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Paranoia e narcisismo nel presente: dal jolie temps alla crisi

Sabato 30 ho partecipato ad un seminario della Società di Psicanalisi Critica dedicato al tema della paranoia, introdotti da Franco Romanò e da Claudio Widmann e proprio le due relazioni mi hanno suggerito una serie di riflessioni che condivido con voi. Ovviamente parliamo del contesto occidentale ed in particolare europeo.

La paranoia, come si sa, è una psicosi connotata da manie ossessive di persecuzione, dalla percezione di pericoli inesistenti o esagerati, da un perdurante senso di insicurezza, si non sentirsi adeguato al pericolo incombente, che è la manifestazione di una mancanza di autostima. Il paranoico è un “delirante razionale” che conserva perfettamente le capacità logico-deduttive, applicandole l’oggetto delle sue ossessioni.

Dunque, è poco attaccabile nel merito delle sue convinzioni che hanno il loro punto focale nelle paure dell’altro, un irriducibile “altro da sé” minaccioso, sleale, nascosto, ma soprattutto fatto di una materia diversa e perciò stesso invulnerabile alle proprie difese.

La paranoia ebbe un suo predominio sulle altre psicosi nel periodo compreso fra il 1914 ed il 1989: dall’inizio della prima, alla fine della terza guerra mondiale, sanato dall’incombente spettro della guerra e dai connessi incubi del bombardamento aereo, della distruttività totale dell’atomica, dalle insidie della “quinta colonna e dello spionaggio, dall’universo concentrazionario, dell’annullamento individuale nel totalitarismo. Non è un caso che in questa stagione abbiano la loro massima fioritura generi letterari e cinematografici come i racconti di spionaggio (di cui il “complottismo” in politica fu un pendant) e quelli di fantascienza. Se nei primi si celebra l’insidia nascosta del nemico, nei secondi si vive l’incubo di un nemico contro cui non ci sono difese che tengano. Non è l’”alter” latino, che presuppone un rapporto duale con il protagonista, ma l’”aliud” che è totalmente e catastroficamente diverso, appunto l’”alieno” che viene da un altro pianeta.

Questa stagione terminò con la fine dell’ordine bipolare: con esso si credevano sepolti i pericoli di guerra e, dunque finita la corsa agli armamenti, le insidie dello spionaggio, la medicina conosceva uno sviluppo senza precedenti, mentre la finanza prometteva di aver trovato l’algoritmo che scongiurava ogni grande crisi. Un grande e benefico impero vegliava sulle sorti di un mondo avviato ad un’epoca di pace e di crescente benessere sempre più diffuso. C’era chi si spingeva a parlare di un secondo Rinascimento più grande e magnifico del primo. Anche sul piano individuale non c’era più materia ad alimentare le psicosi paranoiche: la medicina prometteva traguardi impensabili, il denaro bancario prometteva facile ricchezza per tutti attraverso il “credito facile” del mutui sub prime, ma anche delle carte di credito, e lo spettro della miseria era respinto forse definitivamente. Gli individui sarebbero stati liberati dalla invasività del lavoro, ridotto a frange minoritarie di tempo fra occupazioni occasionali, part time, impieghi flessibili e dove bob arrivava il salario suppliva il generoso credito, l’ideologia iper individualista assicurava sempre maggiori libertà personali e la cura di sé diventava l’occupazione principale, fu il “tempo del fitness”. Fu una seconda “Bella Epoque”, “le jolie temps” della prima globalizzazione e la paranoia lasciò il passo al narcisismo.

Ovviamente parliamo di un narcisismo secondario cioè dell’età adulta. E’ interessante notare che nello stesso tempo, il concetto stesso di “nevrosi narcisistica” è andato via via regredendo nell’uso psichiatrico e psicanalitico, sino ad essere espunto dall’elenco delle patologie riconosciute dall’Oms. Forse in questo ha inciso la forte diffusione del fenomeno che sconsigliava un riconoscimento troppo oneroso per la sanità pubblica, ma è probabile che abbia influito la convinzione della limitata dannosità di essa. In fondo, se qualcuno è affetto da forme larvate di autoerotismo o ha l’ossessione della cura del proprio corpo, della palestra, del fitness ecc. non produce danni sociali e neppure a sé stesso (per lo meno sino a quando non si annega nella vasca da bagno).

