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Quanto conta apparire sexy e seducenti sui social network

Le nuove generazioni sono completamente immerse nel mondo dei social, inseparabili dal proprio cellulare, ma soprattutto costantemente ossessionate dalla smania di offrire la propria immagine al mondo social. 

L’enfasi è posta principalmente sul proprio corpo, dimostrando come la sessualità sia oggi il nucleo della nostra identità. Questo vale soprattutto per le giovani donne, le quali sentono come proprio dovere quello di possedere un bell’aspetto, simboleggiato da un corpo magro e sodo.

Secondo una meta analisi condotta da Klettke e colleghi (2014), su sei diversi studi, un adolescente su dieci (10.2%) si è mostrato su internet in modo sessualmente esplicito distribuendo messaggi di testo o fotografie sessualmente suggestive. Tra le motivazioni che spingono i giovani ad adottare tali comportamenti, la ricompensa sociale è sicuramente una di queste, infatti, la possibilità di ricevere feedback positivi dagli altri (‘’mi piace’’ e commenti sotto le proprie foto), costituisce una delle principali ragioni che porta soprattutto le giovani donne alla pubblicazione di foto sexy e provocanti. Inoltre, questo tentativo di attirare l’attenzione e accrescere la propria autostima pubblicando foto sexy sui social media può essere indicativo delle pressioni culturali che le donne devono affrontare ogni giorno per salvaguardare il proprio aspetto e la propria sessualità.

D’altronde, nelle società occidentali, i mezzi di comunicazione costituiscono senza dubbio i principali strumenti del processo di manipolazione simbolica del corpo femminile. L’oggettivazione del corpo femminile è così pervasiva attraverso i media, da apparire ormai una consuetudine ai nostri occhi. La forma elettiva tramite cui l’oggettivazione si esprime ed esercita è lo sguardo, ma non sempre solo attraverso quello altrui: può infatti essere interiorizzato da chi lo subisce; siamo allora in presenza dell’auto-oggettivazione, una condizione psicologica in cui si assume una prospettiva esterna a sé, in una sorta di sdoppiamento della propria persona, come modo principale attraverso cui percepirsi (Calogero, 2011).

La ricerca attuale ha dimostrato l’esistenza di un legame tra un maggior impegno in rappresentazioni di sé ”sessualizzate” sui social media e una maggiore tendenza all’auto-oggettivazione. Dopo aver condotto dei focus group con studenti universitari su MySpace, Manago, Graham, gli studiosi Green e Salimkhan (2008), hanno concluso che la cultura dell’oggettivazione fa molta pressione sulle giovani donne perché pubblichino foto ”sessualizzate” (ad esempio, foto in cui le donne cercano di sembrare sexy, indossano meno vestiti, ecc.). Coerentemente con tale evidenza, in uno studio condotto da Kapidzic e Herring (2015), circa la metà delle ragazze adolescenti coinvolte, aveva pubblicato sul proprio profilo foto provocanti, dove indossavano abiti rivelatori o erano vestite solo parzialmente su un popolare sito di chat.

Secondo la teoria dell’auto-presentazione (TSS) gli individui sono motivati ad impegnarsi nell’auto-presentazione dal desiderio di trasmettere il loro sé ideale e di compiacere il loro pubblico (Baumeister, 1982). Per le giovani donne che si auto-oggettificano, ritrarre il sé in modi oggettivi sui social media è probabilmente in grado di soddisfare entrambe le motivazioni. Tuttavia, indipendentemente da quanto sia comune pubblicare foto ”sessualizzate” sui social media, questa attività può comportare una serie di conseguenze psicologiche e comportamentali deleterie.

Un fenomeno sempre più frequente in rete è quello del “Body shaming”, (dall’inglese “body”, corpo, e “shame”, vergogna), una forma di bullismo verbale che ha come oggetto l’aspetto fisico delle persone; consiste, infatti, nel lasciare commenti e giudizi negativi sotto le foto pubblicate sui social soprattutto dagli adolescenti. Non si tratta di un fenomeno nuovo ma grazie a internet e ai social network ha raggiunto proporzioni mai viste prima poiché chiunque può diventare vittima/carnefice di questa forma di bullismo con estrema facilità e rapidità.

