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Quando muore un estremista religioso

Il reverendo Fred Phelps è morto mercoledì 19 marzo all’età di ottantaquattro anni. Il suo nome dirà poco a molti lettori, ma era un estremista cristiano tra i più noti al mondo. Anzi, era molto più che un estremista, tanto da essere definito “il più grande odiatore statunitense”. E la vicenda sta facendo discutere i gruppi che prendeva di mira: è utile commentare la sua morte? E se sì, comIl re­ve­ren­do Fred Phelps è mor­to mercoledì 19 marzo al­l’e­tà di ot­tan­ta­quat­tro anni. Il suo nome dirà poco a mol­ti let­to­ri, ma era un estre­mi­sta cri­stia­no tra i più noti al mon­do. Anzi, era mol­to più che un estre­mi­sta, tan­to da es­se­re de­fi­ni­to “il più gran­de odia­to­re sta­tu­ni­ten­se”. E la vi­cen­da sta fa­cen­do di­scu­te­re i grup­pi che pren­de­va di mira: è uti­le com­men­ta­re la sua mor­te? E se sì, come?

Fred Phelps era il fon­da­to­re del­la West­bo­ro Bap­ti­st Chur­ch, una pic­co­la con­gre­ga­zio­ne cri­stia­na del Kan­sas nota per le sue pro­te­ste e i suoi pic­chet­tag­gi an­ti-gay. Il pri­mo in as­so­lu­to ebbe luo­go nel 1998, alle ese­quie di un ra­gaz­zo uc­ci­so a cau­sa del­la sua omo­ses­sua­li­tà. In se­gui­to tale at­ti­vi­tà fu este­sa ai fu­ne­ra­li dei sol­da­ti ca­du­ti in Iraq: Phelps e i suoi ac­co­li­ti si pre­sen­ta­va­no con car­tel­li ine­qui­vo­ca­bi­li come “Dio odia i fro­ci”, so­ste­nen­do che l’uc­ci­sio­ne dei mi­li­ta­ri era una pu­ni­zio­ne di­vi­na per la tol­le­ran­za ri­ser­va­ta dal­l’am­mi­ni­stra­zio­ne nei con­fron­ti de­gli omo­ses­sua­li. Ma pic­chet­ta­ro­no an­che i fu­ne­ra­li di Gor­don B. Hin­cl­kley, capo del­la Chie­sa mor­mo­ne, non­ché quel­li di Mi­chael Jack­son, e mi­nac­cia­ro­no di far­lo a quel­li di Ste­ve Jobs. La cura del mar­ke­ting era evi­den­te, ma la pub­bli­ci­tà data dai mass me­dia non fece mai cre­sce­re la di­men­sio­ne del grup­po: è ser­vi­ta sol­tan­to a vei­co­la­re mes­sag­gi omo­fo­bi nel­la po­po­la­zio­ne.Phelps non ha co­mun­que di­men­ti­ca­to le pre­se di po­si­zio­ne an­ti­se­mi­te, an­ti­sla­mi­che, an­ti­cat­to­li­che, an­ti­a­tee. Un mon­do di­vi­so in due, al­l’in­se­gna del peg­gior set­ta­ri­smo. Un au­ten­ti­co grup­po d’o­dio che, però, non è mai sta­to san­zio­na­to dal­la leg­ge, no­no­stan­te le nu­me­ro­se vi­cen­de le­ga­li: le pa­ro­le usa­te da Phelps, ben­ché in­cen­dia­rie, sono sem­pre sta­te le­gal­men­te pro­tet­te dal­la li­ber­tà di espres­sio­ne ga­ran­ti­ta dal Pri­mo emen­da­men­to. Del re­sto, è scrit­to sul­la stes­sa Bib­bia che gli omo­ses­sua­li me­ri­ta­no la mor­te (Lv 20,13) e Phelps era un let­te­ra­li­sta.

Ha avu­to nu­me­ro­si fi­gli, di­ver­si dei qua­li dei qua­li ne han­no pre­se le di­stan­ze. Nate Phelps lo fece 37 anni fa, e due anni fa è in­ter­ve­nu­to alla gran­de ma­ni­fe­sta­zio­ne in­cre­du­la di Wa­shing­ton. Nei gior­ni scor­si ha ri­ve­la­to che, dopo una lot­ta di po­te­re, il pa­dre era sta­to sco­mu­ni­ca­to dal­la sua stes­sa chie­sa. Sen­za pe­ral­tro che que­sta mu­tas­se i me­to­di uti­liz­za­ti. De­fun­to il cari­smatico pa­triar­ca, si spe­ra che la West­bo­ro si spen­ga nel giro di poco tem­po. Ma l’o­mo­fo­bia re­li­gio­sa non mo­ri­rà pur­trop­po con lui.

L’o­dio di Phelps era tale che, sia ne­gli am­bien­ti glb­tiq, sia in quel­li lai­ci, si è di­scus­so se fos­se il caso di pic­chet­ta­re il suo fu­ne­ra­le. Qua­si tut­ti gli in­ter­ve­nu­ti, e lo stes­so fi­glio Nate, han­no so­ste­nu­to che fos­se me­glio la­sciar per­de­re. Come dire: per un cri­stia­no che non ha mai por­to l’al­tra guan­cia, ci sono tan­ti non cri­stia­ni che lo fan­no. Ad ogni buon con­to, il pro­ble­ma non è solo che esi­sta­no per­so­ne pro­fon­da­men­te estre­mi­ste: è anzi ab­ba­stan­za sem­pli­ce di­ven­ta­re estre­mi­sti. Il pro­ble­ma è an­che che è re­la­ti­va­men­te sem­pli­ce se­gui­re lea­der estre­mi­sti e com­pie­re azio­ni estre­me. Il dito in­di­ca spes­so il pa­sto­re, ma lo sguar­do do­vreb­be ab­brac­cia­re an­che il greg­ge che lo se­gue. Vi­ci­no, vi­ci­nis­si­mo.

 

 

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