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Peste colga gli astenuti!...

Ogni volta, appena si comincia a respirare clima da campagna elettorale, si infuocano le discussioni in rete non appena tira fuori la cocuzza qualche improvvido pioniere che scrive che neanche a questo giro si recherà a votare.

Già a questo stadio le reazioni di solito sono furibonde, fioccano accuse di qualunquismo, di connivenza con il potere costituito, sconfinando a volte nell’accusa a cielo aperto dii tradimento dei valori nazionali, “Perché c’é gente che c’è morta, per darti la possibilità di esprimere il tuo voto!”, è quella che si sente e legge più spesso.

Se poi sempre l’improvvido di cui sopra, per sovrappiù, si permette anche di rispondere che a votare non ci va da almeno vent’anni, il che, concludono i sagaci inquisitori che a turno si spupazzano la vittima con commenti che rasentano la genialità, vuol dire che l’avrai fatto sì e no tre o quattro volte, nella vita, allora inizia ad investirti una tempesta magnetica di proporzioni ciclopiche.

Tre o quattro volte, giusto il tempo, per un essere umano di media intelligenza, per capire che è tutta una buffonata, la storiella delle libere elezioni nello stato democratico di Banana City.

Il non-voto, per costoro, gli inquisitori, è la quintessenza pasticcera di vigliaccheria mista ad ignoranza, il tutto innaffiato con una robusta spruzzata di qualunquismo e ipocrisia.

Eppure, correggetemi se sbaglio, il non-voto a me pare la giusta conclusione di un percorso che ti porta a dichiarare a viso aperto, è l’atto stesso che lo fa, che non legittimi nessuno dei fetenti che si fan fotografare il grugno dai giornali con un voto, e che qualsiasi sia il tipo di delinquente che pianterà gli artigli sulle spoglie di questo disgraziato paese ti ritroverai a far sempre le medesime battaglie.

Ed è qui, credo, che casca rovinosamente l’asino.

Perché il punto è che se quell’azione viene poi abbandonata a se stessa nel quotidiano, senza prendersi l’onore e l’onere di dar seguito pratico a quello che si è dichiarato con tanta convinzione, e quindi vivere la propria esistenza secondo scelte che nel migliore dei casi vengono sbeffeggiate come fantasie utopistiche e vagamente adolescenziali, resta un atto di semplice dichiarazione d’intenti, neanche una testimonianza, ché quella già sarebbe in qualche modo ricordata, forse, per qualche tempo.

Ma forse è tutto molto più semplice e lineare. Magari il vero cuore del problema sta nell’aspettarsi, da un popolo che ha invidiato, spiandoli dalla finestra del tinello, vent’anni di circo Barnum di Silvio Berlusconi, e che sembra maturo per consegnarsi nelle mani della versione maschile della premiata ditta Wanna Marchi, un atto tanto spregiudicato e coraggioso.

Tempo fa, chiacchierando con il perfetto prototipo di cinquantenne con famiglia e mutuo a carico, gli domandai quale fosse, nei suoi ricordi, il periodo più bello della sua vita: “Il militare. Mi potevo sfangare anche quaranta chilometri di marcia con cinquanta gradi all’ombra e trenta chili di zaino, ma c’era sempre qualcuno che mi diceva cosa fare” .

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.189) 16 maggio 2012 16:37

    E’ praticamente la mia storia elettorale .Sul " non voto " ci ho pure fatto un articolo ed una quantità industriale di commenti per vedere di dare un contributo a rimuovere questa "mania compulsiva " del votare anche quando è scontato che non solo non porta a niente ,ma diventa un boomerang . E si perché quando il voto non serve a cambiare nulla ma soltanto a rinsaldare il potere personale del politico ,questi lo utilizza per fregare te e i tuoi figli a vantaggio dei suoi famigli .

    L’unica alternativa che ho apprezzato come discontinuità nel comportamento elettorale , in alternativa al "non voto "(da non confondersi con scheda nulla o bianca ) è stato il voto al M5S di Grillo che ,in questa fase politica e con questa spregevole classe politica ,potrebbe essere ancora più produttiva .

  • Di (---.---.---.159) 16 maggio 2012 17:40

    Un movimento il cui fondatore sbraita contro l’invasione (falsa) degli immigrati, tanto per dirne una, non può esserlo a prescindere, almeno per come la vedo, una reale alternativa al sistema dominante. Non è un caso che, a parte un trenta per cento di voti di astenuti, il movimento di Grillo abbia pescato a man bassa dall’elettorato di Lega e PDL.
    Il boom di Grillo e caravanserraglio al seguito è un film già visto, purtroppo.
    Il punto è che non abbiamo più dignità, e comincio seriamente a temere, a giudicare dalle ultime tornate elettorali, che chiedere ad un popolo che ha fatto la fila per ritirare una Social Card da quaranta euro al mese, un atto di coraggio come quello di riprendersela, quella dignità, sia ancora una richiesta che invece di provocare consapevolezza e voglia di reagire, provochi balbettio, tremori, sudori freddi, ed un incomprensibile litania che suona più o meno: "...sisignoresisignoresisignoresisignore..."

  • Di (---.---.---.159) 16 maggio 2012 17:44

    Chiedo scusa, pensavo che il nome uscisse in automatico.

    Sono Alfonso Mandia, e rispondevo a Paolo.

    Un abbraccio

  • Di paolo (---.---.---.189) 17 maggio 2012 08:32

    No Madia ,forse mi sono spiegato male ,a me non interessa un fico secco di Grillo e sono perfettamente d’accordo che non può essere la soluzione .

    Mi interessa che Grillo abbia creato quella discontinuità nel votificio che ha rotto l’incantesimo con il quale questi politici da quarto mondo tengono prigioniero il popolo da mezzo secolo.
    In sostanza o seggi vuoti o Grillo . E il motivo è proprio quello di un recupero della dignità che tu dici , la dignità di non fare quello che loro si aspettano che tu fai solo perché non hai alternative .

    Perché votare Bersani ,piuttosto che Casini , Alfano o FLI ,equivale ad un cambio di posto attorno allo stesso tavolo .
    E’ il tavolo che va cambiato !

    ciao

    • Di (---.---.---.54) 17 maggio 2012 14:51

      No, Paolo, ti sei spiegato benissimo, in realtà sono io che ho scritto le cose a metà, nel senso che essendo d’accordo con te la mia intenzione era quella di sottolineare proprio il concetto che per cambiare tavolo bisogna smettere anche di affidarsi a figure del genere, che sebbene, da un lato, abbiano il merito di averne sconvolto le regole fondanti, dall’altro continuano ad esserne parte integrante con proclami e linee politiche che materialmente poco o nulla cambiano la situazione, se non in peggio. Per cambiarlo, quel tavolo, dovremmo cominciare a ragionare davvero in termini collettivi, e dal basso dare fuoco a quello vecchio e costruirne uno nuovo, accollandoci con decisione e coraggio le derivanti conseguenze di una scelta tanto radicale e "controcorrente".

      Un abbraccio

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