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Proust in love

"Appena entrata in camera mia, Albertine saltava sul mio letto, e, qualche volta, si metteva a definire il mio tipo di intelligenza, giurava in un impeto sincero che avrebbe preferito morire piuttosto che lasciarmi. Erano i giorni in cui, prima di farla entrare, mi ero rasato" (Marcel Proust, La prigioniera - Alla ricerca del tempo perduto)

Proust ci dice, sommessamente, che Albertine prova tanto trasporto per il suo ragazzo perché lui quella mattina si è appena rasato e lei adora la pelle liscia. Dunque l’intelligenza dell’amato conta poco nel suo entusiasmo. Se lui decidesse di non radersi mai più, lei potrebbe lasciarlo domani.

Spesso l’amore scaturisce da qualcosa che noi stessi non siamo in grado di discernere e sparisce all’improvviso per motivi che ci sfuggono.

Pochi scrittori hanno approfondito questo tema con la sensibilità e l’intelligenza di Proust.

Pochi autori come lui hanno abbondantemente attinto dalla propria vita amorosa per farne materia di racconto.

Opinione che si rafforza una volta di più leggendo “Proust in Love” (trad. S. Marchegiani, p.295, Castelvecchi, Collana I timoni) una biografia-saggio di William Carter che analizza la vita erotica e sentimentale di Proust.

"L’unica consolazione quando sono veramente triste è amare ed essere amato", ha scritto una volta Proust.

Il libro ce lo racconta, infatti, pronto ad innamorarsi e a consumarsi per la gelosia.
 
Desideroso di amore e di attenzione, ma anche frenato dalla paura di essere giudicato per la sua omosessualità, Marcel vive con tormento ogni relazione .
 
Tormento che a volte lo porta a spese folli e sconsiderate per i giovani di cui si innamora e che, per insicurezza, ama legare a sè attraverso costosi regali.
 
Impossibile, leggendo l’opera di Carter non collegare le persone che ebbero un ruolo nella vita dello scrittore con i personaggi della Recherche.

Interessante, ad esempio, a proposito di amore e disamore, quanto ci racconta Carter a proposito di un segretario arruolato da Proust negli ultimi anni della sua vita, un certo Henri Rochat, svizzero, cameriere all’hotel Ritz, nel quale sono riconoscibili alcuni dei tratti di Albertine (anche se, come è noto, il modello principale di Albertine è Alfred Agostinelli, morto qualche anno prima in un incidente di volo, anche lui al servizio di Proust, come autista segretario).

Proust prende in casa Rochat per utilizzarlo come dattilografo.

Gli chiede di leggergli ad alta voce le bozze della Recherche per poi dettargli correzioni o integrazioni del testo.

Ma lui legge così male, che alla fine Proust preferisce far da sé.

Non se la sente di licenziare il suo pupillo, che rimane nell’appartamento occupandone una stanza e impiegando il suo tempo nella produzione di mediocri dipinti.

Proust che all’inizio, preso dal giovane, ne apprezza anche il candore e l’ignoranza e perfino una certa rozzezza di modi, quando l’infatuazione passa, non sopporta più nemmeno la sua vista, fino al punto di brigare per procurargli un posto in banca niente meno che a Buenos Aires.

In una lettera ad un amico, ci dice Carter, Proust esprime tutta la sua meraviglia per essere riuscito a trovare un’occupazione soddisfacente per Rochat in un posto lontano.

Una vera impresa da parte mia, visto e considerato il tipo che è”, scrive Proust.

Passata l’infatuazione, ha preso sopravvento il sarcasmo.

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