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 Home page > Tempo Libero > Musica e Spettacoli > Peo Alfonsi, ‘Il velo di Iside’ (Egea)

Peo Alfonsi, ‘Il velo di Iside’ (Egea)

È un disco che rilassa, libera la mente dai ripetitivi, fastidiosi, problemi del quotidiano e dalle piccole e grandi angosce, la lascia andare alla scoperta di qualcosa di più importante ed appagante, questo secondo del chitarrista e compositore sardo. Come egli stesso spiega nella breve introduzione all’ascolto, “il mito di Iside rappresenta per gli egiziani l’illusorietà del mondo materiale. Quando il velo di Iside si squarcia, ogni cosa che abbiamo fatto e pensato fino a quel momento ci appare piccola e irrilevante e ci sentiamo tendere verso un tutto che ci pare inseparabile”.

È una musica dolce, delicata, priva di aggressività e di tensione, eseguita con convinzione dai sette musicisti coinvolti, i quali, tuttavia, non suonano mai tutti assieme, arrivando al massimo al quintetto. Accanto al leader figura il clarinettista Gabriele Mirabassi e si conferma l’affiatamento che aveva già portato a felici lavori come ‘Canto di ebano’. Il timbro dello strumento è gradevole in ogni momento, sia nei suoni acuti, che in quelli gravi. Ad aggiungere una confortevole malinconia, che traspira in brani come ‘Poi passa’, contribuisce il suono morbido del flicorno di Kyle Gregory, apprezzato anche nel lungo assolo a tromba libera nella spaziosa ‘Fraintendimenti’ e nel trascinante frammento ‘Pico-tico’, forse un accenno alla famosa canzone brasiliana ‘Tico tico no fubà’.

Francesco Sotgiu utilizza in maniera parca le percussioni, forse per il fraseggio assai ritmico del contrabbassista Salvatore Maiore e comunque i suoi interventi nei 5, sui 14 totali, brani in cui partecipa, contribuiscono ad un arricchimento di colori, piuttosto che puntare ad un sostegno ritmico già presente in ogni brano. E poi ci sono pezzi come ‘Angel’, in cui si intersecano le linee armoniche e melodiche della fisarmonica di Fausto Beccalossi, la viola di Maria Vicentini, il violoncello di Salvatore Maiore, autore di un pregnante assolo. Un’ultima, importante annotazione. Non vi è traccia alcuna di sdolcinatezza, rischiosa in composizioni fatte anche di atmosfere rarefatte.

Un plauso generale, dunque, in attesa del prossimo progetto.

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