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Non c’è due senza te, quello che avrebbe potuto essere un buon film se non ci fosse stata Belen

Se vado a vedere “un film con Belen” parto inevitabilmente prevenuto. Forse per questo alla fine Non c’è due senza te mi è sembrato invece un film discreto, una buona commedia (con molte cose che non vanno) in cui a tratti si ride perfino. Peccato però che Massimo Cappelli (che lo dirige) e Fabio Troiano (che è co-sceneggiatore) si siano affidati per il ruolo femminile a Belen Rodriguez, che non è un’attrice e questa mancanza si nota eccome.

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Alfonso e Moreno sono una coppia gay e vivono insieme da tredici anni. Accanto alla loro splendida villa vive la signora Capasso, zitellona che i gay proprio non li può sopportare. Due eventi arrivano a sconvolgere il quotidiano della coppia. Come un tornado nella vita di Moreno piomba la bella Laura, che mette in crisi le sue convinzioni omosessuali. Come un macigno nella vita di Alfonso arriva invece il piccolo Niccolò, dieci anni, figlio della sorella, che lo ammolla per tre mesi in casa loro. Ne vengono inevitabilmente fuori una serie di situazioni più o meno comiche che smontano e rimontano la vita della coppia.

L’idea di Cappelli è di trattare la vita di coppia gay come regolare e spingere quindi i protagonisti a cercare di ristabilire l’ordine smontato dalle due apparizioni.

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Il film è giocato sugli eccessi. I due omosessuali sono entrambi “checche isteriche”. Personalmente ho trovato adatto il ruolo per Dino Abbrescia, che lo interpreta da grande caratterista, esagerandolo in maniera spesso comica. Meno adatto per Troiano, che avrebbe potuto interpretare quello “meno evidente” della coppia.

Come funziona l’esagerato Abbrescia, funziona l’esagerata Tosca D’Aquino, in un ruolo che si nota le è stato ritagliato addosso e col quale riesce perfino ad autocitarsi nel finale (ricordate Il ciclone?).

Funziona invence per nulla Belen. Bella, sensuale, ma incapace di recitare. E mica è una sua colpa, visto che attrice non è. Peccato, perchè il film, sebbene esageratamente esagerato, sebbene viva totalmente sugli stereotipi, sebbene abbia una sceneggiatura fin troppo scontata… in realtà funziona. Fa sorridere e riesce perfino a strappare qualche risata (sempre per merito della coppia Abbrescia-D’Aquino).

Detto questo, presentarlo come il primo film italiano che finalmente si occupa della questione dei matrimoni omosessuali mi sembra decisamente eccessivo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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