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Passione Reporter: appuntamento con la morte

Il libro “Passione Reporter. Il giornalismo come vocazione” racconta il “giornalismo di frontiera” di uomini e donne che hanno sacrificato la loro vita per affermare la libertà d’informazione (www.chiarelettere.it, marzo 2009).

L’autore di questo saggio limpido e asciutto è Daniele Biacchessi: giornalista, scrittore, autore, regista e interprete di teatro narrativo civile (è vicecaporedattore di Radio24-Il Sole24Ore, dove ha condotto “Giallo e Nero”, trasmissione dedicata ai misteri d’Italia).

Comunque in questi casi non c’è molto da dire ed meglio leggere direttamente l’opera di Daniele Biacchessi. E ai reporter di professione e non, consiglio di memorizzare bene queste parole del defunto attivista Antonio Russo: “Dobbiamo ricordarci che l’informazione è un veicolo diretto all’utente, non un soliloquio da parte del giornalista. Bisogna tenere sempre presente che chi è dall’altra parte deve poter comprendere una realtà in cui non è presente”. Infatti un vero cronista va direttamente e pericolosamente sui fatti e se ha paura non deve fare l’inviato di guerra. “Se oggi siamo più liberi e cittadini più consapevoli del nostro ruolo nella società, lo dobbiamo anche al sacrificio di questi colleghi che hanno cercato di capire” (Ferruccio de Bortoli, prefazione).

E ora vi lascerò meditare in silenzio sui nomi e sulle brevi storie degli sfortunati reporter che con le loro azioni e la loro vita hanno dimostrato il vero amore per la libertà e la verità:

Ilaria Alpi nasce a Roma nel 1961 e viene assassinata a Mogadiscio in Somalia nel 1994 insieme al cineoperatore Miran Hrovatin. Qual è la causa probabile di questa esecuzione a bruciapelo? Di certo c’è solamente il fatto che stavano seguendo una pista di traffici illeciti di armi e di rifiuti pericolosi tra Italia e Somalia (il sito www.ilariaalpi.it è una finestra sul giornalismo d’inchiesta).

Raffaele Ciriello nasce a Venosa (PO) nel 1959 e muore a Ramallah, nei territori palestinesi della Cisgiordania nel 2002. È stato ucciso da una scarica di mitragliatrice di un carro armato israeliano. Purtroppo era un freelance che non portava elmetto, giubbotto antiproiettile e la scritta “Press”. E si era preso l’enorme rischio di sporgersi da un angolo dal quale pochi secondi prima i palestinesi avevano sparato, come dimostrano le immagini da lui girate (Ugo Tramballi, Il Sole24Ore).

Maria Grazi Cutuli nasce a Catania nel 1962 e viene assassinata a Kabul in Afghanistan nel 2001. L’omicidio è derivato dall’odio fondamentalista talebano. Comunque il convoglio di otto auto non prosegue il cammino in fila indiana come suggeriscono le regole di sicurezza nelle zone di guerra e non ci sono guardie del corpo per contrastare l’azione degli otto assalitori assassini.

Antonio Russo nasce a Francavilla al Mare nel 1960 e muore a Tbilisi in Georgia nel 2000. È morto per le lesioni inferte da killer professionisti (probabilmente russi), poiché aveva raccolto molta documentazione relativa all’impiego di armi vietate dalle Convenzioni di Ginevra da parte delle forze armate russe (pallottole espansive in alluminio, “mine ragno” semoventi, bombe Vacum).

Enzo Baldoni nasce nel 1948 a Città di Castello e muore a Najaf in Iraq nel 2004. Il giornalista freelance viene sequestrato e assassinato da un gruppo di terroristi mentre sta compiendo una missione umanitaria per la Croce Rossa italiana. Era anche un volontario che non amava le emozioni forti: si riteneva una persona curiosa che voleva capire cosa spingesse persone normali a imbracciare un mitra per difendersi. Il suo corpo non è ancora stato ritrovato e ha lasciato nei familiari un cumulo di rabbia inespressa che si trasforma di volta in volta in pianto sdegnato, in lancinanti ricordi o in silenzio gelido e paralizzante.

L’appuntamento con la morte “è purtroppo il prezzo che talvolta deve pagare chi abbia deciso, per propria scelta, di dedicarsi alla dolorosa realtà della guerra” (Errore Mo, inviato di guerra, p. 120).

Concludo con le parole di un grande spirito libero del giornalismo d’inchiesta: “Una coincidenza è una coincidenza. Due coincidenze sono due coincidenze. Tre coincidenze sono un indizio” (Marco Nozza, Il pistarolo, 2006). E le coincidenze e gli indizi dovrebbero essere sempre raccontati all’unico editore del vero giornalista: il cittadino.

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