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Privilegiati si nasce e si diventa

Il noto costituzionalista Michele Ainis afferma che ben il 44 per cento dei parlamentari ha “in tasca la tessera d’un albo, sicché la lobby dei professionisti” è la più potente del Parlamento.

Nel libro “Privilegium” (Rizzoli, ottobre 2012), Ainis narra i privilegi più antipatici e curiosi. Ad esempio i sindacalisti non pagano i contributi pensionistici “e i sindacati non pagano l’Imu, come d’altronde la Chiesa cattolica e i partiti”. I cappellani militari sono equiparati ai generali e incassano uno stipendio di 190 mila euro l’anno e pensioni da nababbi. Angelo Bagnasco, presidente della CEI, è uno di questi famigerati privilegiati. E i docenti di religione sono davvero calati dall’alto e non conoscono la precarietà.

Durante questi anni di feroce crisi economica si sono impoverite quasi tutte le categorie di lavoratori pubblici e privati. Però “gli unici a incrementare il proprio potere d’acquisto sono stati i dirigenti (OD&M Consulting, Rapporto sulle retribuzioni in Italia 2011). Gli amministratori e i consiglieri possono stabilire l’ammontare delle retribuzioni personali. In quasi tutte le regioni politiche italiane (rosse, bianche e verdi) regna l’ipocrisia e non si applicano i sistemi premianti meritocratici. D’altra parte l’eguaglianza dovrebbe riflettere il “diritto di chiunque al riconoscimento sociale delle sue personali qualità e capacità: è la istanza democratica, veramente universale, del merito” (Galvano della Volpe, filosofo marxista, “Rousseau e Marx”, 1957).

In genere l’appartenenza di categoria professionale si eredita per via familiare e i nostri politici sono diventati dei tassatori incalliti e dei ladri di futuro che ci derubano delle nostre vite sociali. Infatti i cittadini sono stati costretti a una forma coercitiva passiva di “arresti domiciliari” dovuta alla mancanza di denaro. E l’instancabile produzione di leggi a tutela di amici, conoscenti e professionisti ha intasato gli uffici di tutte le amministrazioni e di tutti i professionisti.

In realtà il caso italiano evidenzia un grande problema legale: le leggi non muoiono mai e possono far collassare il sistema giustiziario. A mio parere ogni legge dovrebbe avere una durata massima di anni 5, 10, 20 o 30, a seconda del buon senso, e dovrebbe essere riapprovata senza modifiche solo in una minoranza di casi. In ogni caso, “La legge deve essere uguale per tutti, sia che protegga, sia che punisca” (Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”, 26 agosto 1789).

Inoltre bisogna aggiungere “che i partiti si presentano come associazioni non riconosciute, al pari di un circolo di caccia. Non v’è dunque alcuna garanzia sulla democraticità della loro vita associativa, né sulle vicende che incidono sulla costituzione, sull’organizzazione, sull’estinzione di ogni forza politica. Le uniche leggi che i partiti hanno accettato a caratteri di piombo sono quelle sul proprio finanziamento. A spese dello Stato, naturalmente. E per un costo complessivo di 2 miliardi e 200 milioni dal 1994 al 2011” (p. 29). Non parliamo poi dei privilegi bancari occultati.

Comunque Ainis dedica i due capitoli finali del libro ai cittadini italiani e auspica la creazione dei referendum propositivi, la nascita dell’istituto “del recall per revocare anzitempo gli eletti immeritevoli” e la creazione della “Camera dei Cittadini”, in sostituzione del Senato. La partecipazione alla nuova camera sarebbe legata a un “sorteggio, in modo da riflettere il profilo socio demografico del Paese” (p. 166). In effetti il Senato è un club basato sulla discriminazione anagrafica che rappresenta un buco nero antidemocratico che ingoia lo sviluppo socioeconomico.

Nel caso si avverasse il progetto di Ainis, verrebbero finalmente presi in esame i problemi e i diritti dei consumatori, dei disoccupati, dei giovani a partire dai diciotto anni e di tutte le categorie di donne. E potrebbero discutere e approvare le leggi tutte quelle persone che non hanno i soldi per pagarsi le campagne elettorali, evitando così molte forme di corruzione indiretta e diretta. Del resto il potere giudiziario è già ripartito tra professionisti e cittadini: nei tribunali ci sono le giurie popolari che affiancano e moderano il potere centrale dei giudici selezionati dallo Stato.

Per quanto riguarda le azioni tributarie che prevedono “prima pagare e poi reclamare”, ci sarebbe da dire questo: “Queste norme propongono di fatto una vessazione dello Stato nei confronti dei cittadini italiani, perché se è vero che, come clausola contrattuale, il “solve et repete” è considerato lecito, nel diritto tributario invece il principio deve considerarsi illegittimo, come stabilito anche dalla Corte Costituzionale che nel 1961 lo ha definito lesivo della sfera non solo patrimoniale, ma anche personale” (Oreste Rossi, eurodeputato, www.lafinanzasulweb.it). Oltretutto l’onere della prova a carico del cittadino debitore si oppone al principio del giusto processo e al semplice buon senso.

L’Italia è diventata la patria del male minore a breve termine. Ma di male minore in male minore e governo dopo governo, tutti finiscono per ammalarsi gravemente. Infatti l’attuale legge elettorale è profondamente anticostituzionale nella sua incapacità di far scegliere i candidati e nella sua obbligatorietà della banale segnatura di una lista di candidati prefabbricati a Roma. Perciò voterò alla Camera dei Deputati in base alle persone capolista del mio collegio elettorale e non semplicemente per un partito, dato che non si possono mettere preferenze e scegliere i candidati. Questa persona potrebbe essere un giovane, una donna o una giovane donna. Cercherò di valutare la freschezza intellettuale, la fermezza morale e l’abilità professionale. Eviterò i soliti noti.

E deciderò di lasciare la scheda bianca al Senato, un’antiquata associazione di vecchi intrallazzatori recidivi, che è strutturata per difendere i privilegi acquisiti medianti ripetuti ricatti legati all’abuso di potere economico e all’abuso di potere gerarchico gerontocratico. Se moltissimi elettori lasciassero la scheda bianca al Senato in segno di protesta, tutti i partiti e le coalizioni rischierebbero di rimanere fuori soglia di ammissione e quindi fuori dal Senato. Sarebbe una bella spintarella per iniziare a progettare il nuovo assetto istituzionale della Terza Repubblica.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.155) 14 febbraio 2013 09:43
    Damiano Mazzotti

    Il Prof. Ainis mi ha segnalato che la percentuale di schede bianche non avrebbe influenza sulla percentuale totale da suddividere tra i partiti e quindi sulle soglie di sbarramento. Probabilmente si tratta dei misteri statistici antiscientifici e incresciosi della burocrazia italiana.

    Comunque se la percentuale di schede bianche superasse quella del primo partito al Senato, la cosa avrebbe una grande forza di inflenza psicologica e civile sulla classe dirigente italiana.

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