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Neuroscienze ed etica: una disfunzione cerebrale all’origine dei peggiori delitti?

Le neuroscienze sono quell'insieme di discipline che intendono studiare e capire, da un punto di vista scientifico, il sistema nervoso.

Il rapido ed incessante sviluppo di queste discipline, negli ultimi anni, ha risposto a molti quesiti affascinanti. Uno di questi è se alcuni aspetti dei giudizi morali avessero delle radici neuroanatomiche.

Nel 1936 Antonio Maniz mise a punto la leuctomia prefrontale, una tecnica utilizzata per recidere le fibre nervose che connettono il sistema limbico (una serie di strutture cerebrali che supportano varie funzioni psichice come emotività, comportamento, memoria a lungo termine) e talamo con la corteccia prefrontale. Questa tecnica era utilizzata su pazienti psicotici, depressi ed aggressivi ed è, storicamente, la prima tecnica chirurgica attua a modificare le funzioni cerebrali.

La leuctomia prefrontale mise in evidenza come i pazienti sottoposti a questa tecnica presentassero alterazioni comportamentali come la mancanza di memoria e deficit di attenzione.

Questi deficit cognitivi erano strettamente legati alla mancata connessione della corteccia prefrontale con il sistema limbico.

Lo studio del Professor Antonio Damasio sul “caso Gage” ha evidenziato, ancor piu', come i giudizi morali avessero radici neuroanatomiche.

Phineas Gage, nel 1848, lavorara alla costruzione di una ferrovia nel New England. Durante i lavori si utilizzava il metodo di sbancamento : 1) si trapana la roccia, 2) si riempiono i successivi buchi con della polvere da sparo, 3) si copre il tutto con della sabbia, 4) si comprime con una bacchetta di ferro, 5) si fanno esplodere i buchi.

Durante i lavori, il giovane Gage compresse la polvere pirica con la bacchetta di ferro prima che fosse usata la sabbia. Cio' causo' l ' esplosione della polvere che scaglio' in alto la bacchetta di ferro trapassando la faccia di Phineas da lato a lato, penetrando ed attraversando il cervello.

Il giovane Gage rimase cosciente e fu visitato dal medico J.Harlow, il quale si occupò del suo caso, seguendolo fino al rapido recupero che però coincise con un cambio di personalità di Phineas che divenne irascibile, blasfemo, capriccioso.

Alla fine del 1900 il “caso Gage” è stato riesaminato da vari studiosi, tra cui il Professor Damasio, il quale riportando su un computer le coordinate di entrata e di uscita della bacchetta, ha ricostruito l'area della corteccia frontale lesa.

Gli scienziati hanno concluso che le lesioni celebrali interessassero quei circuiti che controllano gli aspetti cognitivi ed emotivi del comportamento.

Damasio, in seguito, propose una teoria secondo la quale le emozioni influenzano i nostri processi decisionali; infatti ogni nostra decisione richiede una valutazione di “costi e benefici” delle diverse opzioni che man mano prendono corpo nella nostra memoria lavorativa (la corteccia prefrontale è la sede della memoria lavorativa, la quale, ad esempio nella lettura, ci permette di ricordare l'inizio di una frase sin quando non arriviamo alla fine).

L' aver incontrato una stessa o simile situazione nel passato ci fa riaffiorare le stesse componenti emotive che sono state allora suscitate. Damasio ha chiamato questo meccanismo “imarcatori somatici fisiologici” (sudorazione, accelerazione cardiaca, contrazione muscolare), i quali sono scatenati da un emozione, grazie all'attivazione del sistema nervoso autonomo.

I marcatori somatici influenzano le nostre decisioni “razionali” e per provare questa teoria Damasio ha studiato il comportamento e le reazioni fisiologiche di persone con danni alla corteccia orbitofrontale ed ha notato che i soggetti non mostrano l'insorgenza di questi marcatori somatici.

La corteccia frontale, come anticipato, è connessa a strutture sottocorticali come il sistema limbico (composto da varie strutture tra cui amigdala ed ipotalamo).

Ricerche sperimentali condotte dal nobel Rudolf Hess dimostrarono che la stimolazione dell'ipotalamo induce ad una serie di reazioni emotive, anche violente: Ad esempio, nel gatto la stimolazione elettrica dell'ipotalamo causa reazioni di rabbia, esternate dall' erezione di peli, dalla dilatazione delle pupille. Questo comportamento è noto come “falsa rabbia” in quanto l'animale mostra rabbia senza averne ragione.

Un'altra componente del sistema limbico, l'amigdala, è stata studiata dallo scienziato Le Deux .

L'amigdala è connessa alla risposte alla paura, infatti Le Deux ha sottoposto animali al “condizionamento alla paura”. In questa tecnica sperimentale l'animale può subire una punizione, oppure fronteggiare una situazione ansiogena in un ambiente particolare, ben riconoscibile in futuro. In seguito questo stesso ambiente susciterà reazioni di paura nell'animale, anche in assenza di pericoli, in quanto l'animale ha associato la punizione stessa o il pericolo al contesto ambientale. Se si lesiona l'amigdala, gli animali non sono più condizionabili.

Allargando questo approccio in ambito umano, si è riscontrata l'attivazione dell'amigdala in tutte le situazioni ansiogene, ad esempio quando si osserva un volto pauroso.

Le Deux ha osservato che in pazienti con lesioni all'amigdala, queste paure non si manifestano.

Ulteriori studi sono stati fatti da Adrian Raine, il quale ha osservato le funzioni cerebrali nei serial killer e in persone con gravi condotte antisociali.

Raine ha osservato che quando si osservano scene di violenza, l'amigdala si attiva e provoca alcune reazioni del sistema nervoso autonomo, come tachicardia, pallore, sudorazione (i suddetti marcatori somatici), mentre ciò non avviene in buona parte dei serial killer, che sarebbero perciò caratterizzati da una mancanza di empatia, tale da spiegare la loro violenza a sangue freddo.

I neuroscienziati stanno proponendo un modello secondo il quale alla radice dei delitti di alcuni dei piu spietati assassini non ci sia malvagità, bensì una disfunzione cerebrale che li fa crescere e vivere in un mondo privo di emozioni.

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.10) 22 aprile 2012 00:12

    Stavo per votare l’articolo come "non interessante", ma poi mi sono fermato.

    In effetti, l’articolo è interessante ma, su argomenti importantissimi , è poco informato e piuttosto fuorviante. Soprattutto: è terribilmente semplicistico.

    Che un serial killer non abbia un’empatia ben sviluppata è un fatto scontatissimo, non c’è alcun bisogno di farci sopra ricerche con risonanza magnetica funzionale.

    Ma ci sono serial killer, come i nazi nei campi di sterminio, che fondamentalmente erano dei sadici, cioè "ci godevano" o perlomeno si arrapavano a far soffire gli altri: non avevano un’empatia scarsa, ce l’avevano invece gravemente distorta.

    L’ultima frase dell’articolo dimostra, da parte dell’autore, non solo scarsa empatia, ma soprattutto scarsa comprensione:

    "I neuroscienziati stanno proponendo un modello secondo il quale alla radice dei delitti di alcuni dei piu spietati assassini non ci sia malvagità, bensì una disfunzione cerebrale che li fa crescere e vivere in un mondo privo di emozioni".

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