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Orion tra antimondialismo e revisionismo

Proseguiamo con la pubblicazione seconda parte dell’articolo sull’antiglobalismo e la nuova destra scritto da Matteo Luca Andriola per l’ultimo numero della rivista “Paginauno”.

di 

Gli Stati Uniti, visto il loro carattere antitradizionale (è una nazione giovane nata dall’immigrazione e dal melting pot di popoli diversi fra loro) sono vittime stesse del Sistema da loro creato, che procede da solo per mezzo di una “classe tecnocratica cosmopolita” (manager, amministratori delegati, decisori finanziari) che dirige una politica ormai svuotata da ogni potere: “Contrariamente alle tesi marxiste, nessun ‘direttore d’orchestra’ più o meno occulto ci governa. Nessuna volontà coscientemente programmata anima l’insieme per mezzo di decisioni globali a lungo termine. Il potere tende a non aver più né ubicazione né volto; ma sono sorti poteri che ci circondano e ci fanno partecipare al nostro proprio asservimento. La ‘direzione’ delle società si effettua oggi al di fuori del concetto di Führung. Il Sistema funziona in gran parte per autoregolazione incitativa. I centri di decisione influiscono, tramite gli investimenti, le tattiche economiche e le tattiche tecnologiche, sulle forme di vita sociale senza che vi sia alcuna concertazione d’assieme. Strategie separate e sempre impostate sul breve termine si incontrano e convergono. Questa convergenza va nel senso del rafforzamento del Sistema stesso, della sua cultura mondialista, della sua sovranazionalità, così che il Sistema funziona per se stesso, senza altro fine che la propria crescita. Le sue istanze direttive molteplici decentrate, si confondono con la sua stessa struttura organizzativa. Imprese nazionali, amministrazioni statali, multinazionali, reti bancarie, organismi internazionali si ripartiscono tutti un potere frammentato.

Eppure, a dispetto, o forse proprio a causa dei conflitti interni d’interessi, come la concorrenza commerciale, l’insieme risulta ordinato alla costruzione dello stesso mondo, dello stesso tipo di società, del predominio degli stessi valori. Tutto concorda nell’indebolire le culture dei popoli e le sovranità nazionali, e nello stabilire su tutta la Terra la stessa civilizzazione” (6). Il Sistema cancella i territori e le loro sovranità, modellandole così a immagine e somiglianza dell’unico sistema vincente, quello nordamericano: “Il mondialismo del Sistema non procede dunque per conquista o repressione degli insiemi territoriali e nazionali, ma per digestione lenta; diffonde le sue strutture materiali e mentali insediandole a lato e al di sopra dei valori nazionali e territoriali. Si ‘stabilisce’ come i quaccheri, senza tentare di irreggimentare direttamente, […] parassitando i valori e le tradizioni di radicamento territoriale. La presa di coscienza del fenomeno si rivela di conseguenza difficile. Parallelamente alla loro formazione ‘nazionale’ i giovani dirigenti d’azienda del mondo intero hanno oggi bisogno, per vendersi e valorizzarsi, del diploma di una scuola americana. Niente di obbligatorio in questa procedura; ma poco a poco il valore di questo diploma americano e ‘occidentale’ soppianta gli insegnamenti nazionali, la cui credibilità deperisce. Un’istruzione economica mondiale unica vede allora la luce. Essa veicola naturalmente l’ideologia del Sistema” (7).

