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Pubblicità: necessità della società...

Fin da piccolo ho nutrito un interesse quasi inspiegabile per gli Spot pubblicitari di tutti i generi e ho sempre attribuito questo aspetto della mia personalità all’influenza della mia maestra elementare che probabilmente colpita dall’aumento dell’invasività della pubblicità nel mondo moderno ci aveva invitati a riflettere su pregi e i difetti di questa pratica sociale.

In realtà ogni pubblicità oltre a comunicarci in maniera più o meno veritiera informazioni su alcune qualità di un prodotto o di un servizio, ci informa innanzitutto su noi stessi e su nostri desideri più veri e profondi. E forse è stato proprio questo aspetto, che ai tempi in cui studiavo Psicologia a Padova mi ha più colpito e condizionato. Infatti la pubblicità ci informa sull’evoluzione della società, sulle diverse tipologia psicologiche e sui desideri più primitivi, nascosti e animaleschi. In realtà non si dovrebbe parlare di tipologie psicologiche poiché ognuno di noi, così come è diverso da tutti fisicamente, lo è psicologicamente, ma facciamo finta che in alcuni casi si possa parlare di persone con i capelli biondi o rossi, o con gli occhi azzurri.

 

Utilizzo le parole di una grande pubblicitaria, Annamaria Testa (che ora fa pure la giornalista e la docente all’Università Bocconi di Milano), per rendere bene l’idea: “La pubblicità non inventa storie e miti: impacchetta l’esistente”. Che può essere appunto la società in generale o una singola tipologia psicologica che “è più predisposta o più portabile” verso un determinato prodotto: pensiamo al classico anello di diamanti per la coppia di fidanzati borghesi e tradizionalisti.

La pubblicità è quindi “un grande specchio che riflette e restituisce ciò che una persona pensa, spera e desidera”. Ed è una cosa molto triste pensare che in moltissimi casi è, quindi, un effetto e non una causa dei cambiamenti della società e “in questo Paese conservatore (l’Italia), superficiale e sempre più ignorante, sbalordirsi perché la pubblicità mostra donne scosciate è ingenuo (A. Testa).

Nel caso delle Pubblicità sociali come la Pubblicità Progresso dovrebbe invece avvenire esattamente il fenomeno opposto e quindi si cerca di veicolare una comunicazione e un’informazione innovativa per migliorare i comportamenti di tutti e avviare così quelle trasformazioni positive che riescono ad aumentare il benessere individuale e quello sociale.

La realtà è che in questa società dell’eccessiva informazione e dell’immagine (e a volte quindi della disinformazione), i comunicatori hanno sempre meno secondi per raggiungere gli obiettivi e quindi utilizzano i luoghi comuni. E se riescono a farlo significa che in parte gli stereotipi esistono.

E’ anche vero che la pubblicità non è più “l’anima del commercio”, ma è diventata “l’anima del consumismo”, o meglio “la dea del materialismo” e cioè colei che crea nuovi desideri e seduce i consumatori spingendoli a sognare e a consumare continuamente oggetti diversi…

Ma il vero problema è questo: “la nostra è una società bloccata, in cui i ruoli decisionali sono in mano a maschi anziani e sono loro a scegliere le campagne pubblicitarie, dato che costituiscono quasi il 100% dei consigli d’amministrazione delle aziende. Ma anche nelle Università, nei giornali, nelle case editrici, i luoghi dove si producono i sistemi di valori e narrazioni, le donne al comando sono poche”. E poi perché non riusciamo a rendere la pubblicità più vicina ad un’opera artistica?

Quindi il mondo della pubblicità è fatto di una cultura antiquata, a volte infantilizzata e a volte erotizzata, che in un Paese che non riesce a leggere e che prende come modelli di riferimento quelli della TV, può diventare anche una cultura di “sfruttamento minorile e sessuale”, pensata, progettata e attualizzata (anche finanziariamente) dalla classe maschile dominante.

E poi, perché non riusciamo a rendere la pubblicità un qualcosa di più simile ad un’opera artistica? E quale può essere allora il ruolo delle donne in questa società dominata dalle relazioni e dalle comunicazioni maschili?

La soluzione secondo la Testa è questa: “le femmine devono smettere di allevare figli maschi deficienti”. In effetti anche alcuni studi scientifici sembrano dimostrare che le ragazze nascono con una maggiore predisposizione per il rispetto degli altri e delle regole sociali e quindi risultano più facili da educare . E poi accade che gli stili educativi più permissivi nei confronti dei maschi, sono la causa principale di tutto l’insieme dei loro comportamenti “politicamente scorretti”.

Io invece aggiungerei che le donne la dovrebbero smettere di far candidare e votare i soliti finti politici maschilisti, ipocriti, ignoranti, nullafacenti e deficienti…

 

P. S. Devo ammettere che la Testa ha il coraggio delle proprie opinioni: del resto se una persona non è disposta a rischiare per la sua opinione, o la sua opinione non vale nulla, o la persona non vale niente.

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