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No a L’Aquilaland, 500 storici per la ricostruzione

Troppo facile dire "faremo di tutto". Sto cercando di capire per farmi un’idea. Mi sembra che il ministero abbia competenze e risorse di grandissima qualità. Posso solo dire che all’Aquila tornerò spesso. Uno dei miei compiti sarà ascoltare le competenze del nostro Paese, il nostro dovere è dare anche speranza, riscoprire il concetto della bellezza».

Così interviene il ministro alla Cultura Massimo Bray, sfidando una pioggia battente, durante il corteo che ha visto 500 storici per le vie del centro storico, in quella che è stata una giornata importante per la città dell’Aquila. «Questi sono luoghi feriti in profondità. Sono colpito e turbato». Ha detto il Ministro dei Beni Culturali. «Queste comunità sono state private della loro storia, dei loro luoghi e delle tracce della loro memoria», ha proseguito Bray, che ha voluto anche camminare da solo tra le vie del centro storico segnate da cantieri e puntellamenti. Ieri il ministro ha fatto visita anche al cantiere di restauro della chiesa di San Pietro Apostolo e della casa della Cultura nella frazione aquilana di Onna.

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È la prima volta che tutti gli storici dell’arte si incontrano: senza distinzioni tra insegnanti di scuola, professori universitari, funzionari del Mibac o di altri enti, studenti, dottorandi, laureandi, pensionati. «E’ il primo nostro corteo nella storia della Repubblica italiana e la prima cosa che vogliamo dire è che L’Aquila è una tragedia italiana, non un problema locale». Questa le parole di Tomaso Montanari, ideatore dell’iniziativa insieme all’associazione Italia Nostra.

Lo storico d’arte e archeologo Salvatore Settis partecipando al corteo che ha lambito anche la zona rossa, ha messo in guardia dai rischi che corre la città dell’Aquila: «È ancora una nuova Pompei. Bisogna evitare che diventi solo una Disneyland». E accusa i fautori della diaspora aquilana: «Exoidismos vuol dire deportazione, messa al bando. Ma qual’é il nemico che ha messo al bando gli aquilani? Il nemico é stato il governo italiano in carca in quel momento. Questo svuotamento della memoria attuato con la deportazione nelle new town, che ha trasformato il centro storico in una Pompei del XXI° secolo, ha dei responsabili».

L’obiettivo di questa giornata di mobilitazione è quello di «dire con forza che è giunto il momento di ricostruire, e di farlo attraverso la conoscenza: ricostruire, restaurare e restituire alla vita quotidiana dei cittadini il centro dell’Aquila; ricostruire il tessuto civile della nazione; ricostruire il ruolo della storia dell’arte come strumento di formazione alla cittadinanza e non come leva dell’industria alienante dell’intrattenimento culturale».

BJgObLRCMAEM2InNumerose le tematiche trattate durante l’incontro degli storici dell’Arte all’interno della chiesa di San Giuseppe Artigiano dove era presente anche Vittorio Sgarbi che ha sottoscritto il documento degli storici dell’arte. Sgarbi ha usato parole molto dure: «lo stato di abbandono di questa città è una vergogna per qualsiasi governo e l’auditorium di Renzo Piano una schifezza che avrebbe avuto un senso se fatto lontano dal forte spagnolo». «L’Imu sarà importante, ma bisogna dire a Berlusconi che più dell’Imu è importante L’Aquila. È L’Aquila la vera Imu». E su L’Aquila capitale della cultura del 2019, Sgarbi ha detto: «È una berlusconata. Meglio il restauro».

Gli storici dell’arte oggi a L’Aquila intendono scuotere con forza tutte le istituzioni e ogni cittadino italiano. Vogliamo ricordare che non ha paragone al mondo la tragedia di un simile centro monumentale abitato, che ancora giace distrutto, a quattro anni dal terremoto che l’ha devastato, e a quattro anni dalle scelte politiche che l’hanno condannato ad una seconda morte.

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Questo uno dei passi salienti del documento sottoscritto oggi. «È questo il senso della nostra presenza fisica, è questo il senso della volontà di guardare con i nostri occhi i monumenti aquilani in rovina. Ha continuato Tomaso Montanari. «Ma la ricostruzione della città di pietre non basta. Per questo la nostra giornata è intitolata alla «ricostruzione civile». Gli storici dell’arte sanno che la città di pietre ha senso solo se è vissuta, giorno dopo giorno, dalla comunità dei cittadini. E questo legame vitale a L’Aquila è stato volontariamente spezzato».

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«Così, anche ammesso che, tra vent’anni, riusciamo ad avere L’Aquila com’era e dov’era, avremo una generazione di aquilani che non è cresciuta in una città, ma nelle cosiddette "new town". Senza spazio pubblico, senza arte, con un paesaggio violato. Il rischio è allora che qualcuno pensi di trasformare L’Aquila ricostruita in una specie di set cinematografico, o di disneyland antiquariale, fatto di facciate e gusci pseudo-antichi che ospitano servizi turistici in mano a potenti holdings». «Si tratterebbe, cioè, di fare a L’Aquila, in un colpo solo, ciò che un lento processo sta facendo a Venezia o a Firenze: deportare i cittadini in periferie abbrutenti e mettere a reddito centri monumentali progressivamente falsificati». E ha concluso, «il 5 maggio gli storici dell’arte sono a L’Aquila per affermare che non basta una ricostruzione materiale: è il tempo di una ricostruzione civile».

Il direttore regionale Beni Culturali, Francesco Magani, ha fatto il punto della situazione sui cantieri del patrimonio monumentale: 8 sono stati completati, 9 sono attivi, 23 sono pronti a partire e 25 in corso di progettazione per un totale di 65 progetti».

 

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