La nouvelle droite, grazie al volume di Guillaume Faye, de-ebraicizza e de-complottizza l’analisi sul mondialismo, anche se negli ambienti del radicalismo di destra il concetto continuava sovrapporsi alla retorica antigiudaica. Non è casuale che Orion, che nel decennio Novanta sarà Organo del Fronte antimondialista, nei primi anni di vita editoriale, e cioè fra il 1984 e il 1987 circa, userà ancora tematiche cospirazioni ste antigiudaiche pescate dai Protocolli dei Savi di Sion, denunciando alleanze occulte fra l’alta finanza, ovviamente ebraica, le organizzazioni massoniche con a capo il B’nai B’rith, e i numerosi circoli sionisti sparsi in tutto l’Occidente, descritti come “l’architrave del progetto mondialista” dato che sarebbero tutti “casa, borsa e Sinagoga” (8). Il sionismo e il mondialismo sarebbero quindi considerate le due facce della stessa medaglia: il sionismo è “una delle componenti più importanti […] del discorso mondialista” si legge in Orion, “il sionismo […] è genocida e razzista […] oggi l’unico vero razzismo esistente al mondo è quello praticato dal sionismo nazionale e internazionale. Un razzismo che affonda le sue radici nella storia, nella cultura e nella religione ma, certamente, l’unico vero e identificabile potere razzista e genocida” (9).

Col tempo i toni si sgrezzeranno, e anche se Orion continuerà a essere un’avanguardia del revisionismo (o forse è il caso di parlare di negazionismo) sull’Olocausto (10), presto lo sarà a livello continentale, grazie alla costruzione di soggetti transeuropei come il Fronte europeo di liberazione e Sinergie europee.

Il mondialismo è presentato come “un’ideologia, un progetto, una tendenza […] parte integrante di progetti variamente formulati da diverse organizzazioni tra di loro alleate e concorrenti al tempo stesso”; si afferma “che il Governo Mondiale è un progetto perseguito e non realizzato; che comunque queste organizzazioni hanno un potere enorme e controllano diversi Paesi attraverso mezzadri insediati nei governi, attraverso l’alta finanza, il sistema bancario, il sistema creditizio, l’infiltrazione in organismi come l’Onu, il Gatt, l’Unicef ecc.; esse controllano inoltre la totalità dei mezzi di informazione e cercano di agire in modo discreto per plasmare menti e condizionare caratteri; lavora per lo sfruttamento intensivo del Terzo Mondo; lavora attraverso il controllo geopolitico, geofinanziario, geoenergetico; lavora per distruggere culture e popoli, per omologare, omogeneizzare, appiattire, uniformare” (11). Nell’analisi economica fatta da Orion esistono degli attori, soggetti che comporrebbero le varie lobby oligarchiche che sviluppano il disegno mondialista, gruppi totalmente svincolati da ogni legame partitico e governativo e da ogni controllo pubblico, capaci di condizionare i “partiti mondialisti” che portano avanti tale progetto nella società civile, omologandola all’American way of life: “Il governo planetario, o come si desidera definirlo, va pensato come un insieme di attori ciascuno dei quali adempie a un ruolo ben preciso, e che si rapporta con gli altri senza vincoli burocratico-gerarchici, quando piuttosto secondo un equilibrio che assomiglia più a un concetto di interfunzionalità reciproca di diversi elementi” (12). Parliamo di organizzazioni multilaterali a sfondo economico-finanziario, come banche centrali, banche d’affari e investitori istituzionali, agenzie di stampa e media, agenzie di rating e, infine, club internazionali a sfondo politico. Nel primo caso fanno capo a organismi come la Wto, la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale, tutti organismi “mondialisti”, a cui si sommano l’Organizzazione di Bali per la supervisione bancaria, lo Iosco (Organizzazione internazionale delle commissioni nazionali emettitrici di titoli obbligazionari), l’Isma (International securities market association) e l’equivalente per i titoli obbligazionari, l’Iso, i quali, “lungi dal perseguire gli obiettivi dichiarati, ovvero la salvaguardia della libertà degli scambi commerciali, economici e finanziari, attuano, attraverso il costante governo dei flussi dei beni, delle monete e dei titoli finanziari un rigoroso controllo delle politiche commerciali e finanziarie dei singoli Paesi, a esclusivo favore di quelli occidentali, che possono così penetrare gli altri mercati del mondo senza dover soggiacere alla legge della reciprocità, cosa che minaccerebbe di rompere gli equilibri di forza e di potere acquisito esistenti tra le diverse monete” (13).

