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Non c’è guerra o strage senza armi: mappa mondiale del commercio bellico

L’ultima è la strage di Milwaukee, nel tempio sikh. Due settimane fa l’eccidio di Denver, e poi centinaia di conflitti locali ignorati dai media. E’ sempre più facile procurarsi armi di piccolo calibro: pistole, fucili d’assalto e mitragliatrici leggere. Il sessanta per cento di tutte le morti violente nel mondo è provocato da questo tipo di armi, sostiene il Peace Research Institute di Oslo (PRIO), organizzazione indipendente che monitora il commercio mondiale di armi leggere e munizioni commerciali.

Un business a prova di crisi, quello dell’industria bellica, che fattura 8,5 miliardi di dollari l’anno. L’Italia – ad esempio – nel 2009 ha importato armi leggere e munizioni per 33 milioni di dollari e ne ha esportate per circa 398 milioni di dollari, mentre i numeri del 2010 sono questi: import 39 milioni, export 380 milioni di dollari. Attenzione – sottolinea il PRIO – i dati riguardano soltanto le armi per cosiddetti usi civili (!) e non militari.

Non è facile metter mano su queste informazioni. L’industria bellica privilegia silenzio e riservatezza. Va apprezzata dunque l’iniziativa di Google Ideas, in collaborazione con il Peace Research Institutenorvegese e con l’Institute Igarapé brasiliano.

E’ stata realizzata una mappa interattiva globale che documenta il commercio mondiale di armi leggere e munizioni tra il 1992 e il 2010 in 250 paesi.

E’ un prezioso strumento inedito, a disposizione di tutti. Basta sfogliare la mappa e mettere in relazione le cifre con la recrudescenza dei conflitti locali per rendersi conto delle implicazioni geopolitiche del business delle armi per “usi civili”.

Responsabili politici, analisti, ricercatori, giornalisti adesso hanno una marcia in più per trattare l’argomento. Inoltre, una bella lezione di open source.

Ecco il link alla mappa interattiva Arms Trade.

Nella foto: Mappa mondiale interattiva del commercio di armi leggere e munizioni

Questo articolo è stato pubblicato qui

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