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Otto per mille, perché firmare è importante

In Ita­lia le pri­ma­ve­re sono or­mai an­nun­cia­te dal­le di­chia­ra­zio­ni dei red­di­ti. Più che le ron­di­ni, sono gli av­vol­toi che vol­teg­gia­no in­tor­no al lau­to ban­chet­to, a co­min­cia­re da quel­li di I Feel Cud: un con­cor­so a pre­mi con cui la Cei in­via i gio­va­ni cat­to­li­ci a estor­ce­re ai vec­chiet­ti qual­che fir­ma in più a fa­vo­re del­la Chie­sa cat­to­li­ca. Il mon­te­pre­mi dell’Otto per Mil­le Ir­pef am­mon­ta in­fat­ti a ol­tre un mi­liar­do e due­cen­to mi­lio­ni: una som­ma enor­me, spe­cial­men­te di que­sti tem­pi. E me­ri­te­vo­le di un uti­liz­zo mi­glio­re.

Cosa pos­so­no fare i bra­vi cit­ta­di­ni lai­ci? Per co­min­cia­re, in­for­ma­re sul mec­ca­ni­smo: trop­pi con­tri­buen­ti (e per­si­no al­cu­ni gior­na­li­sti) pen­sa­no che, non fir­man­do nul­la, nul­la ver­rà tol­to loro. Er­ro­re. Le scel­te ine­spres­se ven­go­no ri­par­ti­te in base alle scel­te espres­se, e in tal modo la Cei si por­ta a casa ol­tre cin­que­cen­to mi­lio­ni in più. Fir­ma­re è im­por­tan­te.

Come è im­por­tan­te fir­ma­re in modo con­sa­pe­vo­le. La Chie­sa inon­da i mez­zi di in­for­ma­zio­ne di dia­bo­li­ca pub­bli­ci­tà che en­fa­tiz­za l’u­ti­liz­zo ca­ri­ta­te­vo­le di quei sol­di, in par­ti­co­la­re nei pae­si in via di svi­lup­po. Tan­ti sono con­vin­ti che sia que­sto l’u­ni­ca de­sti­na­zio­ne dei fon­di che fi­ni­sco­no ai ve­sco­vi. Al­tro er­ro­re: solo il 20% fi­ni­sce ai bi­so­gno­si. Con il ri­ma­nen­te pa­ga­no gli sti­pen­di ai pre­ti e fi­nan­zia­no il cul­to, la co­stru­zio­ne di nuo­ve chie­se, le azio­ni di lob­by­ing. E ben do­di­ci mi­lio­ni ser­vo­no a far fun­zio­na­re (male) i tri­bu­na­li ec­cle­sia­sti­ci.

Ter­za mos­sa: spin­ge­re il go­ver­no a uti­liz­za­re bene, lai­ca­men­te bene, i fon­di a sua di­spo­si­zio­ne. In pas­sa­to il get­ti­to di per­ti­nen­za sta­ta­le è sta­to di­strat­to per fini poco no­bi­li, come le co­sid­det­te “mis­sio­ni di pace”. E tra gli im­pie­ghi del­l’Ot­to per Mil­le sta­ta­le ci sono tre voci (i ri­fu­gia­ti, la fame nel mon­do, i beni cul­tu­ra­li) che sono spes­so ser­vi­te per fi­nan­zia­re real­tà cat­to­li­che, che do­vreb­be­ro in­ve­ce ri­ce­ve­re fon­di dal Cin­que per Mil­le e/o dal­l’Ot­to per Mil­le cat­to­li­co.

Le al­tre due voci sono in­ve­ce non solo lai­che, ma an­che par­ti­co­lar­men­te im­por­tan­ti: gli in­ter­ven­ti per le ca­la­mi­tà na­tu­ra­li e, da que­st’an­no, l’e­di­li­zia sco­la­sti­ca pub­bli­ca. Si può quin­di sol­le­ci­ta­re il go­ver­no (scri­ven­do per esem­pio a Matteo@​governo.​it) a sce­glie­re que­sta di­re­zio­ne.

C’è tan­ta in­di­gna­zio­ne per i co­sti del­la po­li­ti­ca, ma quel­li del­la re­li­gio­ne sono in­com­pa­ra­bil­men­te più alti. Tan­to che, da que­st’an­no, quat­tro nuo­ve con­fes­sio­ni si sono ac­co­mo­da­te al ban­chet­to del­l’Ot­to per Mil­le. Ep­pu­re, a dif­fe­ren­za del­la po­li­ti­ca, nes­su­no pro­te­sta. For­se per­ché non sa. O for­se per­ché non glie­lo si vuo­le far sa­pe­re. Pas­sa­te pa­ro­la.

Raf­fae­le Car­ca­no, se­gre­ta­rio Uaar

 

dal blog di Uaar su Micromega

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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