Poi è giunto il tempo della crisi ed abbiamo scoperto che nessuna delle promesse fatte è stata mantenuta: una grande guerra generalizzata non è in vista (anche se il rischio è un po’ più concreto oggi di quanto non lo fosse trenta anni fa), ma nuove forme di conflitto strisciante ed anomalo vanno diffondendosi, primo fra tutti il terrorismo e con esso è cresciuta l’invasività dello spionaggio e, parallelamente, sono declinate le libertà individuali; mai si sono spesi tanti soldi per gli armamenti; la medicina ha fatto molto, ma le aspettative erano assai maggiori e l’aumento della durata media di vita rallenta sin quasi ad arrestarsi, l’algoritmo che avrebbe dovuto scongiurare ogni grande crisi probabilmente era sbagliato, l’ascensore sociale sembra irreparabilmente rotto ed il futuro promette sempre meno alle giovani generazioni. E torna il tempo della paranoia.

Per la verità essa era serpeggiata furtivamente già nel decennio che è alle nostre spalle, ma si è conclamata nel 2015 con gli attentati terroristici di Parigi e l’ondata di profughi ed immigrati. L’attuale xenofobia (presente da anni, ma ora esplosa a livello di massa) ripropone tutti i clichet della più classica paranoia: i musulmani sono tutti terroristi, si preparano a sottometterci, non sono integrabili, anzi, forse, ci invadono approfittando dello stato di narcosi delle nostre società che non stanno riconoscendo il pericolo. Sono i nuovi alieni, forse non sono neppure fatti di chimica del carbonio e sbarcano da chissà quale pianeta. Si producono gli stessi stereotipi della de-specificazione tipici delle grandi ondate razziste: la tranquilla, pacifica Danimarca sequestra i beni dei rifugiati e segna all’esterno con un simbolo le case in cui essi abitano (vi ricorda niente?), l’Ungheria si barrica dietro siepi di filo spinato, forze politiche di notevole consistenza (il Fn, la Lega, i Veri Finlandesi ecc) chiedono l’espulsione di gran parte degli attuali immigrati e il blocco di nuovi arrivi, la Francia socialista pensa a nuovi campi di concentramento modello Guantanamo, tornano le frontiere blindate dentro l’Europa.

Siamo di fronte alla seconda età della paranoia, ma il trentennio narcisista non è passato invano ed oggi forse riusciamo ad apprezzare meglio il pericolo di questa patologia misconosciuta: essa ha abolito il senso tragico della vita e, con ciò stesso ha reso più fragili individui e società. La rimozione del dramma e della stessa idea di morte, ha neutralizzato il principale elaboratore di lutto dell’uomo: la coscienza che il dramma è una parte costitutiva ed ineliminabile della vita. Il narcisismo ha segnato una regressione infantile dell’intera società: l’uomo della prima globalizzazione si immagina in un regno anomico della libertà intesa come assenza del limite, in cui non esiste la necessità del lavoro (quanti danni hanno fatto gli ideologi dell’Autonomia!!!). In questa regressione, è abolita l’idea stessa di tempo: si vive in un eterno presente uguale a sé stesso, che non ha passato e non ha futuro e, perciò stesso, non ha senso di responsabilità verso le generazioni future e non è in grado di accettare l’idea di una crisi di sistema che metta in causa la persistenza dell’esistente.

Ottimista ed onirico, l’uomo del jolie temps abita in un tempo illusorio, non ha spessore storico, è privo di senso della realtà e, perciò, enormemente più fragile. L’impatto con una nuova epoca della paranoia potrebbe rivelarsi ancor più devastante dell’epoca precedente.

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