La Banca mondiale quindi, sorta per finanziare i Paesi sottosviluppati tramite risorse prelevate dai Paesi più ricchi (“non a caso”, nota Fraquelli, “il nome originale con cui sorse a Bretton Woods era quello di Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo”), non favorisce in realtà i Paesi finanziati, bensì le multinazionali lì presenti, ergo l’Occidente. Alcune di esse hanno dimensioni finanziarie e produttive superiori a quelle di Stati sovrani: l’azienda automobilistica Ford – registrava Orion – ha negli anni Novanta giri d’affari superiori all’ammontare delle entrate di Stati come la Norvegia e l’Arabia Saudita, mentre il colosso del tabacco Philip Morris vanta un volume di vendite il cui valore supera il prodotto interno lordo della Nuova Zelanda (14).

Tali risorse quindi, prelevate dalle economie deboli, servirebbero a sostenere gli investimenti delle multinazionali private presenti in tali Paesi. Chi favorisce la disuguaglianza economico-finanziaria sono le banche centrali come la Federal Riserve, la Bundesbank tedesca e, poi, la Banca centrale europea, tutti soggetti istituzionali che perseguono l’obiettivo di conciliare le esigenze dei mercati americano e tedesco verso gli altri “attori mondialisti”, come le banche d’affari; la quintessenza, se ci pensiamo, del processo di finanziarizzazione dell’economia, “perché senza alcuna definita collocazione geografica” e quindi “apolidi”, ma presenti in una fitta “rete globale” presente in tutto il mondo, realtà come Morgan Stanley, Goldman Sachs, Merill Lynch, Salomon Brothers e JP Morgan, per citare le più importanti, si muovono come “gestori delle interazioni tra le decisioni ‘politiche’ prese a livello di organismi multilaterali e specifici settori delle economie locali, quali per esempio le banche domestiche, i fondi d’investimento, i governi stessi (attraverso le privatizzazioni, tutte gestite dalle cinque banche menzionate) e gli enti territoriali. Di fatto queste banche rappresentano il lato ‘ufficiale’ degli orientamenti del governo mondiale, e hanno il ruolo di ‘guru’” (15).

Fondamentali poi i club internazionali politici, i quali ufficiosamente fungerebbero da cardine fra i vari “attori mondialisti”, quali la Trilateral Commission, il Bilderberg Group e il Club di Roma, a cui Orion dedica numerose analisi e, all’inizio, l’inserto Orion-finanza– diretto dal torinese Mario Borghezio, poi esponente della Lega Nord e tramite fra il Carroccio e il radicalismo di destra. Nell’ultimo fascicolo, il numero 4 del maggio 1986, Orion pubblica per la prima volta l’elenco dei membri della Trilateral Commission, organizzazione che prende il nome dalla teoria del suo ideologo, Zbigniw Brzezinsky, che teorizza la fine del bipolarismo indicando in “tre pilastri” – Usa, Giappone e Europa occidentale – gli attori di un progetto liberoscambista capace di avvicinare tali zone per poi unificare il sistema economico-finanziario. Grazie a pubblicazioni di questo tipo – nonostante persista una certa retorica antiebraica – Orion cerca di archiviare l’ormai vetusta e desueta teoria del ‘grande complotto’ a opera della “grande piovra ‘giudaico-massonica’ che manovrerebbe tutto. Descrivendo un vertice della Trilateral tenutosi a Madrid dopo la riunione del G7 a Tokyo a metà anni Ottanta, che vedeva riunite persone come David Rockfeller, Isamu Yamashita, Giovanni Agnelli, Zbigniew Brzezinski (ex consigliere di Jimmy Carter) e Robert McNamara, tutti interessati alla Spagna soprattutto dopo il suo ingresso nella Comunità europea per il suo ruolo strategico (“trampolino di lancio per la strategia mondialista americana”) per le sue relazioni coi Paesi arabi, il Nord Africa e l’America Latina, ruolo svolto precedentemente dal Giappone per l’Europa, Murelli scriverà: “Chi oggi si domanda come sia stata possibile l’espansione dell’industria giapponese in così breve tempo, trova in questa autorevole dichiarazione la risposta al quesito”. La Trilateral Commission “sta soppiantando le vecchie strutture mondialiste quali la Massoneria”. Infatti, continua Murelli, “è forse un caso che la politica finanziaria nazionale di questi ultimi tempi ha come chiodo fisso, per esempio, l’internazionalizzazione non solo dei capitali, ma anche e soprattutto delle imprese e della produzione? È forse un caso che se mentre colano a picco personaggi come Calvi e Sindona emergono i vari De Benedetti, Berlusconi, Agnelli ecc.? È forse un caso che proprio Agnelli si sia battuto affinché l’affare Sirwkoski fosse vantaggioso per un’impresa americana piuttosto che da un’impresa italiana? E ancora: è un caso che l’Avvocato sostenga l’acquisto di Alfa Romeo da parte della Ford, azienda automobilistica che attraverso la sua Fondazione – ma guarda caso! – assieme alla Lilly Endowment, alla Rockfeller Brothers Fund e alla Kattering Fondation ha, fin dall’inizio, costituito una delle principali fonti di finanziamento della Trilateral?” (16).

