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Oltre la crisi economica

Ormai siamo nel bel mezzo del mare mosso della crisi economica e ovviamente si fa un gran parlare di tutti i rimedi che sarebbero necessari, delle misure prese o da prendere e tutti seguiamo con apprensione quello che succede non solo al Parlamento italiano ma anche nei Parlamenti d’Europa e negli Stati Uniti. 

Accanto alla crisi economica, però, si delinea una crisi più profonda, di cui l’aspetto economico è la punta dell’iceberg, e che ha a che vedere con il nostro modo di concepire il mondo e la realtà, con il significato che diamo a parole come politica, crescita, ambiente.

Da più parti incomincia ad essere sottolineata la necessità di un cambiamento che non è solo economico ma che ha a che fare in maniera molto ampia con una concezione diversa della vita su questo pianeta, dove incominciamo ad essere in troppi per le risorse ancora disponibili e dove non si può continuare a sperperare e a vivere alle spalle di paesi che invece non hanno accesso alla ricchezza.

Ormai il mondo è diventato davvero globale, nel bene e nel male. Questo impone necessariamente di avere una visione più aperta possibile dei problemi che dobbiamo affrontare tutti insieme e richiede uno sforzo che non è più solo delle classi dirigenti ma chiama ciascuno di noi ad un contributo anche solo (solo?) di apertura mentale e abbandono di pregiudizi.

Da questo punto di vista mi sembra che in Italia, rispetto ad altri paesi europei, lo sforzo da compiere sia un pò più grande perchè abbiamo ancora atteggiamenti vecchi, che ormai sono stati superati dall’incalzare della Storia (S volutamente maiuscola) e che ci fanno sembrare un popolo infantile e sempre legato alle sottane della mamma, salvo poi trattare le altre donne che non sono la propria madre in modo avvilente.

E’ noto infatti che siamo il popolo europeo meno avvezzo all’uso delle nuove tecnologie, che parla in modo ridicolo, quando lo parla, l’inglese (basta ricordare le foto dei cartelli di informazione in inglese nella metropolitana di Roma apparse recentemente in rete), e che non ha l’umiltà di riconoscere che questa è una mancanza, anzi, blaterando in modo sciocco che gli stranieri che vengono in Italia dovrebbero saper parlare loro, l’italiano!

Vantandosi di avere il più prezioso patrimonio artistico del mondo, per cui tutti dovrebbero inchinarsi ai nostri piedi, ma trattando il suddetto patrimonio con la disattenzione dedicata a qualcosa che non ci appartiene veramente ma che crea scocciature e impedimenti.

Per non parlare di giovani e donne, i primi lasciati ai margini della vita lavorativa e del potere, come le seconde del resto, per le quali c’è anche l’aggravante di essere considerate ancora figure dedite solo alla crescita di bambinoni che non ne vogliono sapere di prendersi le loro responsabilità in famiglia, costringendo le compagne a lavorare il doppio, in casa e fuori!

Ora tutto questo, in un mondo che è diventato veloce e nel quale è urgente la presa di coscienza per cambiamenti radicali, non è più possibile far finta di niente e lamentarci di tutto, dal governo al maltempo, senza prendere in benché minima considerazione il fatto che ognuno nel suo piccolo può e deve fare qualcosa.

Può essere il piccolo gesto di comprare un libro al figlio, invece di lasciarlo a guardare la TV, o visitare una mostra d’arte, o fare una passeggiata in un bosco o al mare guardando la bellezza che ci circonda o qualsiasi altra cosa creativa che faccia uscire dall’idea di subire supinamente il mondo e dal dire cinicamente che tanto nessuno può far niente per cambiare la realtà circostante.

Se non siamo capaci di cambiare i nostri piccoli atteggiamenti, come possiamo pretendere che qualcun altro cambi per noi cose ben più grandi? Possiamo, e dobbiamo, ricordarci che abbiamo dato al mondo opere grandiose in tanti campi e quindi non sarebbe inutile ritornare alla nostra storia, la cui conoscenza può essere uno stimolo per comprendere il presente ma anche un trampolino per lanciarci verso il futuro, un pozzo a cui attingere ritrovando forza e creatività.

Da qui il valore da dare alla cultura, non come fardello e inutile impedimento al far soldi, come è stato l’imperativo sciagurato degli ultimi anni in Italia, ma come ricchezza personale e di tutta la comunità per guardare al mondo in modo più consapevole.

Le idee spesso nascono da intuizioni improvvise, ma anche dall’elaborazione della conoscenza, presente e passata, e quindi perchè non guardare, per esempio, alla grandezza della nostra arte, non come un’eredità sterile ma come linfa vitale che può ridare luce a un’epoca, come quella odierna, che ha fatto tanti passi in avanti da un punto di vista scientifico e tecnologico ma che è ferma per quanto riguarda l’elaborazione di tanti temi più, potremmo dire, “umani”?

In fondo la Storia ripercorre sempre gli stessi temi, affrontandoli da punti di vista sempre più evoluti, come in una spirale, che avvolgendosi su se stessa, ripassa dallo stesso punto ma allo stesso tempo se ne allontana.

Non abbiamo forse iscritto nel nostro codice genetico questo destino con la nostra spirale del DNA? E un uomo che è stato indicato come il più grande esempio della tecnologia e della modernità, Steve Jobs, non aveva forse il culto della bellezza e dell’arte, tanto da definirsi lui stesso un artista?

Ecco, bisogna trovare il giusto equilibrio tra tecnologia, scienza, arte, e arrivare ad un’unificazione del sapere che, pur con le dovute specializzazioni, non deve perdere di vista l’insieme.

Questa è la sfida che attende gli abitanti del mondo nei prossimi anni, e gli italiani potrebbero dare un contributo forse più determinante di altri, se solo osassero guardare a se stessi e al mondo in modo più maturo, abbandonando stereotipi e vittimismi, e quindi incominciando a sentirsi protagonisti di un ‘altra storia che sta per cominciare.

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