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Presidenziali di El Salvador al cardiopalma

È partito il conteggio "scheda per scheda" per decidere chi sarà il nuovo presidente. 

el salvador elezioni

Il candidato progressista del Fronte Farabundo Martì per la Liberazione Nazionale (FMLN) di El Salvador, l’ex guerrigliero e sindacalista Salvador Sánchez Cerén, è il virtuale presidente del paese, col 50,11% dei voti ottenuti al ballottaggio del 9 marzo. Il candidato conservatore dell’Alleanza Repubblicana Nazionalista (ARENA), l’ex sindaco della capitale San Salvador, Norman Quijano, ha perso per un pugno di voti, solo 6600 su un totale di tre milioni, fermandosi al 49,89%. Il Tribunale Supremo Elettorale (TSE) ha confermato i dati del primo scrutinio ufficiale, però cresce l’incertezza nell’attesa del conteggio definitivo che è iniziato martedì e dovrebbe concludersi venerdì. L’affluenza alle urne è stata del 60% e non si sono riportati incidenti, ma, visto lo scarto minimo, Quijano ha parlato di “un pareggio tecnico” e s’è rifiutato di riconoscere i risultati. “Non permetteremo brogli, siamo convinti di aver vinto”, ha commentato.

Al primo turno del 2 febbraio Sánchez aveva raccolto il 49% delle preferenze, staccando di dieci punti il rivale di ARENA, ma nelle ultime due settimane Quijano ha guadagnato terreno accusando la sinistra di voler instaurare un governo socialista come quello venezuelano. La destra salvadoregna ha quindi accantonato temporaneamente la sua proposta di “mano dura” e militarizzazione contro le gang e i narcos, che non faceva presa nella popolazione, per condurre una campagna della paura, richiamando lo spettro del Venezuela, scosso dalle proteste delle ultime settimane. Sánchez, invece, ha proposto “accordi col mondo del lavoro e con gli imprenditori” per impulsare le grandi trasformazioni di cui ha bisogno il paese, uno dei più violenti e poveri dell’America Latina.

Il primo governo del Frente (2009-2014) del moderato Mauricio Funes è riuscito a sdoganare la sinistra come forza di governo in una realtà politica storicamente tradizionalista. Infatti, la destra ha governato tra il 1989 e il 2009 e ARENA è un partito nato durante il conflitto armato degli anni Ottanta, vincolato agli squadroni della morte e all’assassinio di Monsignor Arnulfo Romero nel 1980.

Con l’FMLN e Funes, malgrado la bassa crescita (+1,9% del PIL nel 2013), è stata aumentata la copertura dei programmi sociali e l’indice di povertà s’è ridotto del 7%. Gli omicidi sono calati sensibilmente grazie a un patto con i boss detenuti delle gang che, sebbene criticato dall’opposizione, ha retto per molti mesi. El Salvador non s’è unito all’ALBA, l’Alleanza Bolivariana per le Americhe lanciata dal defunto presidente venezuelano Hugo Chávez, ma ha scelto di aderire come osservatore all’Alleanza del Pacifico, accordo commerciale promosso dagli USA e dalle compagnie esportatrici nazionali.

L’economia salvadoregna si basa su una massa di micro-proprietà agricole, insufficienti a sfamare la maggior parte della popolazione, ma anche su settori dinamici e altamente concentrati come l’agricoltura per l’export (caffè, cotone, mais e zucchero coltivati nei latifondi), l’industria tessile e la maquila, cioè le fabbriche di assemblaggio. L’espansione delle politiche sociali e di sicurezza, quindi, ha bisogno di un nuovo patto fiscale con l’élite, per questo Sánchez ha ribadito la volontà di fare “accordi” e di “governare per tutti e con tutti” e, se confermata, una vittoria così risicata non gli lascerebbe alternative.

Il computo delle schede continua ancora in questo momento (sera del 12 marzo). Indipendentemente dall’esito finale ci sono alcuni fattori che resteranno dopo questa elezione: un FMLN che si conferma come forza e alternativa politica stabile, un partito ARENA in crescita, visto il recupero di oltre 10 punti in un mese, e la necessità di accordi di governo, dato il pareggio elettorale e la divisione netta della società tra i due schieramenti.

Inoltre il prossimo governo inizierà a lavorare con l’attuale parlamento, ma poi nel 2015 ci saranno le elezioni legislative che cambieranno le carte in tavola per tre anni. Alla fine del periodo presidenziale, nel 2018 e 2019, ci sarà un ulteriore rinnovo dell’assemblea per cui le maggioranze non sono garantite e dovranno scaturire da accordi più o meno strutturali. ARENA e Quijano stanno insistendo con il TSE affinché il conteggio sia “voto per voto” (o “scheda per scheda”) e non si effettui solamente sui certificati finali di ogni seggio. Hanno anche promosso un ricorso per far annullare il voto. 

L’incertezza di queste ore potrebbe indurre Quijano a scatenare un conflitto postelettorale, impugnando i risultati e promuovendo proteste di piazza, o a screditare il futuro governo, ma se il TSE confermerà i dati, anche El Salvador avrà per la prima volta un “presidente guerrigliero” come l’Uruguay di “Pepe” Mújica e il Brasile di Dilma Rousseff.

 [Pubblicato sul quotidiano l'Unità cartaceo dell'11 marzo 2014] Twitter @FabrizioLorusso

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