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Postverità: un dibattito falso

Da alcune settimane si è acceso un dibattito fra i più stupidi della storia: quello sulla post verità. Sciocchezze, falsità, se ne sono sempre dette, dappertutto già prima del web: le “leggende metropolitane precedono le “bufale” web. Il fatto che oggi le fesserie, come qualsiasi altra comunicazione, si diffondano con maggiore velocità non sposta di un millimetro la questione.

Ma di che stiamo parlando? Parliamo di messaggi seriali e di contenuto falso che però si dividono in tre tipi:

a-  la “bufala” vera e propria: messaggio di un singolo utente che magari ci crede e afferma cose del tipo “ le scie chimiche esistono” oppure “i vaccini fanno male” o anche “la crisi è solo un complotto dei rettiliani” (fate voi)

b-  la “bufala super”: messaggio apparentemente di un singolo dietro il quale si nasconde un gruppo interessato o da motivazioni economiche (una impresa che voglia screditare dei concorrenti o creare artificialmente la domanda di un prodotto ecc.) o politiche (ad esempio il negazionismo storico)

c-  il “cavallo di Troia”: messaggio, anche questo apparentemente di un singolo utente, dietro cui si cela un servizio segreto nazionale o straniero, interessato a diffondere una voce o una notizia falsa (è quello che, in parte, viene attribuito agli hacker russi per danneggiare la Clinton e favorire Trump).

Si tratta di cose diverse e di ben diversa pericolosità, ciascuna delle quali merita una risposta adeguata. Ad esempio, le bufale semplici, quelle del singolo maniaco della tastiera, diminuirebbero molto se abolissimo l’anonimato rendendo ciascuno responsabile di quel che dice (per quel che sia possibile farlo).

La verità è che questa polemica che, come livello, non è molto meglio delle bufale che vorrebbe combattere, ha solo lo scopo di “mettere le mani sulla rete”, cioè istituire una autority (ovviamente di fonte governativa) che eserciti la censura sul web. E credo che questo abbia a che fare con la reazione dell’establishment nei confronti di un mezzo che gli è sfuggito di mano.

Le classi dominanti iniziano a manifestare una certa irritazione nei confronti di un elettorato che non si comporta più come “dovrebbe”. E così, qualcuno pensa che all’ origine dell’ondata populista di sia il web e medita di metterlo sotto tutela. Sin quei, abbiamo avuto media monodirezionali, con un emittente che parla ed altri che ascoltano, il web è il primo media bidirezionale, per cui chi riceve il messaggio può rispondere o anche emetterne di propri. Ovviamente, questo comporta particolari dinamiche non sempre commendevoli (ad esempio il web, grazie all’anonimato, è una formidabile scuola di maleducazione), ma è il prezzo da pagare per uno strumento di comunicazione del tutto nuovo: c’est la modernitè, cherie!

Questo articolo è stato pubblicato qui

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