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Primarie Pd: sulla vittoria di Renzi e il tracollo di Cuperlo

Renzi stravince, Civati ha un risultato apprezzabile, e Cuperlo sprofonda. Questo è il senso del risultato in quattro parole.

Ma qualche considerazione in più non guasta, iniziando da Cuperlo che, rispetto al 39,44% raccolto fra i soli iscritti al partito – due settimane fa- precipita al 18%. In alcune zone raccoglie solo pochi voti in più di quelli che aveva due settimane fa, con un terzo dei votanti (segno che anche una parte degli iscritti che lo avevano votato sono passati con Renzi). Rispetto alle primarie di un anno fa, nelle quali Renzi si era fermato al 38,2%, Cuperlo raccoglie meno di un terzo del 61,8% ottenuto da Bersani che, pure, lo appoggiava.

Ma il dato più interessante è quello disaggregato: Cuperlo vince solo nella provincia di Enna ed ha i suoi risultati migliori nelle regioni meridionali (Campania, Puglia, Sicilia) dove resiste un po’ il reticolo dalemiano, mentre va sotto media in tutto il nord e precipita nelle regioni rosse (15% in Emilia, 11 in Toscana, 14 in Umbria ed addirittura 10 nelle Marche dove è battuto anche da Civati). E’ il crollo definitivo di quella che fu la più potente corrente del Pd, i dalemian-bersaniani, che pagano il conto della mancata vittoria a febbraio, della gestione pasticciatissima dell’elezione del Presidente della Repubblica e della formazione del governo Letta.

Certamente ha inciso anche la crescente antipatia della base per “Baffino” che non ha capito che è arrivato il momento di riposarsi, ma l’errore politico più grave è stato presentarsi come i più strenui sostenitori del governo, contro ogni sentire della base del Pd che vede Letta come il peperoncino negli occhi.

Civati certamente non ha avuto un trionfo, ma un risultato più che discreto si aumenta di quasi 5 punti sul risultato di due settimane prima, nonostante partisse fortemente sfavorito sia dalla logica del “voto utile” sia da alcune discriminazioni subite dai mass media. Anche qui il risultato disaggregato è interessante, batte Cuperlo aggiudicandosi il secondo posto a Roma, Milano, Monza, Genova ed in tutte le Marche e lo affianca a Firenze, Torino, Taranto e Brindisi. Se un’alternativa a Renzi si può intravedere per il futuro non è certo Cuperlo ma Civati.

E veniamo al trionfatore. Renzi: miete consensi che vanno molto oltre quelli di un anno fa e delle stesse previsioni attuali. Quale è la ragione di questo straordinario successo? Non certo i contenuti del suo discorso politico che semplicemente non esistono, né per le audaci innovazioni di metodo che sono solo chiacchiere senza contenuto e nemmeno per la sua travolgente retorica che può incantare solo i più sprovveduti. Semplicemente ha vinto per due ragioni: perché hanno perso gli altri e perché è “nuovo”. Gli altri hanno perso per ragioni diverse: di Cuperlo abbiamo detto, mentre Civati era una candidatura improvvisata, senza appoggi di apparato, finanziamenti e sostegni mediatici, pertanto era dato come perdente dall’inizio e questo, sin dall’inizio, mettendolo nella scomoda posizione del candidato senza speranze che è “inutile” votare.

La seconda ragione è che è “nuovo” che, come si sa, nella cultura andante è qualsiasi cosa venga dopo che, per definizione, è meglio di quel che c’era prima. Peraltro, in questa occasione, quel che c’era prima era davvero “vecchio” trattandosi di D’Alema e del suo candidato.

Il successo di Renzi si è costruito in due anni, mettendo insieme un consenso “a strati successivi”. Primi sono venuti gli iscritti e i militanti più insofferenti delle lentezze ed inadeguatezze del gruppo dirigente che erano pronti a darsi al primo che promettesse un ricambio generazionale (importante, in questo senso, è stato il flusso delle “fabbriche di Nichi” che hanno abbandonato Vendola dal 2011).

Poi si sono aggiunti settori di ceto politico veltroniano sconfitti dagli scontri precedenti che si sono aggiunti al discreto appoggio di Cl. Poi è venuta la piena di opinione stimolata dall’appoggio di Repubblica. Infine, è stato determinante il passaggio armi e bagagli di gran parte del ceto politico Pd: franceschiniani, margheritini ed anche gran parte dei Dalemiani che hanno tradito un Baffino ormai troppo spento e logoro.

