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Palermo | Angelo Niceta, 33 giorni di sciopero della fame: ’’Mi odiano perché parlo della mafia nella Palermo bene’"

C’è un Testimone di mafia palermitano che sta dando un rilevantissimo contributo alla conoscenza delle collusioni dell’organizzazione mafiosa nel tessuto economico ed istituzionale.

Ha denunciato una parte stessa della sua famiglia, e i legami “indicibili” tra il mondo della borghesia mafiosa e i vertici di Cosa nostra: Provenzano, i Guttadauro, i Graviano, i Messina Denaro. Si chiama Angelo Niceta, ed ha già deposto nel maggio 2016 al processo trattativa stato-mafia.

Cosa fa lo Stato per dare un segnale inequivocabile e privo delle consuete ambiguità nel terreno della lotta alla mafia, in particolare a collusioni istituzionali ed economiche?

Poco dopo che la Procura di Palermo nelle persone dei pm Antonino Di Matteo e Pierangelo Padova, dopo aver riscontrato e considerato attendibili le dichiarazioni di Angelo, aveva chiesto per lui l’accesso al programma “speciali misure di protezione” del Ministero dell’interno in qualità di Testimone, la commissione centrale del Viminale sovverte il giudizio dei pm e lo trasformava da “Testimone di Giustizia” in “Collaboratore”: cioè “pentito”. Senza fornire alcuna motivazione, nonostante Angelo sia incensurato e non coinvolto in procedimenti per fatti di mafia, anzi vittima della mafia.

Angelo Niceta, in seguito alla situazione insostenibile in cui si è venuto a trovare insieme con la famiglia, decide dallo scorso 1 giugno di intraprendere uno “sciopero della fame” ad oltranza per denunciare la sua situazione, in quanto privo della possibilità di nutrire sé stesso e i suoi familiari, ma soprattutto per chiedere che siano rispettate le regole.

Oggi siamo giunti al trentatreesimo giorno di sciopero della fame. Angelo rischia ogni ora di più la vita o seri danni alla salute, senza che le risposte Istituzionali arrivino tempestive.

Ma ciò che è più grave è il silenzio complice dei media nazionali – a partire dalla carta stampata – che su una notizia di chiaro interesse pubblico non hanno pubblicato UNA PAROLA, E che quindi che la stragrande maggioranza dei cittadini italiani non conosce.

Una stampa ormai genuflessa ai desiderata “arroganti” dei poteri che vogliono ad ogni costo ostacolare il precorso di verità e giustizia di Angelo Niceta, e a cui – è triste dirlo sperando di essere presto smentiti – l’odioso bavaglio sembra perfino essere di gradimento.

La libertà di stampa trova la sua cartina di tornasole, prima ancora in ciò che viene detto, in ciò che non viene detto: ciò che i filtri comunicativi escludono dall'attenzione dell’opinione pubblica e che viene inghiottito dalla spirale del silenzio. Nell’ambito della comunicazione di massa contemporanea iI silenzio costituisce senza alcun dubbio il più efficace veicolo di persuasione «subliminale» e di spinta al conformismo politico e sociale.

Stupisce di dover annoverare, tra le testate che si sono esercitate in questo silenzio totale sulla vicenda dello sciopero della fame, pur essendone ampiamente a conoscenza, anche “Il Fatto Quotidiano” di Marco Travaglio. Quotidiano che programmaticamente afferma di voler “dare le informazioni che gli altri non danno” ed una posizione molto netta in tema di informazione di denuncia delle mafie.

Perché? 

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