6 G. Faye, Il sistema per uccidere i popoli, cit., p. 82

7 Ibidem, p. 59

8 C. Terracciano, Caleidoscopio Giugno 1987 e dintorni: Apocalypse now, in Orion, n. 34, giugno 1987, p. 292

9 Così nel commento al Manifesto Politico del convegno organizzato dal mensile, tenutosi a Milano il 17 maggio 1987, pubblicato su Orion, n. 33, luglio 1987, p. 339

10 Cfr. M. L. Andriola, La retorica antigiudaica e il negazionismo sulle pagine del mensile Orion, in Giornale di Storia Contemporanea, nuova serie, n. 1/2016, pp. 177-196

11 M. Murelli, Fisionomia ed essenza del mondialismo, in Orion, n. 74, novembre 1990, p. 1

12 Centro Studi Orion, La conformazione del potere mondialista, in Orion, nuova serie, n. 165, giugno 1998, p. 35

13 M. Fraquelli, A destra di Porto Alegre, cit., p. 44

14 R. Barnet, J. Cavanagh, Le trame del conflitto mondiale, in Orion, nuova serie, n. 125, febbraio 1995, p. 34

15 Centro Studi Orion, La conformazione del potere mondialista, cit., p. 36

16 M. Murelli, La Trilaterale, in Orion, n. 21, giugno 1986, pp. 149 (a p. 148 lo schema della Trilateral). Per confermare la sua tesi, Murelli cita la seguente dichiarazione di Zbigniew Brzezinski: “Dobbiamo sostituire il sistema internazionale attuale con un sistema nel quale devono essere integrate le potenze attive e creatrici emerse negli ultimi tempi. Questo sistema deve comprendere anche il Giappone, il Brasile, i Paesi produttori di petrolio inclusa l’Unione Sovietica […] Sarà un mondo nel quale le supremazie nazionali spariranno”. Z. Brzezinski, dichiarazione rilasciata a ¿Que pasa?, n. 662-663, agosto 1979, cit. in Ibidem. Tornando al Giappone, è lì che nell’ottobre 1973 nacque la Trilateral, dato che in quell’anno fra Usa ed Europa vi fu “il deterioramento delle relazioni comuni (ricordiamo semplicemente l’effetto della crisi del dollaro e del sistema monetario internazionale) ma anche per il crescente isolamento del Giappone e ciò in contrasto con la sua potenza economica”. J. Carvajal, dichiarazione rilasciata a Diario 16, 18 giugno 1986, p. 21. Jaime Carvajal fu Presidente del Banco Industrial e noto trilateralista

1 – Antiglobalismo e Nuova Destra

2- Orion tra antimondialismo e revisionismo

Questo articolo è stato pubblicato qui

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