Per la maggior parte degli iscritti conta la speranza che l’immagine più fresca del sindaco di Firenze possa far raccogliere voti sin qui restati fuori, seguendo le suggestioni date costantemente da Repubblica. Per l’apparato si è trattato di un’operazione furbesca: camuffarsi dietro l’unico candidato che, per una ragione o per l’altra, si spera porti il partito alla vittoria. E non è un calcolo sbagliato, perché l’immagine scanzonata del sindaco di Firenze può sedurre qualche grillino, la sua vecchia militanza Dc può attirare Casini e Cl, può far dimenticare l’origine Pci del partito, attirando voto moderato, il suo ottimismo “facilista” può funzionare con chi spera in una soluzione miracolistica per uscire dalla crisi. Insomma hanno scelto il migliore frontman che potevano permettersi, anche se canta parole senza senso, ma tanto, ormai la politica è immagine senza niente dietro.

Il motivo secondario, per cui il ceto politico piddino ha scelto il “Blair del sabato sera”, è legato alla questione del governo. Dopo la lezione del governo Monti, che la logorato il Pd facendolo arrivare spompato alle elezioni, Renzi ha sostenuto che se restano sulla graticola delle “larghe intese” (che, per di più, tanto larghe non sono più), finisce male anche questa volta, anzi peggio. E gli uomini dell’apparato pensano proprio questo. Quelli che hanno mollato il trio D’Alema-Bersani-Cuperlo, sanno perfettamente che se Renzi diventasse il Presidente del Consiglio non sarebbe assolutamente all’altezza del compito, ma intanto pensano a vincere, poi si vedrà. Magari circondandolo di tecnici e consulenti gentilmente forniti dalle banche, dal ceto accademico, dalla Lega delle Cooperative o da chi vi pare.

Ma bisogna tener presente che della capacità di gestione politica di Renzi (come di chiunque altro) agli uomini d’apparato non importa granché: questi sono i “dorotei” del Pd, buoni per tutte le stagioni e fedeli a tutti i segretari, da Berlinguer a Occhetto, da Natta a Veltroni, Da Fassino a Bersani, da D’Alema a Paperino, se fosse necessario. A loro interessa solo vincere nell’immediato per arraffare tutto l’arraffabile e poi per il futuro chi vivrà vedrà.

La chiave di lettura che si sta affermando nei giornali, sostiene Renzi candidato della “società civile”, del cambiamento e dell’anima più liberista del partito, Cuperlo espressione del “rosso antico” cioè dei residui piccisti nel Pd e Civati dell’area più giovanile, libertaria e protestataria.

Non è per nulla così. In primo luogo perché solo un anno fa Bersani aveva quasi 40 punti percentuali in più di Renzi e non è possibile che in un anno ci sia stata una rotazione del 40% del corpo elettorale. Effettivamente, fra gli iscritti, Cuperlo rastrella oltre un terzo dei voti ed ottiene una percentuale maggiore fra i nuovi segretari provinciali; questo fa pensare ad un’aderenza dell’apparato alla sua posizione, ma si tratta, in parte, di una illusione ottica. Anzitutto è palese come ci sia stato uno splitting (voto differenziato), per cui come segretario nazionale si vota l’uomo del cambiamento, ma in sede locale si votano gli uomini della conservazione. E, infatti, come abbiamo visto, Cuperlo perde consensi nel secondo turno, nel quale diventano tutti (o quasi) renziani della venticinquesima ora. Ma soprattutto perché sin dall’inizio la parte più grossa dell’apparato è stata dalla parte di Renzi, come dimostrano i risultati, sin dal primo turno, delle regioni rosse, dove Cuperlo è sbaragliato. E non venite a dirmi che nelle regioni rosse il ceto politico del Pd non controlli più nulla!

Quindi, nelle schiere renziane non ci sono solo fautori impazienti del cambiamento, ex margheritini, neo iscritti ed anime belle: il suo successo è largamente tributario di una operazione trasformistica del solito ceto politico proveniente dal Pds.

A questo punto vediamo cosa possono fare i protagonisti.

