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Precariato: un costoso boom che non lo era

Lo scorso 9 agosto Inps ha pubblicato l’aggiornamento di giugno dell’Osservatorio sul precariato. Al netto dell’abituale grancassa governativa sull’esplosione del tempo indeterminato c’è un dato che colpisce, nel confronto triennale relativo all’incidenza di questi contratti sul totale delle assunzioni. Ed è qualcosa che rimette in discussione la narrazione.

Osservate questo grafico, cliccando per ingrandire:

 

Come si nota, nel 2015 c’è stato un sensibile aumento dell’incidenza dei rapporti a tempo indeterminato sul totale. Circa sette punti percentuali in più rispetto al 2014. Ma il confronto col 2013 mostra che questo aumento è molto più contenuto, solo un paio di punti percentuali. E nel 2013 non c’era alcun sussidio alle assunzioni a tempo indeterminato. Quello del 2015 è vero boom, quindi? Vedremo come evolverà l’anno ma, ad evitare i soliti commenti (del tipo “i contratti a tutele crescenti sono iniziati solo il 7 marzo”: si, ma i sussidi alle assunzioni sono iniziati con l’anno solare, no?), e tenendo presente che è del tutto possibile che il calo di incidenza di assunzioni a tempo indeterminato nel primo semestre 2014 (vedi grafico 2 del documento Inps linkato sopra) sia stato indotto dall’attesa per la gestazione del nuovo contratto a tutele crescenti e dei sussidi alle assunzioni, ci chiediamo se questo boom 2015 possa davvero essere considerato tale.

Ah, e se qualcuno tra voi pensasse che nel 2014 c’era grossa crisi, ricordi che il -0,4% di Pil dello scorso anno era un grosso miglioramento rispetto al -1,9% di Pil del 2013. Ohibò, signora mia.

E senza scordare che si tratta di assunzioni sussidiate per un triennio, gran parte delle quali sarebbero con alta probabilità comunque avvenute. Quindi, bene ridurre la precarietà, perché quella è la funzione del contratto a tutele crescenti, ma anche in questo caso (r)esistono forti dubbi circa l’efficienza di una simile operazione.

E tutto il resto è noiosa propaganda.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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