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Prete argentino condannato perché aiuta i gay

A proposito di diritti negati, violati alla democrazia, alla libertà di espressione, sentite cos’è capitato, nei giorni scorsi, a un prete argentino, Nicolas Alessio, di 53 anni.
 
Il fatto è accaduto nella bellissima città di Cordoba dove il Tribunale interdiocesano lo ha condannato e cacciato dalla Chiesa e dalla casa parrocchiale, nella quale abitava da 27 anni, per avere egli espresso un’opinione differente (opinar distinto) dalla posizione ufficiale della gerarchia cattolica a proposito delle legge (argentina) che autorizza il matrimonio gay.
 
Si stenta a crederci, ma così è stato. Come, il 7 marzo informava il “Clarin, il più diffuso quotidiano di Buenos Aires, che riportava anche brani della sentenza sanfedista. 
 
Il presbitero José Nicolas Alessio ha commesso rifiuto pertinace della dottrina….relativa alsacramento del matrimonio…” E fatto ancor più grave: “Ha divulgato il suo pensiero per iscritto e con la parola, attraverso i media di comunicazione, contro il magistero ecclesiastico…”.
 
Questa la colpa alla quale è seguita la condanna: “Si proibisce (al condannato n.d.r) di esercitare in pubblico la sacra potestà, di celebrare la Santissima Eucaristia, la confessione e altri sacramenti e di risiedere nella casa parrocchiale San Gaetano del barrio Altamira…”.
 
Una sentenza grave, anzi gravissima, solo per avere espresso in pubblico un’opinione diversa o divergente. Se l’avesse tenuta per se, come fanno la gran parte dei suoi confratelli, l’avrebbe evitata. Capirete che in altri tempi, con un giudizio simile, il povero prete sarebbe finito dritto dritto sul rogo. Per questo, credenti e no, non dovremmo mai smettere di difendere e rafforzare i principi laici introdotti dalla Rivoluzione francese che, oggi, taluni vorrebbero annichilire e liquidare. 
 
Ma torniamo al padre Alessio il quale, conoscendo l’ambiente che lo sovrastava, certo si aspettava una sanzione, ma non così rapida e soprattutto così pesante.
Mi hanno condannato ed espulso per avere espresso un pensiero diverso”.
Por opinar distinto, per l’appunto.
 
“E tenga conto che questa stessa Chiesa non ha nemmeno ammonito sacerdoti pederasti come il Vescovo (Edgardo Gabriel Storni), che vive comodamente qui in La Falda, o Julio Cesar Grassi, entrambi con condanna giudiziale per abuso sui minori. Non è stato sanzionato nemmeno Christian von Wermich, condannato per delitti di lesa umanità…Questa Chiesa tollera nelle sue fila i torturatori e i violentatori, ma non chi pensa in modo differente e osa dirlo in pubblico”.
 
Specialmente se esternato, il dissenso diventa imperdonabile; i tribunali ecclesiastici lo devono sanzionare per dare una lezione al reprobo e un esempio ad altri che potrebbero imitarlo.
 
Nella Chiesa il nucleo del potere risiede nell’occultamento - sostiene padre Alessio nell’intervista - Mi hanno condannato perché ho parlato in pubblico, perché la Chiesa è maestra nell’occultare, nel maneggiare l’impunità del silenzio. Il matrimonio gay li disturba perché è legato alla sessualità. Loro continuano a considerare inferme o perverse le persone gay…”.
 
Il condannato se la prende anche col cardinale Bergoglio, massima autorità della Chiesa argentina, il quale “a ottobre, nel bel mezzo del confronto delle opinioni, in una lettera ai monaci parlava di lotta contro “il maligno”, contro “il diavolo”: come nel Medioevo. Una regressione incredibile verso l’Inquisizione. Impensabile in pieno 21° secolo”.
 
Todo in terminos de Guerra Santa…” parole dure che, specie se dette in castigliano, evocano gli scritti e il pensiero di Leonardo Sciascia.
E qui mi fermo. Penso che i brani citati bastino a rendere l’idea.
 
Ciascuno valuti da se stesso, intimamente, ma faccia i conti in pubblico, ne parli con altri, credenti o meno, poiché la libertà di opinare in qualsiasi campo è un bene supremo che appartiene a tutti, indistintamente, e nessuno può menomarla o addirittura conculcarla.
 
Insomma, massimo rispetto per la religione cattolica, così come per le altre, ma non per pratiche così anacronistiche e inquietanti.
 
Se la storia e la sapienza servono a qualcosa, dovremo ricordarci che nel ‘700 visse in Francia un grande filosofo e giurista, allievo e ammiratore dei Gesuiti, tale Francois-Marie Arouet, più noto col nome di Voltaire, che scrisse (“Trattato sulla tolleranza”) sull’argomento parole memorabili che meritano di essere scolpite, obbligatoriamente, nei luoghi pubblici: “Io non approvo quel che tu dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di poterlo dire.

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