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 Home page > Tribuna Libera > Pacciani e il salto del capretto

Pacciani e il salto del capretto

Il processo che ha visto Pietro Pacciani imputato per i delitti del Mostro di Firenze ha generato una inaspettata quantità di frasi divenute loro malgrado storiche. Sorprende come questa produzione dall'ibrido linguaggio italiano-vernacoliere si affermi oggigiorno come consolidato trend di ricerca su internet.

Potrebbe essere utile, anziché limitarsi alla superficiale visualizzazione dei video, effettuare un'analisi del contesto in cui sono avvenuti.

Ci occupiamo qui della più cliccata del web: ovvero quel "salto del capretto" che ha portato alla consacrazione del contadino di Mercatale tra i creatori di neologismi. Non è ancora entrata in aula a testimoniare Maria Antonietta Sperduto che al solo sentirla nominare il Pacciani salta sulla sedia e s'infervora, consapevole di quanto screditante sarà la testimonianza di questa donna.

Interrompe il PM Canessa che stava introducendo l'ingresso di un teste importante e si prende il sipario. Racconta di un episodio che sembra una comica paesana: “Venne (la Sperduto) a impegnarmi a un ballo alla festa dei cacciatori di Montefiridolfi (…) l'orchestra ballava un tango e lei la ballava issalto di capretto, 'un mi ci trovavo sicché la lasciai anche perché puzzava peggio della volpe”. In pochi secondi l'aula si trasforma in un teatro di cabaret paesano e per qualche istante sotto la cappa degli otto duplici omicidi ci si concede un po' di respiro. Dura poco perché non appena la teste compie il suo ingresso in aula ritorna quel carico di disperazione sociale che costituisce un sottofondo costante in tutti i personaggi che hanno orbitato intorno alla vicenda mostro.

La donna è un'immigrata potentina sospinta in Toscana per cercare una vita migliore che non si può dire abbia trovato. E' una frequentazione di Pacciani e della sua sgangherata cricca. Che tipo di rapporti abbia instaurato con l'imputato non è difficile immaginarlo. La signora in, evidente stato di degrado psicofisico, si concedeva sessualmente per sbancare il lunario. Fosse solo questo non sarebbe un dramma: la donna aveva un marito (il Signor Malatesta) che, non si sa bene per quale malaffare, si trovava spesso ad essere malmenato e minacciato di morte dallo stesso Pacciani, il quale non si risparmiava di fare tutto questo anche in casa della donna e al cospetto della figlia piccola. La vigilia di Natale del 1980 il Sig. Malatesta viene ritrovato impiccato, una morte sospetta considerando che i piedi toccavano terra, e decisamente inquitante se rapportata al luogo in cui avrebbe deciso di porre fine alle sue sofferenze: la stalla della villa di Salvatore Indovino, il mago di San Casciano intorno al quale si accentrano i sospetti della cosiddetta pista esoterica. Ma questa è un'altra storia.

La donna sarà una delle principali teste anche nel “processo ai compagni di merende”. Deciderà infatti di vuotare completamente il sacco sulla scrivania del capo della Squadra Anti Mostro (SAM) Michele Giuttari. Racconterà di una lunga serie di indicibili abusi a cui è stata sottoposta dal duo Pacciani Vanni; alcuni di questi episodi si verificarono nella piazzola degli Scopeti, la stessa che tempo dopo si trasformerà nel teatro dell' ultimo duplice omicidio della serie Mostro (duplice delitto dell'85, la coppia dei francesi in tenda).

A qualcuno sono sembrate sospette queste rivelazioni fatte un po' col contagocce, ma forse una spiegazione c'è e sono le minacce, da parte del Pacciani, di farle fare la stessa fine del marito.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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