I social network (ed in generale i media), oltre ad aver facilitato la diffusione del Body shaming, hanno anche contribuito ad alimentare la diffusione di un ideale convenzionale di bellezza fisica perfetto, irrealistico e irraggiungibile. In questo modo, più o meno inconsapevolmente, è stato facile diventare sempre di più dei giudici spietati di noi stessi e degli altri. Il risultato, in ogni caso, è quello di far vergognare la ‘vittima’ del proprio corpo, con il pericolo di spingerla verso conseguenze altamente dannose per la propria salute.

L’impossibilità di raggiungere l’aspetto fisico desiderato può avere effetti drastici sull’umore e la sicurezza di sé, da qui la possibile insorgenza di gravi patologie come la depressione (Grabe et al., 2007), l’adozione di diete a basso contenuto calorico, restrizioni alimentari eccessive, disordini del comportamento alimentare (Moradi et al., 2005).

Una ricerca pubblicata dal ‘The National Center for Biotechnology Information’, dimostra come un regime alimentare sconsiderato può essere associato all’autostima, in particolare a quella degli adolescenti. Anche iniziare una qualsiasi dieta aumenta il rischio di disordini alimentari nelle adolescenti (32%), così come nelle ragazze dai 25 ai 32 anni (27%) e nelle donne dai 33 ai 45 (21%).

Infine, ulteriori studi hanno rivelato che la vergogna e l’insoddisfazione per il corpo possono influenzare, oltre che il benessere psicologico, anche la salute fisica. Lamont (2015), ha condotto due studi separati per esaminare il legame tra la vergogna verso il proprio corpo e la salute fisica. I risultati di questi studi hanno mostrato che la vergogna verso il proprio corpo era associata ad una maggior frequenza di infezioni e sintomi fisici nei soggetti presi in esame, in generale le persone più inclini a vergognarsi del proprio corpo hanno riportato livelli più bassi di salute e benessere fisico.

 

Tutor: Fabiana Salucci

Tirocinante: Cristiana Sardellitti

 

Bibliografia

Bell, B. T., Cassarly, J. A., & Dunbar, L. (2018). Selfie-Objectification: Self-Objectification and Positive Feedback (“Likes”) are Associated with Frequency of Posting Sexually Objectifying Self-Images on Social Media. Body Image, 26, 83-89.

Davis, S. E. (2018). Objectification, Sexualization, and Misrepresentation: Social Media and the College Experience. Social Media + Society, 4, 1-9.

De Vries, D. A., & Peter, J. (2013). Women on display: the effect of portraying the self-online on women’s self-objectification. Computers in Human Behavior, 29, 1483-1489.

Ghaznavi, J., & Laramie T. D. (2015). Bones, body parts, and sex appeal: An analysis of #thinspiration images on popular social media. Body Image, 14, 54-61.

Klettke, B., Hallford, D. J., & Mellor, D. J. (2014). Sexting prevalence and correlates: A systematic literature review. Clinical psychology review, 34, 44-53.

Lamont, J. M. (2015). Trait body shame predicts health outcomes in college women: A longitudinal investigation. Journal of Behavioral Medicine, 38, 998–1008.

Ramsey, L. R., & Horan, A. L. (2016). Picture this: Women’s self-sexualization in photos on social media. Psychology Faculty Publications, 133, 85-90.

Salter, M. (2016). Privates in the online public: Sex(ting) and reputation on social media. New Media And Society, 18, 2723-2739.

Vendemia, M. A., & De Andrea, D. C. (2018). The effects of viewing thin, sexualized selfies on Instagram: Investigating the role of image source and awareness of photo editing practices. Body Image, 27, 118-127.

 

Sitografia

https://www.focus.it/scienza/salute/rischi-da-body-shaming-insulti-social-sulla-forma-fisica-a-1-donna-su-2

https://www.ieled.it/immagine-corporea-e-adolescenza-il-fenomeno-del-body-shaming/

 
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