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Oslo e la ricostruzione dei Ministeri: Jens Stoltenberg parla ai funzionari

Il palazzo, coperto da un grande lenzuolo bianco, le strade dove le macerie sono state sostituite con migliaia di rose, un wall costruito dai volti delle persone che non ce l'hanno fatta... questo è ciò che rimane di quel terribile venerdì pomeriggio di luglio. 

Oggi, lunedì 9 agosto 2011, nel centro di Oslo, nel luogo dell’esplosione della bomba del 22 luglio, si sono riuniti insieme tutti i Ministeri per la prima volta dopo gli attentati. Il Primo Ministro Jens Stoltenberg ha parlato di fronte a più di 2000 persone che si sono riunite di fronte al palazzo colpito dall’esplosione, per ricordare i colleghi morti nell’attentato, per non dimenticare i numerosi feriti e per dare sostegno alle famiglie delle vittime.

Stoltenberg, aiutato da un maxischermo, si è rivolto alla folla che si era riunita nella piazza antistante gli edifici governativi. Le sue parole sono state ancora una volta volte verso il futuro, verso un nuovo inizio per la democrazia norvegese senza nessun incitamento alla vendetta, alla paura o alla rabbia, ma avendo fiducia nella capacità dell'uomo di riemergere dalle macerie e di ricostruire insieme ciò che è andato distrutto. “Insieme potremmo ricostruire i nostri ministeri. La democrazia ne uscirà rafforzata dall’attacco”, questa la sua speranza di fronte ai propri uffici martoriati, davanti all’assenza dei colleghi colpiti direttamente dalla bomba, e guardando i volti dei famigliari delle vittime. Poi, ha rivolto le proprie parole ai funzionari pubblici che lavorano negli uffici governativi, affermando che loro sono un esempio di come una democrazia possa esistere grazie all'amministrazione: “Avete dimostrato che il funzionario pubblico è una menzione d’onore. Lasciate che io vi ringrazi”.

Così le parole del Primo Ministro hanno ricordato alla Norvegia e al mondo come una democrazia possa rispondere di fronte a un atto di estrema violenza. “Gli ideali possono sopravvivere anche in una democrazia”, ha continuato Stoltenberg.


E così, tra l'affievolirsi dell'attenzione dei media internazionali sulle stragi, i norvegesi continuano la loro campagna di sostegno verso chi deve convivere quotidianamente col lutto e cercando di non far cadere nell'oblio chi è stato colpito da ideologie d'odio. Così, sono stati pubblicati tutti i nomi e i volti delle vittime, che ad oggi sono ufficialmente 77: 8 decedute nell’esplosione nel centro di Oslo e 69 uccise sull’isola di Utoya. Ma c’è ancora chi lotta nei letti d’ospedale.

Nel frattempo, la polizia invita tutti coloro che sono rimasti coinvolti e feriti nei fatti del 22 luglio a fare domanda per poter ricevere l'assistenza legale gratuita utile a costituirsi come parte lesa nel processo contro Breivik. Finora la polizia ne ha registrati almeno 600, 200 delle quali sono già state interrogate. Tuttavia le forze dell’ordine stimano che ci siano ancora molte altre persone colpite dal terrorista che ancora non sanno di essere parte lesa. La polizia ritiene che, siccome Anders Brevik Behring abbia voluto e tentato di uccidere più persone possibili attraverso la bomba a Oslo e la mattanza a Utoya, egli vada accusato anche di omicidio premeditato verso tutti coloro che sono scampati alla morte pur trovandosi sul posto. E’ quanto affermato dall’avvocato della polizia Paal-Fredrik Hjort Kraby durante una conferenza stampa tenuta oggi pomeriggio presso la stazione della polizia a Oslo. Inoltre, la polizia sta cercando di creare un modello comune per poter effettuare tutte le interviste in maniera coordinata tra loro e soprattutto si sta cercando di tenere presente un metodo di interrogatorio che presti attenzione alla sensibilità dei bambini e dei ragazzi sotto i 16 anni coinvolti nei fatti che sarebbero almeno 50.

Tuttavia, continua la polizia, non si è ancora scoperto nessun complice tra i contatti di Brevik, anche se ogni suo singolo collegamento è in fase di accertamento; alcuni testimoni affermerebbero di averlo visto insieme ad altre due persone qualche giorno prima del 22 luglio in un alimentare. Ci sono persone che lo sostengono oppure sostengono le sue idee, ma da qui a sostenere che siano suoi complici nell’organizzazione degli attentati il passo è troppo lungo.

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