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Pisapia non si ricandida. Fa bene

Dopo un tira e molla durato quasi un anno, l’annuncio ufficiale: Pisapia non si ricandida, non per stanchezza, dice, ma per coerenza, avendo sempre detto di non voler fare più di un mandato. Veramente, questo non è chiaro: a tutti quelli che gli chiedevano se intendesse ricandidarsi, per quasi un anno, ha risposto che ci avrebbe pensato, negli ultimi tempi, non glielo si poteva neppure chiedere senza subire occhiatacce e silenzi ostili, adesso scopriamo che ha sempre pensato di non ricandidarsi; ma allora perché non dirlo subito? Va bene, lasciamo perdere. Quel che importa è che abbia deciso di lasciare.

E fa bene, perché, diciamolo, il bilancio della sua giunta non è sfavillante: ha avuto mano molto pesante con le tasse e con le tariffe dei servizi pubblici e della svolta promessa neanche l’ombra. C’è stata molta attenzione alle scuole, questo è vero, ma per il resto, c’è stata attenzione solo per il centro e per i ceti più fighetti della città, non certo per le periferie popolari.

Anche sulla questione della casa, abbiamo visto la mano pesante degli sgomberi (in qualche caso necessari, va detto), ma, in positivo, assai poco. Per quanto riguarda l’expo attendiamo tremando cosa accadrà e la figuraccia mondiale che si sta preparando.

Certo non tutto dipendeva dal comune ed, anzi la maggior parte delle competenze era regionale, ma, insomma, non è che il Comune abbia fatto molto per denunciare ritardi e porcherie varie. Ma lì vedremo.

Il tasso di litigiosità interno alla maggioranza è stato alto e la regia centrale è mancata troppo spesso, perché Pisapia è un signore di grande garbo ma manca un po’ di polso. L’unica volta che è stato inflessibile con un assessore è stato con Boeri che, diciamolo, non era affatto il peggiore e non stava facendo male. Solo che i due non si sopportavano reciprocamente.

La mancanza più vistosa è stata sulle piccole cose, sull’ordinaria amministrazione che è stata totalmente negletta: Qui dobbiamo capirci: la gente si aspetta dal Comune strade in ordine, tombini non otturati dalle foglie che trasformano le piazze in laghi ed i viali in fiumi; vuole che i vigili regolino il traffico, facciano rispettare le norme, intervengano contro gli schiamazzi notturni e non stiano a fare non si sa bene cosa negli uffici; vuole che la sostituzione di una scala mobile in metropolitana avvenga in tempi ragionevoli e, comunque alla data indicata sulle targhe, che, invece, allo scadere dei termini, vengono sostituite con altri avvisi che indicano una nuova scadenza; vuole che i cantieri chiudano alla data indicata nel cartello e son si trasformino nella solita “fabbrica del Duomo” che dura anni, aumentando insopportabilmente i disagi e, dunque, che se l’azienda non conclude entro quei termini venga multata gli si applichino tutte le penali previste e senza sconti; vuole che le erbacce siano falciate e che la potatura degli alberi avvenga nei periodi giusti e con criterio, non con tagli di machete a casaccio nel mese sbagliato.

Quanto poi al registro delle unioni civili, alla casa della Memoria, alla marcia longa, i gemellaggi o le mozioni di politica estera ecc. si tratta di cose degnissime su cui siamo d’accordo, ma che si fanno dopo le cose più urgenti e se avanza il tempo.

Ma la cultura dell’amministrazione manca del tutto in questo ceto politico raccogliticcio ed improvvisatore, attento alla “visibilità” personale più che alla corretta gestione del bene pubblico.

Per cui, come voto complessivo a questa prima esperienza di governo della sinistra nella città di Milano, a titolo di incoraggiamento, daremmo un 3 o un 3 e mezzo. Non di più.

Non sappiamo che intenzioni ci siano nel centro sinistra (cioè nel Pd) e tutto sommato la cosa ci lascia freddi. Si torna a parlare di De Bortoli, ottima figura di immagine che, forse, riuscirebbe a riscattare questo disastro, ma se la squadra assessorile dovesse essere la stessa, non ci sarebbe di che sperare.

Dice bene alla sinistra che gli altri non stanno messi meglio: dopo la bruciatura di Lupi non so proprio chi possano candidare, Salvini? Si sarebbe una operazione simile a quella di Fini a Roma nel 1993: candidarsi per tirare la volata alle politiche, ma a Milano la Lega ha sempre raccolto molto poco, salvo il caso eccezionale della giunta Formentini.

Il centro è evaporato. Resta il M5s che potrebbe avere una occasione importante da cogliere se sapesse farlo. O magari, potrebbe anche venir fuori qualche lista civica.

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