Renzi: comunque vada la legislatura, a giugno si vota per le europee e questo per il Blair sciacquato in Arno non è una bella cosa, perché è condannato a vincere ed anche bene, perché altrimenti sarebbe una doccia gelata sugli entusiasmi. E qui si pone il problema del governo: obiettivamente Renzi ha tutto l’interesse a far cadere Letta a gennaio per andare a votare in primavera o, al più, insieme alle elezioni europee. Se non lo fa rischia di deludere i suoi elettori e di farsi mettere sulla graticola del governo tassaiolo. Sarebbe una riedizione disastrosa dell’esperimento di Monti. L’uomo è furbo, ma avrà gli attributi necessari per farlo?

Fare una scelta così significa mettersi contro Napolitano, la Bce, lo stesso Letta che qualcosa conta nel partito e non è detto che Repubblica sia disposta a seguirlo su questo terreno. E poi il partito che eredita è abbastanza strutturato da impedirgli di fare l’uomo solo al comando e il partito gasoso che ha in mente, ma è troppo scombinato e diviso in tribù e sotto tribù per essere un verso canale di organizzazione del consenso. Vedremo, ma non scommetterei una dracma (se ancora ce ne fossero) sul suo successo.

Cuperlo si è affrettato a dichiarare di voler restare nel partito e non avere in mente alcuna scissione; ci credo: se escono non prendono nemmeno il 4% dei voti. Renzi lo sa e gliela farà pagare al momento della formazione delle liste, quando molti dalemiani ne resteranno fuori in nome del rinnovamento. Obiettivamente è quello messo peggio e non può fare altro che cercare una intesa con la Cgil fuori del partito e con Civati dentro, nella speranza di arginare il nuovo debordante segretario.

Civati: ha l’occasione di dimostrare che ha stoffa di leader politico. Una scissione in queste condizioni sarebbe un disastro, un allineamento a Renzi un suicidio. Non deve dare l’impressione di fare del “fuoco amico” sul nuovo gruppo dirigente, ma deve mantenersene distaccato se pensa di poter diventare l’alternativa ad esso e deve radicalizzare a sinistra la sua posizione, sperando di trovare in qualche modo sponda nell’area M5s. Soprattutto deve restare visibile perché se si appiattisce scompare in men che non si dica. D’accordo: è il triplo salto mortale, con le mani legate dietro la schiena e bendato, ma è proprio in situazioni del genere che si vede se uno ha i numeri o no.

Ultima riflessione: tre milioni o quasi di persone che vanno a votare non sono pochi e questo fa pensare ad un forte insediamento di opinione del Pd, foriero di una prossima vittoria. Io continuo a scommettere sulla capacità autolesionistica dei suoi dirigenti che, talvolta, possono essere furbi ma intelligenti mai.

(A proposito, tranquillizzo chi me lo ha chiesto intervenendo nel pezzo precedente: non sono fra loro, perché, non essendo neppure elettore di quel partito, non mi pare corretto partecipare alla scelta del suo segretario, anche se, magari Civati può starmi più simpatico degli altri).

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.121) 13 dicembre 2013 18:35

    Con la vittoria di Renzi è morto l’ultimo residuo di comunismo sopravvissuto nel PD e nasce - seppur con ritardo - il partito democratico.

    La prossima conseguenza di questa vittoria sarà la fine del radicalismo inconcludente di sinistra.

  • Di (---.---.---.121) 13 dicembre 2013 18:36

    Gli ultimi comunisti come te possono ritirarsi in buon ordine all’ospizio

  • Di (---.---.---.172) 22 gennaio 2014 11:13

    Mi fa venire i brividi leggere articoli come questo, e non dormo la notte sapendo che purtroppo questo articolo fotografa la solità realtà.
    Che deve fare Renzi per vincere? Che deve fare Cuperlo per resistere? Dovrebbe forse Civati spostarsi più a sinistra per differenziarsi da Renzi?
    Che ne dite di farsi un’altra domanda: "cos’è meglio per gli Italiani?" Credo proprio che se renzi-cuperlo-dalema-civati-berlusca-napoli-lettino si chiedessero tutti contemporaneamente che cosa è meglio per l’Italia, ci sarebbero meno litigi e più convergenze. Questi signori dovrebbero vergognarsi e togliersi dalle palle.

    Saluti,
    Gottardo

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