• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Economia > Offshoring e back-reshoring: origini e scenari evolutivi

Offshoring e back-reshoring: origini e scenari evolutivi

Le dinamiche della globalizzazione condizionano i vari "stakeholders" interagenti ("in primis": Stati, imprese, consumatori, fornitori) negli eterogenei sistemi geopolitici e socioeconomici. In tale articolo illustriamo i coesistenti fenomeni di storica delocalizzazione ("offshoring") e recente rimpatrio ("back-reshoring").

JPEG - 52.5 Kb
Rischio Paese (http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/rischio-paese143.htm)

Premesso che la globalizzazione è stata favorita particolarmente da sviluppo tecnologico-organizzativo, circolazione di persone e capitali, creazione di aree di libero scambio ed emersione di paesi come Cina e India, la concorrenza internazionale e le varie arene competitive attraversano continui e significativi cambiamenti che inducono i players ad adottare opportune strategie verso una poliedrica ed elevata flessibilità (produttiva, tecnica e organizzativa), al fine di essere più efficienti e reattivi possibili nei confronti dei concorrenti diretti a livello settoriale (incumbents), dei potenziali rivali (nuovi entranti o followers) e della mutabile domanda aggregata (segmenti di mercato secondo i targets)

Nell’ottica di minimizzare il più possibile i costi e massimizzare i profitti aziendali, i principali orientamenti verso offshoring e/o back-reshoring sono praticati in alternativa o complementarietà attraverso cinque essenziali tipologie di internazionalizzazione:

1) commerciale, aspirante all’allargamento della domanda verso le opportunità offerte dal nuovo mercato per ottenere maggiori volumi di produzione e migliori risultati in virtù delle economie di scala realizzate;

2) degli approvvigionamenti di fattori produttivi a prezzi più competitivi come le materie prime (commodities), facilitando altresì il processo di integrazione verticale;

3) della ricerca e sviluppo (R&S), tendente a scoprire contesti geografici che permettano di innovare maggiormente rispetto alla realtà nazionale (es.: istituzione di laboratori creativi; interscambi di know how);

4) finanziaria, inerente alla gestione dei capitali (es.: i famosi “paradisi fiscali” in via di estinzione);

5) produttiva, constante nella parziale o totale delocalizzazione della propria attività in un paese straniero attraverso mirate strategie di marketing.

In particolare, le forme di delocalizzazione produttiva (joint venturefranchising, subcontrattazione, investimento diretto verso l’estero, impianto o potenziamento di una propria filiale nel nuovo mercato straniero piuttosto che il ricorso all’outsourcing) sono combinate alle differenziate politiche di marketing, laddove le decisioni strategiche del management aziendale devono considerare oculatamente numerose variabili (ex multis: costi produttivi, logistica, ambiente operativo, mutevoli assetti geopolitici, accordi a livello istituzionale, elementi socio-culturali, fluttuazioni valutarie, qualità merceologica, adeguate organizzazione e innovazione rispetto alla “piazza” di sbocco o espansione, canali distributivi diretti, indiretti o concertati). Tale serie di fattori endogeni ed esogeni concorre a determinare vantaggi come minori costi produttivi, rischi quale interruzione e cambio dell’alleanza interaziendale (partnership) con elevati switching costs sostenibili e rimedi come apposizioni di clausole contrattuali ad hoc) per raggiungere il migliore successo del singolo competitor. Le multinazionali fruiscono di maggiori ammortizzatori e risorse rispetto alle PMI (Piccole e Medie Imprese) per evitare o almeno limitare le eventuali débâcles infra e/o intrasettoriali.

JPEG - 26.3 Kb
Top three countries in evoluzione (https://www.weforum.org/agenda/2016/11/china-lead-globalization-after-united-states)

Grazie anche alla fruizione del potente e-commerce, la compagine aziendale cerca di adottare il migliore marketing mix delle ormai divenute 7 P che comprendono i seguenti fattori interni ed esterni: Product, Price, Placement, Promotion, Person, Physical environment e Process (utile approfondimento su http://www.themarketingfreaks.com/2...).

