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Pisa. Parroco contro comunisti: “Niente mensa per la festa di partito”

Nel paesino di Lari, in provincia di Pisa, una storia che fa tornare alla mente le diatribe tra don Camillo e Peppone. 

Il partito di Rifondazione Comunista, per organizzare la propria "Festa Rossa", ha chiesto al parroco di concedere i locali della mensa della chiesa. Ma don Amedeo Deri si rifiuta, perché non fornisce le sale della cucina per le attività di qualsivoglia partito, che sia di destra o di sinistra. Inoltre, i comunisti hanno principi “diametralmente opposti ai miei” su temi come aborto, divorzio, matrimonio gay, ci tiene a precisare.

L’anno scorso la sala era stata messa a disposizione. Ma, attacca il prete, i comunisti “mi hanno ingannato”. “Volevano i locali per la festa del ‘Sì’ al referendum e io glieli ho concessi”, spiega, “ma quando è iniziata la festa mi sono trovato tutta la parrocchia e i locali tappezzati dalle bandiere rosse con la falce e il martello”. I comunisti locali dal canto loro criticano la scelta del sacerdote, parlando di “ingiustizia anacronistica” e di “scomunica”.

Questo piccolo episodio di provincia è utile per riflettere su alcune storture. Prima di tutto, è normale che dei comunisti pretendano di utilizzare i locali di una chiesa per le loro attività, invece di servirsi di strutture proprie? Inoltre, bisognerebbe domandarsi se l’immobile sia di proprietà della Chiesa o se comunque percepisca fondi pubblici.

E qui torna il tema generale della sussidiarietà cattolicamente orientata. E’ giusto che un locale pagato coi soldi di tutti – quindi anche dei cittadini non credenti – sia usato secondo criteri particolaristici, se non discriminatori? Per l’ennesima volta si ha la riprova che una sussidiarietà davvero laica, aperta e utile a tutti non passa attraverso l’aiuto delle organizzazioni confessionali. Una cosa di cui anche la sinistra dovrebbe essere più consapevole.

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