioco.

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