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Non solo 194: le obiezioni alla contraccezione e all’UE

Non va proprio giù ai medici cattolici la decisione della Commissione Europea di accogliere le raccomandazioni dell’Ema, l’agenzia del farmaco continentale, in merito alla trasformazione della cosiddetta "pillola dei cinque giorni dopo" in farmaco da banco. È chiaro che in tal caso la loro azione di contrasto alla contraccezione d’emergenza, mediante dichiarazione di obiezione di coscienza e rifiuto di prescrivere il farmaco, non potrebbe più essere attuata, e infatti a fare la voce grossa sono adesso i farmacisti cattolici che, attraverso il loro rappresentante Pietro Uroda, fanno sapere di aver già avviato una causa legale e di essere pronti a ricorrere all’obiezione di coscienza. A questo punto cos’altro manca, forse che gli autisti cattolici non facciano salire sul bus chi sta andando in farmacia?

In realtà non è possibile rifiutarsi di erogare un servizio pubblico appellandosi all’obiezione di coscienza. L’unico servizio per cui ciò è possibile è l’interruzione di gravidanza, ma la legge 194 all’articolo 9 consente l’obiezione solo al “personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie”, quindi medici e paramedici, nessun farmacista o usciere dell’ospedale, e solo riguardo alle “attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza”. Infatti le contestazioni dei cattolici si basano sull’assunto che l’ulipristal acetato, principio attivo della "pillola dei cinque giorni dopo" che in Europa viene commercializzata con il nome ellaOne, sarebbe un farmaco abortivo, ma il punto è che sono solo loro a dirlo. O meglio, sono loro a dirlo con presuntuosa certezza, perché sebbene non sia stato escluso che in caso di gravidanza già in atto la molecola possa avere effetto antinidatorio, cioè che possa impedire l’annidamento di un ovulo già fecondato, tutti considerano l’ulipristal un contraccettivo d’emergenza. Senza contare che fino al quattordicesimo giorno non si può nemmeno parlare di embrione (Oms docet).

Certamente viene considerato contraccettivo dall’Ema che lo ritiene anche sufficientemente sicuro da poter essere venduto senza bisogno di ricetta medica, e questo sulla base dei dati raccolti fin dal 2009, anno in cui la commercializzazione del farmaco è stata autorizzata in Europa. La ragione per cui l’Ema ha consigliato l’eliminazione dell’obbligo di ricetta è abbastanza semplice e perfino intuibile da chiunque: la sua efficacia dipende dalla tempestività con cui viene assunto, e naturalmente la necessità della prescrizione allunga i tempi per poter ottenere il farmaco. In Italia, poi, i tempi sono ancora più lunghi che nel resto del mondo perché la nostra risulta essere l’unica nazione in cui la somministrazione dell’ulipristal è subordinata all’esito negativo di un test di gravidanza, cosa che peraltro non garantisce assolutamente nulla. Infatti, anche quando effettivamente l’ovulo fosse già stato fecondato, perché possa essere rilevata la gravidanza occorre che questo si sia anche annidato, ed è ovvio che a quel punto l’ulipristal non avrebbe più nemmeno quell’effetto antinidatorio tanto decantato dai medici cattolici.

L’Italia è anche uno dei pochi paesi in cui perfino la somministrazione del levonorgestrel, meglio noto come "pillola del giorno dopo" e notevolmente meno efficace dell’ulipristal, è possibile solo a seguito di prescrizione medica. Anche per questo farmaco, la cui peraltro totale assenza di effetti su gravidanze già in essere è stata ribadita perfino dall’Oms, viene spesso opposto rifiuto alla prescrizione da medici obiettori e alcuni farmacisti si astengono perfino dal venderlo. Compreso l’ambulatorio della Camera dei Deputati, gestito dal Policlinico Gemelli. È evidente come i presunti effetti abortivi siano sbandierati infondatamente e utilizzati come pretesto per legittimare un’obiezione che legittima non può essere. L’aborto non c’entra un bel nulla, quello verso cui si obietta è il diritto di tutte le donne a procreare in modo responsabile.

Anzi, un accesso più semplice alla contraccezione d’emergenza avrebbe come effetto proprio quello di ridurre il ricorso all’aborto, perché è abbastanza logico che a chi si reca in farmacia per ottenere questi farmaci non interessa nulla di quello che dice la Chiesa cattolica, interessa solo non essere costretta a subire una gravidanza, ed è quindi verosimile che in caso di insuccesso molte ricorrerebbero a un’interruzione volontaria. Non è dello stesso parere Eugenia Roccella. Per la deputata cattolica le esperienze di altri paesi dicono che gli aborti non diminuiscono e inoltre la trasformazione dell’ellaOne in farmaco da banco sarebbe diseducativo per le adolescenti. A salutare con favore la decisione della Commissione Europea sono invece le associazioni laiche. Silvana Agatone, presidentessa della Laiga, afferma che spesso sono proprio le giovani ad aver bisogno di questi farmaci e che per loro “è molto meglio una pillola prima che un aborto dopo”, ed Emilio Arisi della Società per la contraccezione ricorda che “chi ne ha bisogno oggi lo insegue con una serie di peripezie inutili”.

Il quotidiano dei vescovi Avvenire dà risalto alla risposta che Vito De Filippo (Pd), sottosegretario alla salute, ha fornito a un’interpellanza di Gian Luigi Gigli (Per l’Italia): il Ministero, sentiti il Consiglio superiore di sanità e l’Aifa, valuterà se ricorrano o meno le condizioni per ammettere anche in Italia la dispensazione dalla prescrizione medica. In altre parole i riflessi della decisione europea sulle disposizioni italiane sono tutt’altro che scontati. È invece abbastanza scontato che le armate clericali utilizzeranno tutto il loro arsenale per fare in modo che la contraccezione d’emergenza continui a essere ostacolata, così come adesso viene fatto con successo per quanto riguarda il ricorso all’interruzione di gravidanza. Purtroppo.

Massimo Maiurana

 

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