Le imprese e gli altri attori socioeconomici assumono vari ruoli che mutano all’interno della filiera produttiva fino al consumatore finale di beni o servizi.

L’acquirente è il principale stakeholder da mappare attentamente anche sotto il profilo psicologico, cercando di soddisfare le sue esigenze (vedesi la celebre piramide dei bisogni di Maslow).

paesi incidono notevolmente attraverso le politiche economiche come il protezionismo a tutela delle proprie imprese. Esso avviene mediante misure tariffarie (dazi doganali) e/o non (es.: quote e contingentamenti; sussidi; agevolazioni) rispetto al libero scambio. 

Le politiche monetarie delle banche centrali come BCE (Banca Centrale Europea) e FED (FEDeral Reserve) concorrono. 

Prima di addentrarci nel back-reshoring, possiamo citare alcuni contributi della letteratura in materia di internazionalizzazione: paradigma eclettico di Dunning; modello del “diamante”, 5 forze competitive e catena del valore di Michael Eugene Porter (premio Nobel per l'economia); modelli di internazionalizzazione per stadi (http://docenti.unimc.it/p1.silvestr...); metodi di stima dei potenziali di mercato (desk, di scrivania e field, sul campo).

Il rimpatrio (parziale o totale) di attività aziendale consente di accorciare la filiera con minori costi di logistica, trasporto, rischi, tempi di una più precisa consegna e conseguenti maggiori consensi dei consumatori (soprattutto, quelli etnocentrici). A proposito di questi ultimi, la Professoressa Silvia Grappi (Docente di Economia e Gestione delle Imprese presso l’UNIMORE) ha scritto “Il reshoring visto dal consumatore. Sfide ed opportunità per l’impresa” (primo lavoro tematico di ricerca).

La controtendenza rispetto all’iniziale offshoring può avvenire anche mediante l’ubicazione produttiva in un paese limitrofo a quello di origine (nearshoring).

Ci sono numerosi virtuosismi aziendali anche di imprese familiari come Piquadro, FCA, Luxottica (fusasi recentemente con la francese Essilor), Ferrero, Barilla e Mediaset. Tali forme organizzative sono diffuse capillarmente nei vari continenti e vengono studiate dalla Cattedra AIdAF – EY di Strategia delle Aziende Familiari presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano (rif.: http://www.aidaf-ey.unibocconi.it/wps/wcm/connect/Aidaf/AIDAF_IT/AIDAF_IT_AdN/Home/). L’armonia fra le entità famiglia, management e proprietà garantisce una struttura alquanto solida e duratura che è fondata su atavici principi quali abnegazione e senso di appartenenza. 

Rivolgendo lo sguardo al quadro internazionale, cominciamo con il paese che sta ormai divenendo la prima potenza mondiale. Parliamo della Cina, laddove sussiste la peculiarità di intessere necessariamente una rete personale di utili relazioni (Guanxi) soprattutto con le istituzioni locali grazie sia ad azioni diplomatiche e negoziati sia a imprese di lungo insediamento che hanno maturato consolidate esperienze, società di consulenza, agenti zonali, enti non governativi e consorzi. I maggiori diritti acquisiti anche a livello lavorativo hanno implicato la riduzione dell’offshoring compensata dai continui processi innovativi e produttivi che godono principalmente del sostegno statale. Il Governo di Pechino ha varato il progetto geopolitico e commerciale One Belt One Road con new silk roads per rafforzare anche le cooperazioni intercontinentali (https://www.weforum.org/agenda/2016/06/why-china-is-building-a-new-silk-road/).  

Approdando negli Stati Uniti, siamo innanzi al paese NAFTA capofila del back-reshoring che è indotto sia mediante misure nazionali (a partire particolarmente dall'ex amministrazione Obama) come le ricche risorse interne di shale gas (gas metano estratto dalle rocce di argilla; http://www.reshorenow.org/) sia attraverso gli incentivi dei singoli stati federali (es.: esigua VAT = Value Added Tax = IVA).

