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Per prime giunsero le pernacchie

Dicembre iniziò sotto una pioggerella fitta e fastidiosa. Quella che ti sporca il cristallo della macchina ma, se accendi le spazzole, al secondo passaggio la gomma stride passando sul vetro asciutto. Quella che ti fa aprire e chiudere l'ombrello più volte, e non sai mai se è ad aperto o chiuso che fai la figura dello stupido.

Nella sede dell'emittente televisiva gli addetti preparavano lo studio nel quale alle 21,30, in prime time, sarebbe andato in onda il talk show, programma di punta della stagione televisiva. Il conduttore osservava con calma ed in silenzio il lavoro della squadra: era ottimo. Li aveva beccati più di una volta all'inizio della stagione, ma i vari redarguiti avevano imparato in fretta ed il suo ruolo, in quel momento, era di semplice supervisor silente.

La serata si preannunciava molto interessante: era riuscito ad organizzare un nuovo incontro fra i due leader del momento e ci si aspettava fuochi e fiamme. Era già riuscito ad organizzare un dibattito ad inizio stagione ma, nel tempo trascorso, erano successi tanti di quei fatti, avvenimenti e dichiarazioni che si rendeva necessario un chiarimento con gli elettori. Almeno questo era l'argomento sul quale aveva puntato e con ragione, visto il "sì" di entrambe le parti. Contava molto sul buon esito: erano in fase di rinnovo contrattuale e se tutto fosse andato per il meglio era certo non solo della riconferma di una nuova stagione, ma di riuscire anche ad ottenere un congruo aumento.

La puntata stava andando nel migliore dei modi. Dopo il classico inizio rilassato, la puntata cominciò ad accendersi ma quella sera però, proprio all'inizio della fase di rissa, successe un fatto strano. Durante un intervento uno degli ospiti proclamò: " E noi vi promettiamo che... prrr". La pernacchia risuonò chiara e precisa non solo nello studio, ma in ogni appareccho televisivo sintonizzato sul programma.
Il conduttore con un atteggiamento solo apparentemente disteso si avvicinò alla solita telecamera e, dopo un attimo di silenzio, lanciò il blocco pubblicitario. Era in anticipo, lo sapeva, ma c'era bisogno di qualche minuto per comprendere cosa fosse accaduto un istante prima.
Tutti nello studio si guardavano ancora stupiti. I tecnici del suono cercavano freneticamente un difetto nell'impanto fonico che avesse potuto provocare quello strano rumore, gli attrezzisti verificavano se qualcosa nella scenografia potesse aver provocato attrito e quindi il possibile rumore, il tecnico del gobbo verificava che il testo fosse corretto, ma non emerse nulla di particolare. Entrambi gli ospiti cercavano di capire l'accaduto: il primo per non incapparvi di nuovo, il secondo per comprendere come poter approfittare al meglio della situazione.
Il conduttore concordò con tutti la ripresa del programma dallo stesso punto dell'interruzione, lui avrebbe fatto una breve intro e poi tutto da capo, come se nulla fosse accaduto.

Al ritorno della diretta e dopo la breve intro la parola venne data al pernacchiatore. Lui aveva deciso di modificare la frase: la soluzione era certamente quella. "... ed alla luce di quanto accaduto noi affermiamo che ... prrr". Il contendente era pronto ad affondare il colpo: "I problemi dialettici dei nostri avversari sono il segnale della pochezza delle loro argomentazioni. Noi ribadiamo invece che ... prrr". Davanti all'espressione attonita dei due leader politici il pubblico dello studio non riuscì più a trattenersi, prorompendo in una sonora risata. Il pubblico a casa rideva sino alle lacrime ormai dalla seconda pernacchia. La regia mandò la sigla finale.

La settimana che seguì fu un susseguirsi di riunioni e di incontri per concordare la linea da seguire: si optò per una nuova puntata, con gli stessi contendenti, su temi più leggeri. Tutto ando al meglio sino a quando durante un intervento l'oratore al posto di prorompere in una stentorea affermazione emise un chiaro "burp". Il rutto sembrò involontario, ma quello sull'intervento di risposta chiarì a tutti l'accaduto: ora erano i rutti e non le pernacchie, a dominare la scena. La regia mandò di nuovo in anticipo i titoli di coda.
I giorni che precedettero la nuova puntata furono di fuoco: i politici non ne volevano più sapere di partecipare, la rete insisteva affermando che la chiusura del programma avrebbe significato arrendersi e perdere un importante bacino di elettori (e di pubblico). Si decise per una nuova puntata: tema libero, ed incrociamo le dita.

Questa volta non furono le pernacchie o i rutti, ma un "prot": un peto di durata e potenza variabile a seconda della foga dell'oratore, e sempre al posto di un'affermazione. La regia mise subito in onda l'ennesima replica di un vecchio film.

La settimana che seguì, quella della fine dell’anno, fu sostanzialmente tranquilla: la quiete prima della tempesta. Tutti sapevano che tutti aspettavano la nuova puntata, ed ognuno si avvicinava all'appuntamento con spirito diverso: i leader con rassegnazione, l'emittente con gioia pensando ai futuri ascolti, il conduttore con speranza. Dopo pernacchie, rutti e scorregge cos'altro restava? Nulla. Era convinto che la piaga lanciata sulla politica fosse finita e che tutto sarebbe tornato nella normalità, come dopo un incubo.

All'inizio una serie di monosillabi sostituirono le normali risposte, ma all'incalzare delle domande uno dagli ospiti, come Enrico Toti, decise di lanciare la sua immaginaria stampella: "Al termine di questa manovra all'Italia non resterà che ... prrrburpprot". Pernacchia, rutto e peto in rapida sequenza, come in una grottesca sinfonia gutturale. Il leader non si interruppe anzi, proseguì nella sua orazione frammentata dai malefici suoni ed anche l'altro, come in un ideale sostegno, si immolò cominciando a sovrapporsi con le sue frasi ed i suoi rumori, ricordando a molti una scena di un vecchio e mitico film di Mel Brooks.
Alla fine, esausti, i due ospiti si ritrovarono nel centro dello studio, uno di fonte all'altro. Si guardarono in silenzio e si abbracciarono, iniziando a piangere.
La verità, finalmente, aveva deciso di fare un regalo all'Italia ed agli italiani.

Buon 2020 a tutti.

Foto: Pixabay

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