Il contesto in Russia risente dell’embargo a seguito della vicenda ucraina, ma Vladimir Putin risponde con la strategia import substitution (sostituzione delle importazioni proibite con la produzione interna) e le imprese straniere impiegano gli “Stati cuscinetto” (non applicanti le restrizioni in alcuni settori). Confindustria favorisce l’avvicinamento a tale “piazza” insieme alla politica economica fra norme e contratto speciale di investimento.

Dai canti loro:

  • Il Giappone di Shinzo Abe tende ad attrarre gli investimenti esteri mediante apposite aree industriali (soprattutto, quelle di Fukushima da ristrutturare dopo il disastro nucleare del 2011) e il ruolo centrale di JETRO (Japan External TRade Organization). 
  • La Gran Bretagna favorisce il back-reshoring dall’ex Governo di David Cameron mediante i fondamentali supporti sia pubblici come UKTI (UK Trade & Investment) sia privati quale Reshoring UK.
  • La Francia di François Hollande punta particolarmente su incentivi pubblici, AFII (Agence Française pour les Investissments Internationaux), Fond de revitalisation e label.
  • Spagna e Germania (quest’ultima attraverso il piano pubblico di respiro internazionale Industrie 4.0) cercano di favorire maggiormente il back-reshoring.
  • L’Unione Europea propende soprattutto per l’internazionalizzazione aziendale con fondi di finanziamento, programmi, trattati (es.: CETA), marchi di qualità DOP, IGP, DOC e conformità CE.
  • La vicina Svizzera è interessata dall’offshoring di imprese italiane in virtù di maggiori semplificazioni normative e minori adempimenti fiscali.

L’Italia presenta un peculiare panorama produttivo alquanto frammentato fra PMI, distretti industriali e compagini di grandi dimensioni (multinazionali) con caratteristiche positive e negative da coordinare e sviluppare opportunamente.

La delocalizzazione è interessata da vari sostegni pubblici e privati. In particolare: Cabina di Regia per l’Italia presso il Ministero degli Affari Esteri, Camera di Commercio, ICE (Istituto per il Commercio Estero; http://www.ice.gov.it/home.htm), SACE (Servizi Assicurativi del Commercio Estero, istituto partecipato interamente dalla Cassa Depositi e Prestiti; http://sace.it/); SIMEST (Società Italiana per le Imprese all’Estero; http://www.simest.it/), Comitato Leonardo Italian Quality (associazione senza scopo di lucro, fondata da ICE e Confindustria; http://www.comitatoleonardo.it/it/); Fondazione Manlio Masi (osservatorio nazionale per l’internazionalizzazione e gli scambi); NIBI (Nuovo Istituto di Business Internazionale, creato da Camera di Commercio di Milano e Promos; http://it.nibi.imginternet.it/); Uni-CLUB MoRe Back-reshoring Research Group (composto dalle Università di Catania, L’Aquila, Udine, Bologna, Modena e Reggio Emilia); Symbola (fondazione per le qualità italiane; http://www.symbola.net/).

Il rimpatrio è invece favorito particolarmente da made in Italy e vari progetti settoriali. Fra i numerosi interventi, possiamo citare la giornalista Elisa Serafini che ha proposto alcuni semplici ed efficaci strumenti stimolatori adottabili dalla P.A.: “la riduzione delle tasse, lo snellimento della burocrazia e un generale miglioramento dei servizi del paese (giustizia, fisco, infrastrutture)” (http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2016/07/25/fuga-dalle-tasse-le-aziende-italiane-allestero-grazie-a-tecnologia-e-s/24482/). 

Alla luce dell’illustrato, ci accingiamo alla “Quarta Rivoluzione Industriale” di robotizzazione e automazione con coesistenza di offshoring e back-reshoring, internazionalizzazione e protezionismi selettivi, Cina quale prima potenza mondiale, cambiamento di marcia dell’UE, necessarie coesioni di Stati e imprese per garantire solidità e sostenibilità nell’ambito di un’armoniosa economia circolare

 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità